Honduras, comunità Lgbt sotto attacco

Con Melissa Nuñez sono già 33 le persone del collettivo Lgbtiq+ morte in modo violento nel 2022 in Honduras. Una violenza pubblica, strutturale e accompagnata da una quasi totale impunità. Che ha spinto anche le Nazioni Unite a denunciare la situazione

L’omicidio di Melissa Nuñez  è avvenuto martedì 18 ottobre a Morocelí, dipartimento El Paraiso, centro urbano a circa 60 km dalla capitale dell’Honduras, Tegucigalpa.

L’attivista è stata attaccata da alcune persone incappucciate che le hanno teso un’imboscata mentre stava uscendo di casa. Gli assalitori le hanno sparato diversi colpi da distanza ravvicinata, due dei quali alla testa.

Melissa, 42 anni e fortemente impegnata per i diritti della comunità Lbgt,  era rientrata nel novembre del 2021 dagli Usa, dove aveva vissuto per 20 anni.

Violenza contro Lgbt in Honduras: l’Onu chiede la fine dell’impunità

L’Ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) ha condannato il 20 ottobre scorso l’omicidio dell’attivista trans Melissa Núñez, chiedendo alle autorità di svolgere un’indagine «veloce, imparziale ed esaustiva» su questo delitto.

La condanna dell’organizzazione sottolinea che Melissa è la sesta persona transgender uccisa quest’anno nel paese centroamericano e che, secondo i dati riportati dall’ Organizzazione lesbica femminista onduregna Cattrachas, sono già 33 le persone del collettivo Lgbtiq+ morte in modo violento nel 2022.

Inoltre il problema dell’impunità è esteso a tutto il paese, soprattutto quando si tratta di crimini contro i membri della comunità Lgbtiq+. In una video denuncia di Reportar Sin Miedo (Informare senza paura), un mezzo i comunicazione che offre una narrativa diversa rispetto alle persone che si autodefiniscono come «dissidenti sessuali», si parla addirittura di un 91% di impunità per i crimini commessi contro il collettivo.

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Tegucigalpa, capitale dell’Honduras – Foto: MjZ Photography (via Flickr)

Lgbt in Honduras: i dati della violenza

Secondo dati raccolti dall’Associazione Kukulcán e pubblicati da Expediente Público, rivista centroamericana che si occupa di diritti umani, negli ultimi 18 anni sono state registrate 454 morti violente di membri del collettivo Lgbtiq+ e  di queste 131 riguardano donne trans. 

Inoltre, solo nei primi 7 mesi del 2022 sono stati contabilizzati da Kukulcán 116 episodi di violenza contro la comunità Lgbt onduregna: di questi casi, 13 sono attacchi fisici e ben 22  minacce di morte.

L’Honduras è anche uno dei paesi latinoamericani dove due persone dello stesso sesso non possono legalizzare la loro unione e proprio per questo motivo un numeroso gruppo di organizzazioni della società civile, dopo mesi di silenzio del nuovo governo di Xiomara Castro di fronte alle loro petizioni, ha inviato il 22 settembre scorso  una denuncia ufficiale alla Commissione Interamericana per i Diritti Umani.

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Sfilata per i diritti dei trans a Washington (Usa) – Foto: Ted Eytan (via Flickr)

Honduras, la condanna della Corte interamericana dei diritti umani

La Corte interamericana dei diritti umani (Cidh) aveva già condannato lo Stato dell’Honduras il 26 marzo 2021 per la morte di Vicky Hernández, una donna transessuale e difensore dei diritti umani, giustiziata in via extragiudiziale durante il colpo di Stato del 2009.

Una sentenza senza precedenti nella quale il paese centroamericano è stato ritenuto  responsabile della morte di Hernández,  una persona in situazione di prostituzione e molto famosa a San Pedro Sula per il suo attivismo.

La Cidh aveva sottolineato nella sentenza la partecipazione di agenti statali in quell’omicidio, ma soprattutto aveva denunciato il grave contesto di violenza contro le persone Lgbtiq+ e in particolare contro le donne trans in situazione di prostituzione.

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Foto: alex de carvalho (via Flickr)

Lgbt, cosa succede in America Latina e Caraibi

La situazione della comunità Lgbtiq+ è preoccupante anche nel resto dell’America Latina e nei Caraibi.

Già dal 2016 organizzazioni di difesa dei diritti di persone lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersessuali di diversi paesi della regione hanno unito le forze per realizzare il primo sistema informativo specializzato nella registrazione degli omicidi di persone Lgbtiq+ in America Latina e Caraibi.

Questo sforzo ha prodotto un primo report, reso pubblico un anno fa, dal titolo “Decifrando la violenza in tempo di quarantena: omicidi di lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersessuali in America Latina e nei Caraibi”. Il documento ha contabilizzato 689 uccisioni di persone della comunità Lgbtiq+  in America Latina e nei Caraibi tra il 2019 (319 casi) e il 2020 (370), quasi un decesso al giorno.

I dieci paesi inclusi nello studio sono Bolivia, Brasile, Colombia, Salvador, Guatemala, Honduras, Messico, Paraguay, Perù, Repubblica Domenicana e Nicaragua.

La Rete Regionale di Informazione sulla violenza LGBT, questo il nome ufficiale dell’iniziativa, è formata dalle organizzazioni Colombia Diversa, Cattrachas (Honduras),  Comcavis Trans (Salvador), la Red Nacional de Diversidad Sexual y VIH – Rednads (Guatemala), Letra S, Sida, Cultura y Vida Cotidiana (Messico), Asociación de Travestis, Transexuales y Transgénero – Panambi (Paraguay), Adesproc Libertad (Bolivia), Lifs (Perù), Trans Siempre Amigas – Transsa (Repubblica Domenicana) e Asociación Nacional de Travestis y transexuales – Antra (Brasile).

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