Kindeswohl, il bene del bambino: il film che racconta gli orfani di genitori vivi
Il film del regista Franco Angeli denuncia la macchina istituzionale che dal 1939 trattiene in Germania tutti i figli di famiglie binazionali separate. "Kindeswohl, il bene del bambino" racconta la storia vera di Marinella Colombo, vittima dell’amministrazione tedesca e ora paladina dei diritti genitoriali di centinaia di persone in tutta Europa
Quattro persone sedute intorno ad un tavolo, stanza degli interrogatori del carcere di San Vittore. Interno giorno, anno 2011. A parlare per quasi tutti i sessanta minuti del film “Kindeswohl, il bene del bambino”, è la protagonista, Marinella, interpretata dall’attrice Livia Bonifazi.
Davanti a lei il procuratore Pietro Forno (l’attore Giovanni Guardiano), che l’accusa di sottrazione internazionale, di sequestro di persona e di maltrattamenti verso i due figli, reati che prevedono pene fino a 10 anni di reclusione.
«Che cosa sei disposta a rischiare per salvare i tuoi figli?», domanda Marinella all’ispettore, senza aspettare risposta. La donna è accusata di aver nascosto i due figli in un posto segreto senza aver avvisato l’ex coniuge tedesco. Rapiti da una madre che non ha più diritto a vivere con i suoi figli.
Lo Jugendamt, l’amministrazione per la gioventù tedesca
Fin dai primi minuti del film, diretto da Franco Angeli, prodotto da Panamafilm e interpretato anche da Mario Patanè, la protagonista indica come reale colpevole della sua situazione lo Jegendamt. Ente nazionale finanziato dal governo tedesco, nato tra le due guerre per gestire gli orfani, è diventato il terzo genitore di tutte le famiglie binazionali che si separano.
Paragonato ai nostri servizi sociali, in realtà ha poteri più estesi. «Alla prima udienza per la mia separazione c’ero io, il mio ex marito e un rappresentante dello Jugendamt, come un terzo genitore», spiega la protagonista al procuratore. Una terza figura, un ispettore che si presenta poi a casa di Marinella per parlare con i due figli, 4 e 8 anni. Incontri chiusi alla madre, in lingua tedesca, di cui non esistono verbali o registrazioni. Incontri che producono pareri che vengono consegnati al giudice. Senza che il genitore straniero possa sapere cosa ci sia scritto.
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Trama di “Kindeswohl, il bene del bambino”: gli arresti, lo strappo dai figli, la solitudine
«Noi non ci muoviamo da qui fino a che non ci dice dove li ha nascosti», insiste il procuratore camminando per la stanza, lasciata nella penombra per aumentare il senso di angoscia e solitudine. L’unica luce chiara, violenta, è sulla donna. Bionda con una camicia bianca che luccica nel buio.
Marinella non si alza, è lì dentro da giorni e non dice dove ha portato i figli. È il suo terzo arresto, dal primo mandato di cattura di agosto 2008. Senza avvertimenti la polizia tedesca aveva emanato un mandato d’arresto europeo per la donna quando era in vacanza con i due figli. Arresto avvenuto una volta che la donna era rientrata in Italia da sola, perché i figli all’inizio non era riuscita a portali via. Era in attesa del divorzio, della conferma che il patto siglato con l’ex marito di permesso di visita a lui e affido a lei fosse confermato.
Portata a San Vittore, ci era restata poche ore. Un secondo arresto era avvenuto poco dopo, quando aveva ottenuto l’affidamento dei figli e se li era portati a Milano. Arrestata per sequestro dei suoi figli, che manteneva, a cui stringeva le stringhe delle scarpe la mattina prima di andare a scuola. Portati via dalla polizia, senza avvertimenti, senza l’aiuto dell’Italia. Li aveva persi di nuovo ed era sola.
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Marinella in fuga con Michel Carrer
«Allora ho deciso, dovevo riprendermeli. Non sarebbero stati orfani di una madre viva». Gli occhi fissi in quelli del procuratore aprono ad un lungo piano-sequenza che ricorda l’intensità del teatro, da cui nel 2009 l’attrice Livia Bonifazi aveva iniziato a raccontare Marinella.
La donna, che parla cinque lingue e lavorava a Monaco con la sua azienda, decide di farsi aiutare da un padre che, come lei, ha perso il figlio per aver divorziato da una donna tedesca, Olivier Karrer. Prendono l’auto e arrivano a Monaco, fuori della scuola dei figli. Li vede, ne abbraccia uno mentre l’altro, il più piccolo, sviene nel vederla.
Fugge dalla scuola appena in tempo e inizia a pensare come portali via, ma sono loro a trovare lei passando davanti alla sua auto. Lei apre la portiera, loro salgono e fuggono. I bambini vengono nascosti, Marinella torna al suo lavoro a Milano, ma viene arrestata per la terza volta.
