Festa della donna: 8 marzo tra rivendicazioni, stereotipi e gender gap

Ci vorranno fino a 132 anni per colmare il divario tra uomini e donne. Mentre nel mondo si organizzano scioperi ed eventi per festeggiare l’8 marzo, la Giornata internazionale della donna. Ecco la fotografia della situazione scattata in occasione di questa Festa della donna 2023 in Italia e in Europa

Al ritmo attuale, ci vorranno dai 100 ai 132 anni per colmare finalmente il divario di genere e raggiungere la parità tra uomini e donne. È questa la stima che emerge dal Global Gender Gap Report del 2022, mentre nel mondo si organizzano scioperi ed eventi per festeggiare l’8 marzo, la Giornata internazionale della donna.

E nel 2022 il divario di genere globale è stato colmato solo del 68,1%, dati che evidenziano un generale peggioramento della parità di genere a livello internazionale rispetto al 2020.

Parità di genere: in Italia è ancora lontana

L’Italia è riuscita a collocarsi al 63° posto della classifica stilata dal World Economic Forum, su 146 Paesi esaminati, ben lontana da altre nazioni europee come Francia, Spagna e Germania, rispettivamente al 15°, 16° e decimo posto. E il risultato peggiora ulteriormente se si prende in considerazione la parità di genere in relazione alla partecipazione economica. In questo caso il nostro Paese scivola al 110° posto, dietro nazioni come Gambia, Ghana, Tajikistan e Malawi.

Ed è proprio a causa di queste continue disparità di genere, che spesso si traducono in disparità di trattamento e diritti, che è necessario ricordare occasioni come quella dell’8 marzo, giornata internazionale dedicata alla celebrazione delle conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne di tutto il mondo.

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Foto: via Pexels

Festa della donna: storia della Giornata internazionale delle donne

Istituita per la prima volta in Italia nel 1922, è stata riconosciuta ufficialmente dalle Nazioni Unite solo tra il 1975 e il 1977, quando l’8 marzo fu scelto come Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle donne e per la pace internazionale.

Sono tanti i Paesi in cui l’8 marzo è considerata una festa nazionale. Negli Usa si celebrava già dal 1909, mentre in altre nazioni europee dal 1911, e viene ricordata con eventi, manifestazioni e marce per i diritti delle donne.

In Italia, per il settimo anno consecutivo, è la rete di Non Una di Meno a proclamare e promuovere la mobilitazione nazionale contro la violenza maschile sulle donne e ogni forma di violenza di genere.

«Scioperiamo dal lavoro dentro e fuori casa, dai ruoli di genere e da tutti i ruoli che ci vengono imposti, dai consumi. La violenza di genere, la pandemia, la guerra, il disastro ecologico, l’inflazione: viviamo in un mondo di crisi continue che non sono emergenze ma segnali evidenti di un sistema che si sta sgretolando, un sistema ingiusto che ci costringe a vivere vite insostenibili e che vorrebbe chiuderci nell’isolamento e nell’impotenza», si legge nell’appello alla mobilitazione. «In questa solitudine non vogliamo starci e insieme troviamo la forza di ribellarci, lottare e rifiutare tutto questo».

8 marzo 2023, in Italia le donne rincorrono ancora gli uomini

C’è, però, un dato positivo quando si parla di parità di genere nel mondo del lavoro. Le donne che occupano una posizione aziendale di comando sono aumentate rispetto agli anni presedenti.

Nel 2022, infatti, le donne italiane che ricoprono il ruolo di Ceo, o amministratice delegata, raggiungono il 20% rispetto al 18% dell’anno precedente, mentre quelle con il ruolo di senior manager salgono al 32 per cento.

Nonostante questi miglioramenti, l’Italia si conferma fanalino di coda rispetto alle trenta economie analizzate all’interno del report annuale Women in Business redato dalla rete di consulenza internazionale Grant Thornton.

Il raggiungimento delle pari opportunità sul piano sociale e lavorativo non è mai stato così importante come oggi, dopo anni di pandemia che hanno reso ancora più evidenti per le donne le difficoltà già presenti a livello sociale e occupazionale. Dei 334 mila posti di lavoro in più nel 2022, infatti, solo 38 mila sono occupati da donne.

Secondo gli ultimi dati Istat, il tasso di occupazione femminile si attesta così al 51,3%, lo 0,5 in più rispetto al 2021, tra i peggiori risultati a livello europeo. La media delle donne occupate nell’Unione europea è, infatti, del 62,7%.

