Guerra in Myanmar: ecco chi finanzia le armi dei militari
Società domiciliate in gran parte del mondo permettono alla giunta militare del Myanmar di produrre armi da utilizzare contro i civili. Lo denuncia un dettagliato rapporto del Consiglio consultivo speciale sul Myanmar, formato da ex alti funzionari delle Nazioni Unite. Ecco qual è la situazione della guerra civile a due anni esatti dal colpo di Stato
da Chiang Mai (Thailandia)
Aziende di mezzo mondo aiutano la giunta militare al potere con un colpo di Stato dal febbraio 2021 a fabbricare armi in Myanmar. In particolare armi leggere, che poi vengono usate contro la popolazione civile.
A denunciarlo è un recente rapporto redatto dal Consiglio consultivo speciale sul Myanmar (Sac-M), formato da ex alti funzionari delle Nazioni Unite.
Tra questi Yanghee Lee, l’ex relatore speciale Onu sui diritti umani nel Paese asiatico, Chris Sidoti e Marzuki Darusman, che facevano parte della missione internazionale indipendente di accertamento dei fatti delle Nazioni Unite sulla Birmania.
Guerra in Myanmar: armi prodotte grazie ad aziende estere e utilizzate contro i civili birmani
Il documento, molto dettagliato, rileva che aziende legalmente domiciliate in Israele, Cina, Singapore, India, Giappone, Corea del Sud, Corea del Nord, Russia, Ucraina, Francia, Austria e Germania forniscono macchinari, software e materie prime che poi vengono utilizzate dai militari per produrre armi da usare all’interno del Paese.
«Il Myanmar non è mai stato attaccato da un Paese straniero e non esporta armi», ha spiegato Yanghee Lee. Nonostante questo, «dal 1950 ha fabbricato le proprie armi da usare contro la propria gente», ha aggiunto.
Attualmente «le forze di sicurezza sono armate con una varietà di armi da fuoco prodotte localmente, inclusi fucili di precisione, fucili semiautomatici MA-14, un replica degli Uzi BA-93 e mitragliatrici BA-94», si legge nel rapporto. Ma anche «mirini ottici per lanciarazzi, bombe a guida di precisione, granate a razzo antiuomo, sistemi di artiglieria di grosso calibro e di difesa aerea, missili e lanciatori».
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Società di mezzo mondo complici dei massacri della guerra in Myanmar oggi
«Le aziende straniere permettono all’esercito del Myanmar – uno dei peggiori violatori dei diritti umani al mondo – di produrre molte delle armi che utilizza per commettere atrocità quotidiane contro il popolo del Myanmar», ha precisato Yanghee Lee.
«Queste società e i loro Stati di origine hanno la responsabilità morale e legale di garantire che i loro prodotti non facilitino le violazioni dei diritti umani contro i civili in Myanmar. Se non lo fanno, si rendono complici dei barbari crimini dell’esercito del Myanmar».
Tra le cause di tanta violenza anche le aziende straniere che aiutano l’esercito birmano nella produzione di armi
Secondo il documento, le materie prime, come rame e ferro, arrivano prevalentemente dalla Cina e da Singapore. Micce e detonatori, invece, da aziende indiane e russe. Mentre i macchinari utilizzati sono prodotte in Germania, Giappone, Stati Uniti e Ucraina. I software all’avanguardia da Israele e Francia.
Mentre alcune società a Singapore sembrano essere un intermediario per gli acquirenti militari del Myanmar e fornitori esterni. «L’assenza di sanzioni taiwanesi sul Myanmar sembra faciliti questo tipo di transazioni e spedizioni da e verso il Myanmar per l’esecuzione di manutenzioni critiche», spiega il rapporto.
Per gli ex funzionari delle Nazioni Unite, parte dell’attrezzatura utilizzata per fabbricare armi arriva dall’Austria. In particolare macchine ad alta precisione per la produzione di canne di fucili sono prodotte da una società austriaca. E quando hanno bisogno di manutenzione vengono spedite a Taiwan, dove, secondo quanto si legge, vengono ripristinate da tecnici dell’azienda europea e inviate nuovamente in Myanmar.
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Le (poche) sanzioni internazionali non fermano la produzione di armi nell’ex Birmania
Per molti decenni il Tatmadaw – l’esercito del Myanmar – è stato soggetto a una serie di sanzioni internazionali, ma non ha fermato la sua produzione di armi interna. Secondo il documento redatto da Sac-M, il numero di fabbriche si sta moltiplicando di anno in anno. Nel 1988 erano solo 6, oggi siamo a circa 25.
Questo è potuto accadere perchè «le sanzioni internazionali sono state molto incostanti», ha spiegato Chris Sidoti.
«Non ci sono state sanzioni imposte dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma solo da singoli stati o gruppi di stati. Quindi è stato relativamente facile per molte aziende evitarle e rivolgersi a altre società in paesi che non impongono sanzioni o trattando con intermediari locali del Myanmar», ha aggiunto.
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Aung San Suu Kyi condannata al carcere a vita
Lo scorso dicembre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione dove viene chiesto alla giunta guidata dal generale Min Aung Hlaing di liberare tutti i prigionieri politici, inclusa la deposta consigliera di Stato Aung San Suu Kyi e si sollecita alla fine delle violenze nel Paese.
Nonostante questo, pochi giorni dopo, la Suu Kyi è stata condannata ad altri 7 anni di carcere. L’ulteriore pena alla presidente della Lega Nazionale per la Democrazia (Nld) – premio Nobel per la pace nel 1991 – in un processo farsa che si è svolto a porte chiuse, ha messo fine agli innumerevoli procedimenti penali formulati a suo carico dopo il golpe. E, di fatto, la costringono al fine pena mai.
Guerra civile in Myanmar oggi: oltre 11 mila morti
Secondo il Governo di unità nazionale (Nug), il governo clandestino che si è costituito dopo il colpo di Stato del primo febbraio 2021, le vittime del conflitto in atto nel Paese sarebbero oltre 11 mila fino ad oggi. Ma i numeri potrebbero essere molto più alti, perchè è difficile fare una conta reale. La guerra civile si sta espandendo in tutto il Myanmar, soprattutto nelle regioni etniche Karenni, Kachin, Karen e Arakan.