Luca Attanasio: chi era l’ambasciatore di pace ucciso in Congo due anni fa
Il 22 febbraio 2021 l'ambasciatore e difensore dei diritti umani Luca Attanasio veniva ucciso nella Repubblica Democratica del Congo insieme al carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e all'autista Mustapha Milambo. Ecco chi era, a che punto è il processo, in cosa è impegnata l'ong fondata dalla moglie e qual è la situazione nel paese
di Armando Massanisso
«Chi è più fortunato, chi nasce “nella parte felice” del mondo, ha il dovere di fare qualcosa per gli altri». Tolte giacca e cravatta, Luca Attanasio ha vissuto la carriera diplomatica come una missione di pace, una missione volta a dare voce a chi è dimenticato, agli ultimi.
Luca Attanasio: la morte dell’ambasciatore
Esattamente due anni fa, il 22 febbraio 2021, un convoglio del Programma Alimentare Mondiale (Pam) fu attaccato lungo la strada Rn2 all’altezza di Kibumba, a 25 km circa da Goma, capitale della provincia del Nord Kivu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo.
Nell’attacco al convoglio diretto a Rutshuru, all’interno del Parco del Virunga, per visitare un progetto di alimentazione scolastica, rimasero uccisi l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere della scorta Vittorio Iacovacci e un autista congolese del Pam, Mustapha Milambo.
In occasione del secondo anniversario della scomparsa, Osservatorio Diritti ha scelto di ricordare Attanasio, che ha vissuto il suo impegno professionale anche come difensore dei diritti umani.
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Luca Attanasio, breve biografia di «un sognatore che guardava il mondo come un bel giardino»
Luca Attanasio era un giovane diplomatico italiano di 43 anni divenuto capo missione a Kinshasa, nel Congo, nel settembre 2017, dopo le esperienze in Svizzera, Marocco e Nigeria.
La moglie, Zakia Seddiki, ha descritto il marito come «un ragazzo partito dalla periferia che ha fatto carriera diplomatica per andare poi a rappresentare l’Italia nella periferia del mondo».
Una carriera diplomatica caratterizzata da una «diplomazia umana, fatta di missioni» per un ambasciatore a cui «la scrivania non bastava» perché «dall’ufficio non tutti i problemi si possono risolvere, occorre stare sul campo».
Il sogno della carriera diplomatica era vissuto come «una missione il cui obiettivo era non lasciare nessuno indietro». Nelle vesti di rappresentante dell’Italia ha deciso di «vivere fino in fondo le problematiche di territori dove il nostro paese può e deve essere presente».
Pur conoscendo i rischi, Attanasio e la moglie decisero di vivere, con le loro tre bambine, in Congo, perché «quando sei un rappresentante delle istituzioni hai il dovere morale di dare l’esempio». Il ruolo dell’ambasciatore per Attanasio non era solamente quello supportare gli italiani, «ma anche contribuire per il raggiungimento della pace» in un paese logorato da tre guerre durate un ventennio.
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Nassiriya per la pace: Attanasio premiato per il suo impegno
Nell’ottobre del 2020, Luca Attanasio fu insignito del Premio Internazionale Nassiriya per la pace per il suo impegno «volto alla salvaguardia della pace tra i popoli e per aver contribuito alla realizzazione di importanti progetti umanitari distinguendosi per l’altruismo, la dedizione e lo spirito di servizio a sostegno delle persone in difficoltà».
In occasione della cerimonia di consegna, Attanasio sottolineò come «in Congo, tante di quelle cose che diamo per scontate, anzitutto la pace, la salute o l’istruzione, lì non lo sono. Anzi sono un privilegio per pochissimi. Pace, famiglia e solidarietà sono le tre parole chiave».
Mama Sofia, l’ong fondata dalla moglie di Luca Attanasio
E proprio quel concetto di solidarietà e il desiderio di rappresentare lo Stato in tutte le sue forme spinsero la moglie a fondare nel 2017 l’ong Mama Sofia – di cui Attanasio era presidente onorario – per supportare donne e tutti quei bambini che vivono in strada dandogli la speranza di un futuro migliore.
Mama Sofia porta avanti programmi dedicati all’istruzione, alla sanità e alla distribuzione di acqua potabile e a Luca Attanasio è intitolato anche un progetto che assegna borse di studio e uno specifico per l’infanzia.
Tramite queste iniziative, la moglie sta portando avanti i progetti che aveva ideato con il marito. La determinazione di Attanasio permise anche la nascita della rete Congo con ForumSaD, per unire 14 organizzazioni impegnate a lottare per i diritti dei bambini. Il progetto ha preso il nome “I bambini dell’ambasciatore”.
Luca Attanasio «aveva il desiderio di cambiare il mondo e di renderlo migliore ed era ciò che cercava di fare tutti i giorni: aveva intuito che il futuro dell’Europa dipende da quello dell’Africa, dallo sviluppo che le daremo, da quale futuro daremo ai suoi giovani».
E, oggi, «sappiamo di lui, di quello che succede in Congo, del dramma che riguarda tanti».
