El Salvador pericoloso per i difensori dell’ambiente: divieto di estrazione mineraria sotto attacco
La detenzione di cinque ambientalisti ha messo in allarme le comunità impegnate nella difesa dell'acqua e della terra. In El Salvador c'è il pericolo di una riapertura del governo all’industria mineraria, vietata dal 2017
da Città del Messico, Messico
L’11 gennaio il governo de El Salvador ha ordinato l’arresto di cinque importanti difensori dell’ambiente di Santa Marta, una comunità del dipartimento di Cabañas, a circa 80 km a nord-est della capitale San Salvador.
Gli attivisti Miguel Ángel Gámez, Alejandro Laínez García, Pedro Antonio Rivas Laínez, Antonio Pacheco e Saúl Agustín Rivas Ortega sono accusati di «associazione illecita» – un crimine utilizzato indiscriminatamente da quando, 11 mesi fa, nel Paese è stato decretato lo stato di emergenza per combattere le gang locali – e di aver commesso un omicidio all’epoca della guerra civile (1980-1992).
Il caso ha raggiunto rapidamente una rilevanza internazionale. Questi attivisti, infatti, sono alcuni dei leader del movimento che, con lo slogan «l’acqua è più importante dell’oro», riuscì a far passare uno storico divieto di estrazione dei metalli. Nel 2017, El Salvador divenne il primo Paese al mondo a compiere questo passo e da allora è un punto di riferimento nella lotta contro questo tipo di industria.
Il 20 gennaio, ben 251 organizzazioni di 29 Paesi hanno diffuso un comunicato in cui si chiede al governo salvadoregno di ritirare le accuse contro gli ambientalisti, o almeno di scarcerarli in attesa del processo. Giovedì scorso, invece, organizzazioni solidali si sono riunite davanti al consolato salvadoregno di Los Angeles, in California, per chiedere la loro liberazione immediata.
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El Salvador, gli ambientalisti temono il ritorno dell’industria mineraria
L’America Latina è di gran lunga la regione più pericolosa al mondo per gli attivisti ambientali e El Salvador non fa eccezione. Un reportage pubblicato dal media digitale Mala Yerba indica che, tra il 2009 e il 2022, sette difensori dell’ambiente sono stati uccisi nel Paese. Gli attacchi agli ambientalisti sono spesso registrati come crimini comuni o legati alle gang, mentre i processi giudiziari sono tortuosi e tendono a criminalizzare chi difende il territorio e le risorse naturali.
I difensori della natura in El Salvador sono particolarmente vulnerabili anche perché il presidente Nayib Bukele si è rifiutato di firmare l’Accordo di Escazú, un trattato che mira ad assicurare che gli Stati della regione garantiscano la protezione dei difensori dell’ambiente e della terra, l’accesso all’informazione pubblica e la giustizia in materia ambientale.
Santa Marta è una comunità popolata da ex guerriglieri e con un lungo percorso di organizzazione comunitaria riconosciuta a livello internazionale. Da decenni l’Associazione di sviluppo economico sociale di Santa Marta (Ades) – di cui uno dei detenuti, Teodoro Antonio Pacheco, è presidente – promuove programmi di agricoltura sostenibile, sovranità alimentare e di difesa dei diritti sessuali e riproduttivi.
Santa Marta è anche una delle comunità che più tenacemente si è battuta contro lo sviluppo dell’estrazione di metalli su larga scala in El Salvador, ottenendo che venisse vietata nel 2017. Le circostanze degli arresti, e il fatto che il caso venga analizzato da una commissione specializzata in crimini di guerra istituita dallo stesso Bukele, fa temere che la sentenza possa avere scopi politici.
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Tra Bitcoin ed estrazione mineraria: cosa sta succedendo in Salvador
Secondo diverse organizzazioni ambientaliste, infatti, il governo di Bukele sta valutando la possibilità di revocare la proibizione di estrazione mineraria per creare nuove fonti di reddito e tamponare la crisi derivata dal fallimento del suo esperimento nazionale sulla criptovaluta Bitcoin.
La legge sul divieto di estrazione dei metalli potrebbe essere abolita con la maggioranza semplice dell’Assemblea legislativa. Con 56 dei suoi 84 deputati, il partito di Bukele, Nuevas Ideas, potrebbe quindi ottenerne l’abrogazione senza difficoltà.
Nel 2021, inoltre, El Salvador ha aderito al Forum intergovernativo su miniere, minerali, metalli e sviluppo sostenibile (Igf), un’entità con sede in Canada che fornisce servizi di consulenza per lo sviluppo sostenibile del settore minerario. Per le organizzazioni che difendono l’ambiente, questo è un chiaro segnale di allarme che non deve essere ignorato.
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El Salvador pericoloso per chi difende l’ambiente
Lo Stato salvadoregno accusa i cinque ambientalisti di aver commesso l’omicidio di María Inés Alvarenga, nell’agosto del 1989. Secondo quanto dichiarato via Twitter dal procuratore generale Rodolfo Delgado, Alvarenga fu prelevata dalla sua casa di Santa Marta da guerriglieri del Fronte Farabundo Martí per la Liberazione Nazionale (Fmln) e, accusata di collaborare con l’esercito, fu torturata e giustiziata. «Dopo decenni, stiamo ottenendo una vera GIUSTIZIA. Non ci fermeremo», ha twittato Delgado a poche ore dagli arresti.
Attraverso un comunicato diffuso lo stesso giorno, la Ades ha invece sottolineato come a più di 30 anni dalla firma degli Accordi di pace le autorità non abbiano processato nemmeno una delle innumerevoli violazioni dei diritti umani commesse durante la guerra civile. «Oggi, quando pretendono di agire, lo fanno per rivittimizzare la stessa comunità in quella che sembra essere una vendetta politica», si denuncia nel comunicato.
Durante il conflitto armato salvadoregno sono state uccise più di 75.000 persone, ne sono scomparse circa 8.000 e sono stati compiuti centinaia di massacri. Dopo la proclamazione di un’amnistia nel 1993, sono trascorsi più di due decenni senza che i crimini di guerra – per lo più attribuiti all’esercito – fossero portati davanti alla giustizia.
Il 7 febbraio 2023, con una sentenza storica, un tribunale salvadoregno ha inviato a giudizio un gruppo di ex-militari membri di uno squadrone della morte accusato di aver ucciso cinque persone nel 1981. Questo, però, è un caso raro. Come ha evidenziato David Morales, ex controllore per i diritti umani e ora parte dell’organizzazione Cristosal, è la prima volta che membri di uno squadrone della morte vengono processati per crimini di lesa umanità.
Decine di massacri di civili eseguiti dalle forze armate restano tutt’ora impuni. Tra questi c’è quello del Río Lempa, perpetrato nel marzo del 1981, in cui più di 200 abitanti di Santa Marta persero la vita.
È in questo scenario che si alimentano i dubbi sulle reali motivazioni degli arresti dei difensori dell’acqua. Soprattutto se si considera che il governo Bukele, dai forti toni autoritari, tende a criminalizzare e mettere a tacere chiunque possa essere un oppositore politico.