Lavorare in biblioteca: in Italia significa precariato, contratti non adeguati e stipendio risicato
Il sistema degli appalti al ribasso nelle biblioteche impoverisce chi ci lavora e ha effetti negativi sui servizi offerti. Ecco l'esempio di Firenze, dove i lavoratori si sono riuniti in collettivo per difendere il proprio lavoro
Superamento del precariato, riconoscimento delle professionalità acquisite in decenni di lavoro e applicazione del contratto previsto per il settore. È quanto chiedono i lavoratori esternalizzati delle 11 biblioteche comunali e dell’archivio storico di Firenze che, dal 2020, si sono riuniti nel collettivo Biblioarchiprecari e che, da allora, si sono mobilitati con iniziative pubbliche e presidi che hanno ottenuto il sostegno dei cittadini.
A febbraio e luglio hanno scioperato, portando la protesta davanti alla sede comunale di Palazzo Vecchio per chiedere all’amministrazione maggiori garanzie per il loro lavoro.
Sono lavoratori altamente qualificati, laureati o con dottorati, alcuni con 10 o 15 anni di esperienza alle spalle nei servizi bibliotecari cittadini, che lavorano con contratti non adeguati al settore, guadagnano 7/8 euro lordi l’ora e non hanno garanzie per il futuro perché il loro lavoro è legato agli appalti al ribasso che, a ogni cambio, si possono tradurre in tagli di ore e di salario.
Dopo la sospensione durante il lockdown del 2020 (con la messa in cassa integrazione dei lavoratori esternalizzati), l’appalto in scadenza a luglio di quell’anno è stato prorogato, poi affidato direttamente alle stesse cooperative che si sono aggiudicate il nuovo bando pubblicato in primavera.
«Il nuovo appalto è partito a luglio e anche se il ribasso è stato accettabile e siamo riusciti ad ammortizzare il colpo mantenendo i livelli contrattuali, il Comune sta attuando un processo di internalizzazione che ci vede completamente estromessi», dice Alessio Nencioni dei Biblioarchiprecari.
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Lavorare in biblioteca: quanti sono i lavoratori esternalizzati
Non ci sono dati precisi su quanti siano i lavoratori esternalizzati nelle bilioteche. L’ultima indagine dell’Istat (riferita al 2019, quindi a una situazione pre-Covid) parla di 18 mila addetti su 7.425 biblioteche pubbliche e private, di cui 10.738 bibliotecari, ma non distingue tra dipendenti pubblici e privati. Da quell’indagine emerge però che quattro biblioteche su dieci sono aperte solo con il lavoro di personale volontario.
A Firenze, nelle undici biblioteche cittadine e nell’archivio storico, i lavoratori esternalizzati sono più del doppio dei dipendenti pubblici: 109 contro 50, e questi ultimi stanno progressivamente andando in pensione.
Molti dei lavoratori esternalizzati delle biblioteche fiorentine hanno contratti a tempo indeterminato con le cooperative che gestiscono i servizi, in gran parte part-time. Alcuni invece hanno contratti a termine e sono quelli che rischiano di più con i continui cambi di appalto.
«Ma anche chi ha un tempo indeterminato è a scadenza, come un prodotto alimentare», dice Nencioni.
Sì, perché il contratto, pur essendo a tempo indeterminato, segue l’andamento dei bandi con cui il Comune affida i servizi a privati. E se l’appalto è vinto da una cooperativa diversa, non è detto che questa sia tenuta a riassumere il personale.
Nel contratto del commercio, uno di quelli che viene applicato ai bibliotecari e agli archivisti esternalizzati di Firenze, non sono previste infatti le clausole sociali.
«Abbiamo contratti diversi anche all’interno dello stesso servizio e quindi succede che ci ritroviamo a lavorare fianco a fianco con chi svolge le nostre stesse mansioni ma con contratti o livelli diversi perché magari è stato assunto dopo di noi», continua Nencioni.
Eppure, il contratto adeguato al settore ci sarebbe – il Federculture – ma non lo applica nessuno.
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Biblioteche comunali: internalizzati i servizi, non i lavoratori
Una delle richieste dei lavoratori esternalizzati delle biblioteche e dell’archivio storico di Firenze è, fin da quando si sono riuniti in collettivo, il superamento del precariato attraverso un percorso di reinternalizzazione che preveda un punteggio per chi da anni svolge quel servizio presso l’amministrazione pubblica.
«Quello che è accaduto, invece, è che il Comune ha assunto personale amministrativo attingendo da una graduatoria concorsuale per altri ruoli e lo ha inserito nelle biblioteche, lasciando ai precari il compito di formarli e creando non pochi problemi in termini di clima lavorativo e di servizi. Dopo le nostre denunce questo fenomeno è quasi scomparso, ma ci sono due biblioteche, quella del Galluzzo e la De Andrè, che sono state completamente internalizzate. I sei bibliotecari precari, che lavoravano lì da una vita, ora sono stati trasferiti in altre biblioteche e hanno visto svanire da un giorno all’altro l’eccellente lavoro fatto negli anni nella scelta dei libri, nei laboratori, nella promozione della lettura», aggiunge Nencioni.
Lavorare in biblioteca, un servizio appeso a un bando
Il nuovo appalto partito a luglio ha una durata di 20 mesi rinnovabili e prevede la distinzione tra servizi principali di biblioteche e archivi e servizi complementari. Tra questi ultimi ci sono il bibliobus (Firenze è stata una delle prime città ad attivarlo e oggi è presente in tutti i quartieri), corsi di alfaetizzazione digitale, orari di apertura serali, il prestito a domicilio (attivato durante il lockdown), l’apertura pomeridiana dell’archivio.
«Si tratta di servizi che l’amministrazione può attivare o spegnere in base alle risorse disponibili, ma dietro quei servizi ci sono delle persone che lavorano. Per ora sono ripartiti tutti, ma non abbiamo certezze sul futuro. E non sappiamo quali siano le politiche dell’amministrazione per quanto riguarda noi lavoratori esternalizzati. Per questo abbiamo chiesto un incontro con l’assessore», fa sapere Nencioni.
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Non solo Firenze: la situazione nelle biblioteche di Milano, Gorizia e Napoli
Quello che sta accadendo a Firenze non è un caso isolato. In tutta Italia le bilioteche faticano a mantenere un servizio importantissimo a causa di una continua riduzione dell’organico e degli orari di apertura.
Nei mesi scorsi il direttore della Bilioteca Braidense di Milano ha denunciato che negli ultimi 15 anni i dipendenti sono passati da 145 a 33, di cui 2 bibliotecari.
A Gorizia la Bilioteca Isontina aperta da 200 anni rischia la chiusura per il pensionamento dell’ultimo bibliotecario, mentre a Napoli il ministero progetta di spostare la Biblioteca Nazionale da Palazzo Reale al Real Albergo dei Poveri, ufficilmente per darle più spazio ma secondo i lavoratori, che per questo hanno scioperato, per affittare le sale di Palazzo Reale per eventi privati.
Eppure le biblioteche sono servizi essenziali e un presidio fondamentale sul territorio da valorizzare, così come dovrebbe essere valorizzato chi quel servizio lo tiene vivo.
«Negli ultimi due mesi si sono licenziate volontariamente cinque persone. Alcune hanno trovato un altro impiego e se ne sono andate a malincuore perché il lavoro della loro vita era questo. Ma il precariato è una gabbia soffocante che ti porta all’esaurimento», conclude Nencioni.