Rischio nucleare: per gli scienziati mancano 90 secondi alla catastrofe
Cresce la possibilità di una catastrofe nucleare nel mondo. E anche l'Italia diventa un possibile bersaglio. Ecco l'allarme lanciato dagli scienziati e l'analisi della Rete Italiana Pace e Disarmo
La catastrofe nucleare non è mai stata cosi imminente. Lo sostengono gli scienziati del Bollettino degli Scienziati Atomici (Bulletin of Atomic Scientists) che, in considerazione della situazione internazionale, hanno spostato in avanti di dieci secondi le lancette del Doomsday Clock, l’Orologio dell’Apocalisse. Siamo a 90 secondi dalla mezzanotte, cioè dall’apocalisse.
Mai, nei 75 anni della storia dell’Orologio, eravamo stati così vicini alla catastrofe globale per l’umanità: l’Orologio era stato portato a 100 secondi dalla mezzanotte nel 2020 e negli anni scorsi, nonostante il dilagarsi nel mondo della pandemia da Covid-19, era rimasto fermo.
Rischio nucleare: la guerra Russia – Ucraina, ma non solo
I motivi principali che hanno portato gli scienziati ad avvicinare le lancette dell’Orologio creato nel 1947 all’ora dell’apocalisse sono la guerra tra Russia e Ucraina, con il rischio collegato che vengano usate armi nucleari, e i cambiamenti climatici. Ma vi sono anche altri fattori, come la disinformazione e le tecnologie distruttive che si sono diffuse negli ultimi anni.
«Stiamo vivendo in un periodo pericoloso senza precedenti e il tempo dell’Orologio dell’apocalisse rispecchia questa realtà», ha spiegato Rachel Bronson, presidente del Bulletin of the Atomic Scientists.
«Novanta secondi è il valore più vicino alla mezzanotte che sia mai stato stabilito ed è una disposizione che i nostri esperti non prendono alla leggera. Il governo degli Stati Uniti, gli alleati della Nato e l’Ucraina hanno una moltitudine di possibilità per dialogare. Sollecitiamo i capi di Stato a fare di tutto per riportare indietro l’orologio», ha aggiunto.
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Chernobyl, Zaporizhzhia e i rischi delle armi nucleari
L’invasione della Russia in Ucraina ha sollevato profondi interrogativi sulle modalità di interazione tra gli Stati, erodendo le norme di condotta internazionale che sono alla base di risposte efficaci a una serie di rischi globali. La Russia ha inoltre portato il conflitto nei pressi dei siti dei reattori nucleari di Chernobyl e Zaporizhzhia, violando i protocolli internazionali e rischiando il rilascio di materiali radioattivi.
«I rischi per l’umanità sono molteplici, ma il più immediato e catastrofico è il pericolo proveniente dalle armi nucleari, con un’azione di guerra, ma anche solo con un errore di interpretazione da parte di una potenza nucleare, specialmente in queste condizioni di tensione elevatissima causata dal prolungarsi e aggravarsi della guerra in Ucraina», ha commentato Lisa Clark, vicepresidente dei Beati costruttori di Pace e referente per il disarmo nucleare della Rete Italiana Pace e Disarmo.
«Il dovere di tutti noi, e soprattutto quello dei decisori politici degli Stati, è fare ogni sforzo per smantellare e mettere al bando le armi nucleari e per perseguire tutte le strade che possono aprire la porta a negoziati di pace».
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Rischio nucleare Italia: le nuove bombe a Ghedi e Aviano
È in questo scenario che stanno per arrivare dagli Stati Uniti anche a Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone) le bombe nucleari di “nuova generazione” B61-12. Sostituiranno le vecchie B61-11 dislocate da anni nelle basi militari in Belgio, Germania, Paesi Bassi, Turchia e Italia nell’ambito della cosiddetta dottrina del nuclear sharing, la “condivisione nucleare” della Nato.
Vengono definiti “ordigni nucleari tattici”, ma non sono meno pericolose delle “bombe nucleari strategiche” presenti negli arsenali di Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord.
La “potenza regolabile” della nuove B61-12 varia da 0,3 a 50 chilotoni, cinque volte superiore alla bomba di Hiroshima. Ma – segnalano Rete Pace e Disarmo e Campagna Ican – possono esplodere sotto la superficie terrestre aumentando così la loro capacità distruttiva fino a raggiungere l’equivalente di un’arma a scoppio in superficie con una resa di 1.250 chilotoni, cioè circa 83 bombe come quella usata a Hiroshima.
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Oggi l’Italia è un possibile bersaglio nucleare
Tutto questo rende Ghedi e Aviano, ma di riflesso anche Brescia e Pordenone, possibile bersaglio nella guerra nucleare. Una eventualità oggi non più così remota: in questi mesi le autorità russe hanno manifestato la possibilità di impiegare bombe nucleari tattiche in Ucraina.
Per tutta risposta, l’amministrazione di Joe Biden ha deciso di mantenere in vigore la possibilità di utilizzare per primi gli ordigni nucleari, rinunciando così ad introdurre la regola del No first use. Non solo: il rapido mutamento dello scenario mondiale sta portando a giustificare anche l’uso preventivo delle armi nucleari per difendere quello che i vertici americani ed europei definiscono l’“ordine basato sulle regole”.
Le bombe nucleari, anche quelle “tattiche”, non possono quindi più essere considerate uno strumento di mera deterrenza, ma espongono le popolazioni dei territori in cui sono stoccate ad essere bersagli del “primo colpo” o di ulteriori ritorsioni.
Trattato di proibizione delle armi nucleari: Italia, ripensaci
Queste armi nucleari arrivano in Europa nel momento di maggiore tensione nucleare nel continente, nonostante la maggioranza dei cittadini dei Paesi europei che le ospitano sostenga la necessità di eliminarle aderendo al Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw).
Per tutti questi motivi, la Rete Italiana Pace e Disarmo ha richiamato la necessità di implementare percorsi concreti di disarmo nucleare, nell’ambito della mobilitazione Italia, ripensaci. Una strada che è tracciata dai contenuti del Trattato di proibizione delle armi nucleari Tpnw e dalla Dichiarazione di Vienna, approvata per acclamazione e con pieno consenso, che ha dimostrato l’esistenza di una nuova alleanza globale che utilizza il quadro di riferimento del Trattato Tpnw per ridurre i rischi di guerra nucleare, definendo passi concreti e collettivi per porre fine all’era delle armi nucleari.
L’Italia, che nella sua Costituzione «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», non può rimanere indifferente a questo percorso e al processo di distensione che il Trattato internazionale promuove per liberare il mondo dalla minaccia di distruzione globale.