Repubblica Democratica del Congo sempre più vicina a una guerra su vasta scala
La Repubblica Democratica del Congo rischia di essere travolta da un conflitto regionale. All'origine tensioni etniche, lotte per il potere politico e interessi economici legati alle enormi risorse minerarie. Ecco qual è la situazione oggi nel paese africano
L’Africa sta per essere travolta da una guerra su larga scala che rischia di destabilizzare tutto il continente. Negli ultimi giorni la situazione nella Repubblica Democratica del Congo è precipitata, portando a un livello di tensione politica e militare che non si registrava da decenni.
L’esercito ribelle degli M23, un gruppo formato principalmente da guerriglieri tutsi e supportato dal Rwanda, dopo 10 anni di inattività ha ripreso la via dei monti e in breve tempo ha conquistato villaggi di frontiera e centri nevralgici della regione mineraria del Nord Kivu.
Il governo di Kinshasa (Congo) ha apertamente accusato il governo di Kigali (Rwanda) di supportare gli insorti.
Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, ha dichiarato che i ribelli sono equipaggiati come un esercito regolare e che quindi i caschi blu sono in difficoltà nel contrapporsi alla loro offensiva.
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L’esecutivo di Kinshasa annuncia la mobilitazione totale
L’esecutivo congolese di Félix Tshisekedi ha dichiarato la mobilitazione totale in tutto il Paese, invitando i giovani a prepararsi a combattere per la patria.
Sembra che il tempo della diplomazia, nella Repubblica Democratica del Congo, sia finito. Tanto che il portavoce dell’esercito della Repubblica Democratica del Congo, il maggiore generale Sylvain Ekenge, ha dichiarato:
«La nazione è in pericolo e ha bisogno dei suoi degni figli e figlie che la servano sotto la bandiera, per difendere l’integrità del territorio. Le forze armate della Repubblica Democratica del Congo stanno già reclutando un gran numero di giovani per prestare servizio sotto la bandiera. Mentre parlo, ce ne sono più di 2.000, solo a Goma».
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Guerra in Congo: chi sono gli M23
I ribelli che oggi hanno preso il controllo di alcuni centri nevralgici dell’est del paese, come la città frontaliera di Bunagana, da cui transitano la maggior parte delle merci tra Congo e Uganda, oltre a posizioni strategiche tra le quali la caserma di Rumangabo, il centro di Rutshuru e la municipalità di Kiwuanja, non sono attori nuovi sul proscenio della storia recente della Repubblica Democratica del Congo.
Gli M23, che prendono nome dagli accordi siglati tra i ribelli del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp) e l’esecutivo congolese il 23 marzo del 2009, nel 2012 scatenarono l’ultima guerra su ampia scala nelle regioni orientali del Paese, arrivando a occupare e prendere controllo del capoluogo del Nord Kivu, Goma.
La ribellione, all’epoca guidata dal generale Sultani Makenga, rivendicava maggiori diritti in ambito civile e militare per i tutsi congolesi e anche in queste ore gli insorti hanno dichiarato di combattere per la comunità dei tutsi, discriminata ed emarginata nella società del Congo.
Cosa sta succedendo nella Repubblica Democratica del Congo: a un passo dalla guerra con il Rwanda
Il governo di Kinshasa accusa quello di Kigali di appoggiare la ribellione, mentre il Rwanda, a sua volta, attacca dichiarando che l’esecutivo di Tshisekedi supporta la milizia Fdlr, gruppo composto dagli esecutori del genocidio del Rwanda del 1994 e che da oltre vent’anni opera nelle zone montuose al confine tra i due stati (leggi anche Genocidio Rwanda: i segreti di Kagame).
I leader dei due paesi non si sono risparmiati stoccate nemmeno dal palco delle Nazioni Unite e sono in molti tra analisti e giornalisti locali a pensare che dietro l’escalation militare ci sia la longa manu di attori regionali e internazionali che vogliono accaparrarsi il forziere congolese.
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Il ruolo dei minerali nella guerra in Congo oggi
Il Congo non solo è il Paese più ricco di materie prime al mondo, ma nel suo territorio sono presenti anche giacimenti di cassiterite, coltan e terre rare. Tutti minerali necessari per l’elettronica, le nano tecnologie e la transizione ecologica. In un momento cruciale per quel che riguarda l’energia a livello globale, il Congo si infiamma.
Per la politica africana, dopo la salita al potere di Tshisekedi il rapporto tra Rwanda e Congo sembrava migliorare, dopo che Kinshasa aveva consentito alle truppe dell’Uganda di entrare nel suo territorio per sedare l’insurrezione islamista degli Adf e in seguito alla richiesta fatta dal presidente congolese all’Eac (East African Community) di schierare un contingente di truppe africane sul territorio congolese, ad eccezione di quelle ruandesi, per pacificare le regioni orientali. Ma le relazioni tra i due vicini ora sono drasticamente peggiorate.
Il Kenya intanto si è già dichiarato pronto a inviare i suoi uomini, l’Uganda traccheggia e mantiene una posizione ondivaga e il Rwanda da febbraio a oggi ha alzato i toni dello scontro minacciando l’intervento armato.
Il rischio è quindi quello di un conflitto esteso e che coinvolge altri attori africani come avvenne dal 1998 al 2003, ma non bisogna dimenticare che in Congo si nascondo anche gli interessi delle principali potenze mondiali: Cina, Usa, Gran Bretagna, e ora anche Russia, che ha annunciato di essere pronta a inviare gli uomini della Wagner, sono tutti coinvolti nella regione dei Grandi Laghi e hanno interessi nel settore estrattivo.
Profughi e manifestazioni: la situazione attuale in Repubblica Democratica del Congo
Al momento le ostilità hanno provocato lo sfollamento di circa 183.000 persone nel solo Nord Kivu e flussi di profughi continuano ad affluire alla frontiera ugandese e tendopoli spontanee sono sorte nella città di Goma.
Giornalisti locali contattati da Osservatorio Diritti raccontano che ora Goma è attraversata da manifestazioni continue contro la presenza della missione dei caschi blu e contro il Rwanda e migliaia di giovani, molti dei quali ragazzi di strada che non hanno lavoro né prospettive, si stanno arruolando come volontari in gruppi armati nati dopo l’invito alla mobilitazione fatto dal leader congolese Tshisekedi.
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Nazioni Unite pronte al ritiro: si rischia una guerra regionale
La crisi umanitaria si teme possa aggravarsi di ora in ora. Ad oggi gli sfollati interni in Congo sono oltre 5 milioni e in questa situazione di crisi umanitaria e precarietà politica ha fatto scalpore la notizia che l’esecutivo di Kinshasa sta valutando di approvare la legge finanziaria che prevede un incremento del 300% del budget destinato alla difesa per il 2023.
Se a questa notizia si aggiungono le parole della rappresentante speciale delle Nazioni Unite in RD Congo, Bintou Keita – che ha dichiarato che i caschi blu si ritireranno dal Paese entro il 2024 – ecco che allora le previsioni sul futuro prossimo dello stato africano appaiono fosche e inquietanti.
Il rischio di una guerra regionale sembra essere sempre più concreto e il Congo, in un momento di crisi energetica globale, rischia quindi di divenire, ancora una volta, il teatro di massacri e orrori compiuti sulla pelle dei civili e in nome degli interessi minerari.