Lo spettatore la trova lì seduta, con l’avvocato vicino, dopo un lungo viaggio fatto di parole così forti da rompere le pareti del penitenziario e portare chi guarda nel lungo percorso di dolore e fughe di quella donna sola. Ma lei è lì, per la terza volta, e non vuole dire dove sono nascosti i figli.
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“Kindeswohl, il bene del bambino” denuncia i diritti negati ai figli di coppie binazionali
Marinella, oltre a sapere bene le lingue, studia le leggi, tedesca e italiana, contatta avvocati e politici europei. Dopo un primo avvocato bilingue che non riconosce errori di traduzione, finalmente arriva a Laura Cossar, avvocata di diritto di famiglia, che diventa per lei faro nella notte più buia.
«I diritti del fanciullo costituiscono parte integrante del diritto comunitario, come stabilito dall’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La storia di Marinella dimostra il desiderio dello Jugendamt di cancellare il ruolo genitoriale di chi non è tedesco», spiega a Osservatorio Diritti.
Uno degli obiettivi del nuovo regolamento Bruxelles II, inoltre, è garantire il pieno rispetto del diritto del fanciullo a mantenere contatti con entrambi i genitori anche dopo il divorzio ed anche quando questi ultimi vivano in Stati membri diversi. «Marinella ha rischiato l’estradizione, cassata da un giudice milanese, e io mi sono ritrovata l’ufficio pieno di cimici che ho dovuto ripulire. Ma non si può nulla contro il codice di famiglia nazionale tedesco, siamo ancora al punto di partenza», confessa.
L’avvocata dopo il caso di Marinella ha iniziato a seguire decine di storie simili, tutte portate all’attenzione delle istituzioni nazionali ed europee che hanno infine convinto il Parlamento europeo ad emettere una Risoluzione, il 29 novembre 2018, che riconosce e stigmatizza le politiche discriminatorie delle Jugendamt. «Bisogna far conoscere questa risoluzione a tutti i giudici e avvocati, bisogna proteggere questi bambini dal rischio di rimanere orfani di genitori vivi».
La protagonista di Kindeswohl non rivede i figli per 9 anni
Su un foglio Marinella scrive l’indirizzo di dove si trovano i due figli. «Fatemi venire con voi, altrimenti si spaventano!», chiede al procuratore. Dopo un’ora si alza per la prima volta per correre verso la porta che viene chiusa alle sue spalle. «Aprite!» urla, e urla per ore sola nella stanza degli interrogatori di San Vittore.
L’inquadratura si allarga e scivola fuori dalle sbarre, lasciandola sola. I figli saranno trovati in Slovenia, a casa della nonna, e riportati dal padre a Monaco.
Mai più visti per 9 anni, sentiti qualche volta.
Il film si chiude con immagini reali di incontri registrati di nascosto da una madre polacca mentre fa visita al figlio, con gli interventi di Laura Cossar al Parlamento europeo e di un ragazzo, maggiorenne, che dice in tedesco al Parlamento:
«Mi avete cresciuto senza madre solo perché divenissi tedesco, ma orfano».
Ad oggi, dopo marce simboliche tra Strasburgo e Bruxelles, raccolte firme di migliaia di genitori privati dei figli e interrogazioni, lo Jugendamt è ancora il terzo genitore dei figli di coppie binazionali.
Un film di impegno civile, la ricerca di Franco Angeli e Livia Bonifazi
«In questi dieci anni di lavoro sulla storia di Marinella ho capito che stavo raccontando una persona che ha scelto di diventare terrorista per i figli, ha scelto di violare la legge per essere libera», racconta il regista a margine della presentazione del film “Kindeswohl, il bene del bambino” a Milano.
Con lui Livia Bonifazi, che per prima aveva letto il libro biografia di Marinella Colombo “Non vi lascerò soli”, edito da Rizzoli.
«Leggere quel libro è stato importantissimo, ho deciso che la sua lotta doveva diventare strumento per informare altri», dice l’attrice. Un primo spettacolo teatrale era andato in scena nel 2009, come teatro civile che raccontava e raccoglieva decine di documenti sulla storia della Colombo.
«Eravamo talmente coinvolti dalla sua storia che sentivamo la necessità di trasformare uno spettacolo in un prodotto divulgativo di massa, un film», spiegano i due artisti. Ora il film è stato presentato in diverse sedi, ma ha lo scopo di entrare nelle scuole, dove si studia diritto e dove si prendono scelte politiche. «La mia vita ora è prevenire questo dolore, far si che il diritto alla genitorialità sia reale e che nessun figlio sia orfano di madri vive», commenta Marinella Colombo alla fine della proiezione del suo film.