Lituania, il respingimento dei richiedenti asilo è legge

Una nuova legge prevede la possibilità di rimandare indietro i migranti lungo il confine e l’impiego alle frontiere di volontari da tutta Europa per aiutare la polizia. Lo ha deciso il parlamento della Lituania tra le contestazioni delle organizzazioni che difendono i diritti umani

«Siamo rimasti su quella frontiera per un mese, dormivamo nel bosco perché nessuno voleva aiutarci e gli abitanti dei paesi attorno chiamavano la polizia quando ci vedevano. Abbiamo provato ogni singolo giorno a entrare in Lituania, ma continuavano a respingerci in Bielorussia. Era come un ping pong, nessuno ci voleva, ci trattavano come cani. Ci hanno rotto i telefoni, insultati, aggrediti, picchiati, credevo che sarei morta. Non capivano che stavamo rischiando la nostra vita perché non potevamo più restare nel nostro Paese».

La storia di Sonia e suo marito Carlos, due coniugi fuggiti da Cuba e arrivati a Minsk, in Bielorussia, nel marzo 2022, è quella di tantissimi altri migranti che sono passati da questa via per entrare in Europa. Volevano andare in Lituania, con l’intenzione di costruire una nuova vita. Una volta arrivati sul confine, però, poco importava che fossero richiedenti asilo.

La polizia bielorussa li ha respinti con violenza verso l’altro lato del confine, dove quella lituana li aspettava per rimandarli indietro. Sono stati respinti decine di volte, alla fine ce l’hanno fatta grazie a un ricorso alla Corte europea dei diritti umani tramite un’associazione locale lituana. Ma quel confine, per decine di migliaia di altre persone bloccate, è rimasto una fortezza e ora lo sarà ancora di più.

Martedì 25 aprile il Seimas, il Parlamento lituano, ha approvato una legge che consente ufficialmente i respingimenti in stato di emergenza dei migranti al confine e a volontari, anche provenienti dall’estero, di unirsi alle guardie di frontiera nazionale per aiutarle in questa pratica.

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Vilnius, capitale della Lituania – Foto: via Pixabay

Lituania e migranti, una politica iniziata nel 2021

Tutto è cominciato nell’estate 2021 con l’avvio del flusso migratorio reso possibile dal governo di Aleksander Lukashenko, che ha iniziato a consentire di raggiungere la Bielorussia senza visto da varie parti del mondo, per poi spingere chi arrivava ad attraversare i confini vicini come Polonia, Lituania e Lettonia. Una situazione di cui si era parlato molto con il calo delle temperature, quando le persone bloccate nei boschi si trovavano spinte da un lato e respinte dall’altro, in un gioco di potere che ha provocato diversi morti.

https://www.osservatoriodiritti.it/2022/03/11/migranti-polonia-bielorussia-cosa-succede/

Allora lungo quelle frontiere era stato istituito uno stato di emergenza, limitando le zone in cui erano presenti i migranti in pericolo e impedendo l’accesso a giornalisti e attivisti per i diritti umani. Già ad agosto, il ministro degli interni lituano aveva emesso un ordine che consentiva i respingimenti al confine, poi formalizzato da un risoluzione governativa.

Come ulteriore misura, il governo ha anche investito 152 milioni di euro nella costruzione di un muro lungo 550 chilometri (su 679 totali, il resto dei quali si trova lungo fiumi o laghi) e alto 4 metri, completato da filo spinato e sistemi di video sorveglianza.

Secondo i dati ufficiali, dal 3 agosto 2021 le guardie di frontiera lituane hanno interdetto oltre 20 mila accessi, alcuni ripetuti più volte a causa dei respingimenti.

Oggi questa rotta è ancora battuta: «Le persone provengono soprattutto da Medio Oriente, Africa, ma anche India, Pakistan qualcuno dallo Sri Lanka, Asia centrale, Cuba», racconta Mantautas, attivista di Sienos Grupė, un’organizzazione che opera sul territorio (la stessa che ha aiutato Sonia e Carlos a chiede asilo) cercando di evitare che le persone vengano respinte aiutandole a fare ricorso e ad accedere alle procedure d’asilo, ma anche effettuando monitoraggi e offrendo aiuti di prima necessità. «Inizialmente venivano spinte da Lukashenko, oggi, invece, conoscono la rotta e continuano a tentarla».

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Foto: jo.sau (via Flickr)

Lituania-Bielorussia, respinti per legge

Da pochi giorni, le misure che inizialmente erano frutto di un ordine temporaneo sono diventate legge. Il 25 aprile 2023 il Parlamento ha adottato gli emendamenti alla Legge sulle frontiere statali e la loro sorveglianza con 86 voti a favore, 8 contrari e 20 astensioni. Gli emendamenti devono essere firmati dal presidente Gitanas Nausėda ed entreranno in vigore il 3 maggio.

«In pratica, ciò che era stato permesso durante lo stato di emergenza ora è ufficialmente consentito» racconta Mantautas. Questi emendamenti, infatti, consolideranno la pratica dei respingimenti di migranti e richiedenti asilo lungo la frontiera lituana, misura definita dal ministro degli Interni «necessaria per salvaguardare gli interessi di sicurezza nazionale» in risposta alla «migrazione strumentalizzata facilitata dal regime bielorusso».