Est del Congo alle prese con guerre e gruppi armati
La Repubblica Democratica del Congo è un paese di circa 110 milioni di abitanti che può contare su «ricchezze minerarie immense», ma è abitato da «persone povere e vittime di guerre devastanti».
Dal 1960, anno della sua indipendenza, il Congo è stato caratterizzato da un ciclo continuo di violenza: tra gli anni Novanta e Duemila «i conflitti nella regione dei Grandi Laghi hanno provocato più di 5 milioni di morti».
In particolare, l’area del Nord Kivu, dove ha perso la vita l’ambasciatore Attanasio, è stata «teatro di diversi scontri tra il 1996-1997 e 1998-2003» in cui furono coinvolti forze armate di paesi africani limitrofi e un cospicuo numero di gruppi armati locali. Tutt’ora, la zona est del Congo continua ad essere minacciata da circa 120 tra gruppi armati e criminali.
Queste milizie armate sono solite scontrarsi tra di loro, con le forze armate congolesi e con i 15 mila caschi blu della missione di pace Onu Monusco a causa della «necessità di questi gruppi armati di procurarsi mezzi di sopravvivenza estraendo le risorse e combattendo per il controllo del territorio».
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Risorse minerarie nella Repubblica Democratica del Congo
Infatti, il Nord Kivu è noto per essere un’area di estrazione di minerali preziosi «che i miliziani – spesso anche i soldati dell’esercito regolare – contrabbandano all’estero, in particolare in Ruanda». In Nord Kivu si estraggono coltan, importante per la produzione di componenti elettrici, oro e diamanti.
Inoltre, il Congo è strategico «per cobalto e rame, altri minerali che stanno alla base della transizione ecologica»: il cobalto per la produzione di batterie e il rame per il materiale elettrico.
Cobalto e coltan in Congo: i paradossi della transizione ecologica
Con le sue grandi ricchezze minerarie, la Repubblica Democratica del Congo dovrebbe essere un paese prosperoso, «ma rimane uno dei 5 paesi più poveri al mondo».
Il settore minerario «contribuisce al 18% del prodotto lordo congolese», un dato sottostimato visto che «la gran parte del commercio avviene sotto forma di contrabbando conteso dai vari gruppi armati che operano nella parte est del Kivu».
Il 70% della catena mondiale di produzione di cobalto è estratto nel paese, ma «buona parte in miniere non regolari dove i lavoratori – inclusi bambini – estraggono il minerale prezioso dalla terra a mani nude con gravi conseguenze sulla loro sicurezza e salute».
Gran parte del coltan «è estratto col lavoro di più di 40 mila bambini e adolescenti», originari del Kivu che, a causa della povertà, sono costretti a trovarsi un lavoro. Tuttavia, lavorando in queste miniere irregolari sono esposti a seri rischi di salute, «al traffico di esseri umani e al reclutamento da parte dei gruppi armati come bambini soldato».
Mentre in Katanga, zona a sud del Congo e altra area di estrazione di minerali, la situazione è dominata «da grandi miniere gestite da multinazionali cinesi, canadesi, sudafricane ed europee».
Il Congo rappresenta «uno dei più grandi paradossi del nostro tempo: i minerali necessari per un mondo più pulito sono estratti nelle peggiori condizioni ambientali e sociali».
Una situazione su cui, durante la sua visita in Congo nel febbraio 2023, Papa Francesco ha voluto lanciare un appello: «Giù le mani dalla Repubblica Democratica del Congo. […] Dopo quello politico, si è scatenato infatti un “colonialismo economico”, altrettanto schiavizzante. Così questo paese, ampiamente depredato, non riesce a beneficiare a sufficienza delle sue immense risorse: si è giunti al paradosso che i frutti della sua terra lo rendono “straniero” ai suoi abitanti».
Omicidio Attanasio: processo a due dipendenti del Pam
La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di due dipendenti del Pam per la morte di Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci. Nei confronti di Rocco Leone, vicedirettore del Pam a Kinshasa, e Mansour Luguru Rwagaza è stata mossa l’accusa di omicidio colposo. L’udienza preliminare del procedimento è stata fissata per il 25 maggio 2023.
I due dipendenti dell’agenzia delle Nazioni Unite sono stati accusati di avere «attestato il falso, al fine di ottenere il permesso dagli uffici locali del Dipartimento di Sicurezza dell’Onu, indicando nella richiesta di autorizzazione alla missione, al posto dei nominativi dell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci quelli di due dipendenti Pam, così da indurre in errore gli uffici in ordine alla reale composizione del convoglio e ciò in quanto non avevano inoltrato la richiesta, come prescritto dai protocolli Onu, almeno 72 ore prima».
Dunque, secondo gli inquirenti di Roma, sarebbero state «sottovalutate le misure di cautela e sicurezza delle Nazioni Unite – come una scorta armata e veicoli corazzati – idonee a tutelare l’integrità fisica dei partecipanti alla missione Pam che percorreva la strada Rn2».
Le accuse della Procura di Roma contro i due collaboratori del Pam hanno permesso di riaprire il caso che il 19 gennaio 2022 il governo del Congo aveva chiuso affermando di aver arrestato gli assassini dei due italiani.