Musa: apre a Milano il museo della scienza per i diritti umani

Inaugurato il Musa di Milano, il Museo universitario delle scienze antropologiche, mediche e forensi per i diritti umani nato dal Laboratorio di antropologia e odontologia forense dell’Università Statale che intreccia scienza e tutela dei diritti umani. Ne abbiamo parlato con la coordinatrice del progetto, Cristina Cattaneo

«In questo spazio di oltre 400 metri quadrati raccogliamo le vite perdute e disperse per riconsegnare il diritto all’identità e alla salute, quella persa per la violazione dei diritti umani».

A descrivere così il nuovo museo ideato dal Laboratorio di antropologia e odontologia forense dell’Università Statale di Milano (Labanof) è Cristina Cattaneo, coordinatrice del progetto e docente di Medicina legale e Antropologia presso il dipartimento di Scienze biomediche per la salute.

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Cristina Cattaneo al Musa di Milano – Foto: © Laura Fazzini

Musa, un museo che intreccia scienza e diritti umani

Il team della professoressa Cattaneo era presente alla ricostruzione della tragedia del 3 ottobre 2013, quando al largo dell’isola dei Conigli, a Lampedusa, intorno alle 4.30 del mattino morirono 366 migranti. Sempre loro vennero chiamati a ricercare le storie personali delle circa mille vittime della strage del mare il 18 aprile 2015.

Da quegli orrori è nato il bisogno di reagire servendosi della scienza per prevenire le violenze, per spiegare come un corpo martoriato possa allertare sulle possibili violazioni dei diritti umani sui vivi.

Il museo nasce dalla necessità di ridare dignità alle migliaia di morti in mare e in situazioni tragiche, quei morti che ancora oggi spesso non hanno nomi e terre dove essere seppelliti.

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L’obiettivo del Museo universitario delle scienze antropologiche, mediche e forensi per i diritti umani nelle parole di Cristina Cattaneo

L’obiettivo del Museo è diffondere il ruolo delle scienze mediche, antropologiche e forensi nella lotta alla violenza e nella tutela dei diritti umani: tutti sanno che la medicina e le discipline scientifiche curano le infezioni, i tumori e molte altre malattie, ma pochi conoscono il ruolo fondamentale che queste hanno nel contrastare le violazioni dei diritti umani.

Protagoniste sono quindi le discipline che si occupano di studiare il corpo in tutte le sue forme per ricostruire un passato, remoto o recente, attraverso l’esame del cadavere, dello scheletro e del vivente.

«Scienza e medicina, applicate al corpo in tutte le sue forme, diventano un’arma formidabile per contrastare la violenza e tutelare i diritti umani. Questo è il messaggio che il Musa vuole portare, per progettare un futuro migliore anche attraverso una nuova lettura del passato», dice Cristina Cattaneo.

Dalle ossa romane alla tragedia di Linate: in viaggio tra i diritti violati al museo della Statale di Milano

Il lungo viaggio che percorre il fruitore del museo parte della sezione che ricostruisce i passaggi dello studio dei resti umani, da come si presentano alla datazione, alla determinazione del sesso, dell’età, etnia, delle malattie e dei segni di violenza. Un lungo corridoio in penombra costeggia scaffali che contengono le ossa custodite dal museo archeologico di Milano, dall’epoca romana a quella medioevale.

Si arriva alla sezione identità, dove viene trattato l’importante tema del diritto all’identità dei morti. Si ripercorre il tema della perdita ambigua (di chi non sa se il proprio caro scomparso è vivo o morto), dell’identificazione scientifica di resti umani, delle statistiche e del problema dei cadaveri sconosciuti sul territorio nazionale e internazionale, dei disastri di massa (come quello di Linate), con particolare attenzione ai morti non identificati delle migrazioni.

Le video testimonianze dei familiari delle vittime stimola a fermarsi per immergersi nel dolore di chi resta, ascoltare il bisogno di avere un corpo da poter piangere.

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Una targa al Musa di Milano – Foto: © Laura Fazzini

Musa, lo studio dei morti per tutelare i vivi

L’immersione continua attraverso la sala Crime che ricostruisce un luogo del delitto, con tutti gli strumenti per indagare il crimine commesso e la violenza subita.

E si arriva alla sezione Vivi, dove quattro postazioni raccontano, tramite animazioni e video, l’importanza della medicina e delle scienze forensi nella tutela dei vivi, come nei casi di vittime di maltrattamento, violenza sessuale e tortura, sia su umani sia su animali.

La sezione è coordinata con il servizio Soccorso violenza sessuale della clinica Mangiagalli e il servizio veterinario di Milano. «Abbiamo costruito una rete di istituzioni che ora si prendono cura dei più deboli, delle vittime di adesso per preservare dalla violenza estrema, la morte», dice ancora la Cattaneo nella stanza lasciata quasi al buio.

La strage del 2015, l’immersione nel dolore: l’ultima sala del Musa di Milano

Il buio della sezione Vivi serve a rendere ancora più dolorosa l’ultima sala, dedicata alle mille vittime del 18 aprile 2015. Mille morti, per lo più ancora sconosciuti, ritrovati ammassati nel fondo del Mediterraneo dai soccorritori. Corpi a cui Cattaneo e il gruppo del Labanof cercano ancora di restituire nomi e vite, corpi ricostruiti con manichini ammassati dentro uno scafo che ricorda quello ritrovato nel mare e riportato alla luce come testimonianza fisica dell’annientamento dei diritti umani.

Perché lo scopo del Museo è immergere lo spettatore nel dolore del fisico per rendere vivo il bisogno dei diritti umani per tutti, vulnerabili e rifiutati per primi.

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