
Difensori dei diritti umani sorvegliati speciali in America Latina: lo rivelano gli hackattivisti di Guacamaya
Il collettivo Guacamaya ha hackerato i sistemi militari e di polizia di Cile, Colombia, Salvador, Perù e Messico, denunciando come le forze armate monitorino in modo speciale le attività di organizzazioni della società civile e difensori dei diritti umani
«Gli eserciti militari e le forze di polizia sono la garanzia del predominio dell’imperialismo nordamericano», afferma il manifesto di Guacamaya che nel suo profilo Twitter si descrive come «hackttivista latinoamericano, difensore del cambiamento climatico, della libertà d’espressione e della piena democrazia».
L’ultimo cyber attacco del collettivo di hackers che opera in America Latina ha colpito il Messico. Milioni di email e documenti militari dal Messico di un server della Segreteria della difesa nazionale (Sedena) sono stati resi pubblici: 6 terabyte di informazioni interne e riservate (il triplo di quelle divulgate con i Pandora Papers).
Più di 4 milioni di email collocate in un periodo storico che va dal 2010 al 2022, che darebbero conto anche di come l’attuale segretario alla Difesa messicano, Luis Cresencio Sandoval González, stia cercando di garantire impunità ai militari implicati nel massacro dei 43 studenti di Ayotzinapa.
Nei documenti emergono anche prove di come il direttivo del Sedena fosse a conoscenza di abusi sessuali commessi da militari nei confronti di soldatesse e civili e del fatto che membri delle forze armate vendessero armi ai gruppi del crimine organizzato.
Leggi anche:
• La Dichiarazione universale dei diritti umani dal 1948 ai nostri giorni
• El Salvador: la lotta alla criminalità passa per la sospensione dei diritti

Difensori dei diritti umani in America Latina: cosa emerge dai leaks in Cile, Colombia, Salvador e Perù
Le forze armate messicane sono state però solo le ultime vittime di Guacamaya (nome che viene dai grandi pappagalli dai colori vivaci e con lunghe code famosi in America Latina), che hanno cominciato i loro attacchi informatici a inizio 2022 in Cile.
Nel paese sudamericano hanno recuperato 300.000 documenti riservati dello Stato maggiore congiunto della difesa nazionale cilena (Emco) denunciando le spese delle operazioni militari nella regioni del Bío Bío e della Araucanía, sotto la presidenza dell’ex presidente Sebastian Piñera.
In Colombia Guacamaya ha analizzato più di 300.000 e-mail del Comando generale delle forze armate, dove si legge della visione estremamente negativa che il servizio di intelligenza colombiano aveva della possibile vittoria di Gabriel Boric nelle presidenziali cilene.
Nel Salvador gli hackactivisti hanno avuto accesso a 4 terabyte di documenti della polizia nazionale e 50 gigabyte delle forze armate. In questo enorme flusso di dati si trovano informazioni inerenti al massacro del marzo scorso (dove sono morte 87 persone) in seguito alla rottura della trattativa del governo di Bukele con i leader della bande criminali note nel paese centroamericano come Maras.
Infine in Perù sono stati divulgati 105 gigabyte di informazioni rubate dai server dell’esercito e del comando congiunto delle forze armate. Nei documenti si legge di tre piani di guerra (dal 2018 al 2021) in caso di conflitto con il Cile, strategie di contrasto ai focolai residuali del movimento terrorista Sendero Luminoso e un monitoraggio molto attento alle ong che difendono i diritti umani.
Leggi anche:
• Diritti umani violati: il mondo secondo Human Rights Watch
• Violenza sulle donne: femminicidi aumentati dell’8% nel 2021

Difensori dei diritti umani sotto osservazione in America Latina: la denuncia di Amnesty
Amnesty International è una delle realtà menzionate nei documenti resi pubblici da Guacamaya in Messico e Perù. Il nome dell’organizzazione viene fatto in riferimento all’attività di difesa dei diritti umani che creano una situazione di “tensione e di allarme” per le forze dell’ordine pubblico.
«Il monitoraggio improprio nei confronti delle organizzazioni della società civile individuato nelle fughe di notizie del collettivo Guacamaya è un esempio del contesto ostile in cui operano le organizzazioni che difendono i diritti umani nelle Americhe. Se gli eserciti di paesi come il Messico e il Perù hanno monitorato indebitamente il nostro lavoro per minare la difesa delle vittime di violazioni dei diritti umani, siamo ancora più allarmati dagli attacchi a cui potrebbero essere soggette le nostre organizzazioni sorelle e i difensori dei diritti umani». A dichiararlo è stata Erika Guevara Rosas, direttrice per le Americhe di Amnesty International in comunicato del 7 ottobre.
In Messico il nome di Amnesty viene fatto in riferimento all’accompagnamento che l’organizzazione sta offrendo ai familiari delle vittime del caso di Ayotzinapa, mentre in Perù Amnesty viene citata insieme ad altre organizzazioni (Idl, Derechos Humanos sin Fronteras e CooperAcción) in riferimento alla conflittività sociale che starebbero alimentando a Cusco e Apurímac.
Leggi anche:
• Diritti umani: ecco cosa succede in America Latina e negli Stati Uniti
• America Latina Afrodiscendente: una storia di (R)esistenza
