Rayhane Tabrizi, sognando la rivoluzione in Iran
Vive in Italia dal 2008 e dal giorno in cui il regime di Teheran ha ucciso Mahsa Amini, Rayhane Tabrizi ha fondato l'associazione Maana' ed è diventata attivista per la libertà in Iran
«Tra dieci anni mi auguro di poter vivere senza il dolore che ho nel cuore da quando vivo in Italia, il dolore di sapere che mentre io vivo libera, le mie amiche in Iran non possono farlo. Tra dieci anni, mi auguro che l’Iran starà vivendo le ultime fasi della ricostruzione dopo il rovesciamento del regime».
Rayhane Tabrizi è nata nel 1979 a Teheran, si è laureata in interpretariato e ha lavorato come hostess per Iran Air. Dal 2008 vive e lavora in Italia.
Dal 16 settembre 2022, il giorno in cui in Iran è stata uccisa Mahsa Amini in seguito a un controllo di polizia, Tabrizi è diventata un’attivista per la libertà, ha iniziato a partecipare alle manifestazioni e a diffondere la voce delle donne iraniane tramite l’associazione Maana’, che ha fondato e di cui è presidente.
«In quel momento ho capito che dovevo fare qualcosa, dovevo farlo per me, per riconquistare il mio valore come donna che, in Iran, viene schiacciata e discriminata, e per tutte le donne, per far capire al mondo che i nostri diritti devono essere rispettati allo stesso modo di quelli degli uomini», ha detto Rayhane Tabrizi.
L’attivista iraniana è intervenuta all’incontro “Guerra e le sue sorelle: le grandi crisi umanitarie raccontate da chi le ha vissute”, che si è tenuto il 5 maggio al Memoriale della Shoah di Milano in occasione dell’ottava edizione del Festival dei diritti umani.
La platea era piena di studenti delle scuole superiori, a cui Tabrizi ha raccontato che, dal 1979, in Iran per ragazzi e ragazze non è possibile stare seduti gli uni accanto alle altre e che le scuole dal 1979 sono separate per donne e uomini, così come l’università.
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Rayhane Tabrizi in prima linea per le donne in Iran
Dal settembre 2022, Rayhane Tabrizi si è messa in gioco, in prima persona, per aiutare le donne che in Iran rischiano la vita per difendere i propri diritti.
«Trasferirsi in un altro Paese quando si è adulti non è facile e mi ci è voluto del tempo per ambientarmi. Per molti anni mi sono concentrata sulla mia vita, sul mio lavoro, ma dopo la morte di Mahsa Amini ho pensato che non potevo stare lontana da tutto ciò che riguarda l’Iran e mi sono presentata senza maschera, in prima linea, con il mio nome. So che è rischioso e prego tutti i giorni che non succeda nulla ai miei genitori, che sono ancora in Iran, non sono mai stati coinvolti in politica e non sono attivisti», racconta Tabrizi.
Dall’uccisione di Mahsa Amini, arrestata perché il suo velo era fuori posto e non copriva i capelli e morta in circostanze sospette, in Iran ci sono state proteste in 160 città e 140 università. I morti sono stati oltre 700, di cui 80 minorenni. Gli arresti sono a quota 25 mila, diverse le condanne a morte di cui una sospesa il 4 maggio grazie alle proteste davanti al carcere, come ha riferito l’attivista durante l’incontro.
«Quello che sta succedendo in Iran è un cambiamento radicale, perché la nuova generazione sta dicendo che non vuole più il regime teocratico, ma un governo senza religione di mezzo. Questa è una rivoluzione partita dalle donne, ma che ha coinvolto anche gli uomini. Insieme, uniti, siamo riusciti a far sentire la nostra voce», ha detto Tabrizi.
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Rayhane Tabrizi e la rivoluzione della generazione Z in Iran
A scendere in strada sono soprattutto i giovani della generazione Z, quelli che hanno vent’anni o poco più e che, attraverso i social media, vedono cosa succede fuori dall’Iran, vedono lo stile di vita dei loro coetanei, la loro libertà. E vogliono poter fare quello che fanno loro.
«Tanti di loro sono figli di persone che hanno la mia stessa età, quindi conoscono il nostro vissuto, hanno sentito ciò che noi abbiamo subito, gli 8 anni di guerra, il velo e i lunghi vestiti neri, il non poter scambiare due parole per strada con un ragazzo. Dentro casa i genitori ci spingevano a studiare e a essere indipendenti, ma fuori quell’indipendenza non la potevamo mettere in pratica. La mia generazione ha vissuto così e non vuole che i suoi figli soffrano allo stesso modo», ha risposto Rayhane Tabrizi a una studentessa che le chiedeva perché sono i più giovani a lottare per una libertà che non hanno mai conosciuto.
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«I giovani hanno dato energia ai genitori, che li hanno seguiti nelle strade. Vogliono vivere una vita normale, quella che io non ho vissuto per 29 anni», ha detto Tabrizi, che indossava una tshirt con la scritta “donna, vita, libertà”, lo slogan usato per la prima volta nelle proteste per la morte di Mahsa Amini e poi in quelle successive e nelle manifestazioni a sostegno delle donne iraniane.
«La libertà è di tutti, indipendentemente da dove vivi, la libertà è da salvaguardare», ha concluso Rayhane Tabrizi.