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“Gli uomini di qualità rispettano l’uguaglianza delle donne” – Foto: via Unsplash

Gender pay gap: la situazione del lavoro in questa Festa della donna 2023

Non solo le donne trovano mediamente meno lavoro rispetto agli uomini, e con posizioni meno prestigiose, ma continua a verificarsi anche un altro fenomeno, quello del divario retributivo di genere, noto anche come Gender pay gap, che all’interno dei Paesi dell’Unione europea è in media del 13 per cento.

Questo significa che le donne in Europa guadagnano in media il 13% in meno all’ora rispetto agli uomini. L’indice, infatti, misura la differenza media che sussiste tra i salari orari lordi percepiti dagli uomini e dalle donne.

In Italia, secondo gli ultimi dati Eurostat, il divario salariale raggiunge il 43,7% e, paradossalmente, cresce con l’aumentare del livello di istruzione raggiunto. Il gap salariale si attesta infatti al 5,4% tra chi ha conseguito un diploma delle scuole professionali fino a raggiungere il 30,4% per le laureate e il 46,7% tra chi ha un Master di secondo livello.

Questo divario di stipendi è tornato a crescere in seguito alla pandemia e, proprio per questa ragione, le istituzioni europee stanno lavorando per cercare di ridurlo, obbligando le aziende che operano all’interno dell’Ue a divulgare informazioni che rendano più facile confrontare i salari relativi allo stesso datore di lavoro ed esporre il divario retributivo di genere esistente.

Inoltre, da gennaio è stata introdotta la certificazione della parità di genere, il cui obiettivo è quello di attestare le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere riguardo ad alcuni punti fondamentali come: reali opportunità di crescita in azienda, parità salariale a parità di mansioni e adozione di politiche di gestione delle differenze di genere, tra cui la la maternità tutelata.

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Le donne manifestano in Messico – Foto: via Unsplash

Giornata internazionale delle donne: stereotipi sociali e di genere

Lo scorso 11 febbraio le Nazioni Unite hanno celebrato la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nelle Stem, acronimo che indica l’insieme delle discipline scientifico-tecnologiche e tutti i relativi campi di studio. E anche se il numero delle donne europee laureate supera oggi quello degli uomini, solo un laureato su tre nelle materie Stem è di sesso femminile.

Le donne occupano, infatti, appena il 22% di tutti i posti di lavoro nelle aziende europee che operano nel settore tecnologico. Per quanto riguarda l’Italia, invece, il dato relativo al 2020 scende al 15,6% delle donne che lavorano in ambiti tecnico-scienfici, rispetto al 18,3% degli uomini.

Alla base di questa disparità ci sono spesso tutta una serie di stereotipi sociali e di genere che continuano ad avere un forte impatto sulla società italiana. L’Osservatorio indifesa di Terre des Hommes ha evidenziato come in Italia una ragazza su due, delle oltre 2 mila intervistate, si senta limitata nelle scelte relative al proprio futuro da stereotipi e retaggi maschilisti.

Per il 53,9% delle intervistate, infatti, le decisioni sugli studi o sulla scelta della carriera desiderata, così come le ambizioni e le passioni, vengono limitate nella realtà dagli stereotipi sociali e impostazioni considerate maschiliste e patriarcali. Le giovani donne sono inoltre consapevoli che il posto in cui si subiscono più discriminazioni o violenze di genere è proprio il luogo di lavoro.

Convenzione di Istanbul: l’Unione europea deve ancora ratificarla

Per combattere la disparità e la violenza di genere, il Parlamento Ue ha votato, lo scorso 15 febbraio, un testo che esorta con fermezza l’Unione europea a ratificare la Convenzione di Istanbul. Questo trattato internazionale è, infatti, uno strumento chiave per sradicare la violenza di genere, compresa la violenza domestica, e mira a prevenire, punire e contrastare la violenza sulle donne.

Secondo il Parlamento europeo, la ratifica della Convenzione di Istanbul è una questione quanto mai urgente, visto che 62 milioni di donne nell’intera Unione europa, ovvero una donna su tre, dichiarano di aver subito violenze fisiche o sessuali almeno una volta nella vita.

1 Commento
  1. Annamaria dice

    Ogni volta che ricerche, studi e statistiche rivelano questa desolante situazione della donna nel mondo del lavoro in Italia mi vergogno del fatto che in politica ci sia ancora una così scarsa volontà di cambiare le cose

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