Secondo il testo, i respingimenti saranno consentiti «in situazioni di emergenza nazionale causata dall’afflusso di stranieri» e si applicheranno a coloro «che hanno violato la procedura di attraversamento del confine di Stato». Ma si sottolinea che saranno previste misure di salvaguardia per le persone particolarmente vulnerabili, oltre a valutazioni dello stato di salute ed eventualmente la possibilità di ricevere assistenza medica urgente.

Si legge anche che ogni procedura sarà presa in carico singolarmente, prospettiva smentita da Tomas Vytautas Raskevičius, presidente del Comitato per i diritti umani che ha dichiarato:

«La valutazione individuale quando si respingono le persone alle nostre frontiere non è avvenuta, non avviene e non avverrà».

Inoltre, secondo il testo i respingimenti potranno essere effettuati solo a breve distanza dal confine, fino a 5 chilometri nell’entroterra.

«Questa è forse l’unica cosa positiva, anche se presenta delle criticità», racconta Mantautas. «Prima i respingimenti avvenivano anche nell’entroterra, c’erano persone che venivano ricoverate in ospedale senza alcun documento e una volta dimesse venivano riportate al confine e respinte, una situazione che noi organizzazioni abbiamo sempre cercato di contrastare e monitorare, raccogliendo prove della loro presenza e assistendole nella richiesta d’asilo. Spesso i migranti riuscivano a raggiungere le grandi città e venivano riportati indietro senza nemmeno un provvedimento, perché non avevano il permesso di entrare nel Paese. Ora teoricamente i respingimenti dovrebbero avvenire solo in prossimità del confine, ma non abbiamo idea di come sarà possibile monitorare che ciò effettivamente avvenga».

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Foto: Lāsma Artmane (via Unsplash)

Volontari dall’Europa in aiuto della polizia di frontiera

Un altro punto cruciale introdotto da questa legge è la possibilità offerta a volontari da tutta Europa di operare a supporto della polizia di frontiera.

«Si tratta di un’istituzione nuova, diversa anche da quella già esistente di supporto alla polizia regolare, dove i volontari devono essere formati e soddisfare diversi criteri», prosegue Mantautas. «Significa che fanatici politici e individui con determinate attitudini potranno entrare nel nostro Paese per aiutare le forze dell’ordine a mandare via gli stranieri dai confini. E ci si domanda perché dovrebbero venire proprio qui, sulle frontiere, e non voler aiutare in altro modo».

Nel testo si legge che i volontari devono dichiarare la propria residenza in territorio lituano, avere almeno un grado di istruzione secondaria e non svolgere un vero e proprio servizio militare. «Proprio come qualsiasi altro punto di questa legge, senza un monitoraggio indipendente nessuno può garantire che tutto questo venga rispettato», dice Mantautas.

«Inoltr, se venisse reintrodotto lo stato di emergenza noi organizzazioni potremmo vederci negato l’accesso alle zone critiche e quindi non potremmo aiutare né monitorare eventuali violazioni dei diritti umani, mentre gli aiutanti volontari potrebbero agire indisturbati».

Solo l’anno scorso, a giugno 2022, una ricerca di Amnesty International aveva rivelato che le autorità di frontiera lituane hanno «inflitto a rifugiati e migranti svariate violazioni dei diritti umani, inclusi attacchi con manganelli o taser. Inoltre, molte persone sono state picchiati e colpite con pietre e proiettili di gomma mentre giacevano a terra semi-coscienti dopo essere state esposte a gas lacrimogeni in spazi chiusi».

Poche settimane fa, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa ha diffuso un rapporto su come le autorità di Stati, tra cui proprio la Lituania, abbiano ricorso a pratiche qualificate come tortura.

Lituania, una legge aperta alle violazioni dei diritti umani

La situazione ha attirato le critiche di molte organizzazioni per i diritti umani, secondo le quali questi emendamenti legittimerebbero una pratica, quella delle espulsioni, che viola il diritto internazionale, scaricando su migranti e rifugiati tutta la responsabilità del ricatto politico bielorusso. Inoltre introducono il rischio concreto di torture e violenze, anche da parte di estremisti provenienti dall’estero, creando dinamiche difficili da controllare.

Già nel 2022 Amnesty aveva sollecitato la Commissione europea ad aprire una procedura di infrazione nei confronti della Lituania, cosa che però non è mai accaduta. «Ora vengono rese illegali le persone in stato di detenzione nei centri di accoglienza, che sono luoghi di violenza e continue violazioni dei diritti umani, e quelle arrestate alla frontiera», spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.

«Tutte potranno essere rimandate in Bielorussia. E questo pone già un problema di violazione del principio del non respingimento, oltre che del diniego di tutte le garanzie per i richiedenti asilo, prima tra tutte quella di poter fare richiesta nel paese in cui si arriva».

«Già all’interno dell’Unione europea le frontiere sono sigillate e ci sono prassi di respingimento, ad esempio lungo la rotta balcanica, inclusa l’Italia», conclude Noury. «Ma se non ci sarà un intervento molto netto da parte della Commissione europea, il rischio è che vengano a normalizzarsi quelle che sono a tutti gli effetti violazioni dei diritti umani».

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