Ayotzinapa, la verità sui 43 studenti scomparsi nel 2014 frammenta il Messico

Il 26 settembre si sono commemorati otto anni dalla scomparsa dei 43 studenti della scuola Normale Rurale Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa, in Messico. Ma la verità e la giustizia per le famiglie delle vittime sono ancora lontane

Quello di Ayotzinapa è un caso emblematico rispetto al problema della sparizioni forzate in Messico, all’impunità  e alla connivenza delle autorità con i gruppi criminali che tengono in ostaggio il paese dell’America Latina.

Anche grazie a forti pressioni internazionali che hanno appoggiato le mobilitazioni delle famiglie dei 43 studenti della scuola Normale Rurale Raúl Isidro Burgos scomparsi nel 2014, lo Stato messicano negli ultimi 4 anni ha fatto concreti passi in avanti per fare luce su quanto successo.

Sono state create la Commissione per la verità e l’accesso alla giustizia nel caso Ayotzinapa (Covaj-Ayotzinapa), l’Unità speciale per le indagini e il processo del caso Ayotzinapa (Ueilca), che dipende direttamente dalla procura generale della Repubblica.

Ayotzinapa, il ruolo dello Stato nella strage del 2014 cambia con la nuova versione

Proprio la Covaj-Ayotzinapa il 18 agosto scorso aveva presentato una relazione sul caso dei 43 studenti dove viene smentita la versione ufficiale fornita a suo tempo dal governo del presidente Enrique Peña Nieto e dalla procura generale della Repubblica: versione secondo la quale i ragazzi sarebbero stati sequestrati da alcuni poliziotti e consegnati poi a un gruppo di trafficanti locali chiamato Guerreros Unidos.

Dopo questa relazione il governo messicano ha emesso 33 mandati di arresto contro funzionari legati alla scomparsa degli studenti e il giorno successivo (19 agosto) anche Jesús Murillo Karam, procuratore generale della Repubblica all’epoca dei fatti, è stato arrestato a Città del Messico con l’accusa di complicità in sparizione forzata, tortura e intralcio alla giustizia.

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Marcia per gli studenti scomparsi di Ayotzinapa – Foto: Daniel Cima (via Flickr)

Ayotzinapa, scontro nello Stato sul massacro dei 43 studenti del 2014

Il 27 settembre però, proprio il procuratore capo della Ueilca, Omar Gómez Trejo, ha rassegnato le dimissioni, denunciando forti ingerenze nella indagini da parte della procura generale della Repubblica, guidata da Alejandro Gertz Manero.

Il punto centrale dello scontro riguarda l’annullamento da parte della procura generale della Repubblica di 21 degli 83 mandati di cattura richiesti dalla Ueilca lo scorso agosto contro ex funzionari apparentemente coinvolti nella scomparsa dei 43 studenti di Ayotzinapa.

Il fatto risulta ancora più “sensibile” e  sospetto se si considera che tra i 21 ordini di arresto annullati, 16 riguardavano militari accusati di aver partecipato ai fatti di otto anni fa.

Rispetto a questa situazione è arrivata perentoria la dichiarazione della direttrice di Amnesty International per le Americhe, Erika Guevara Rosas:

«I problemi sorti lasciano le famiglie degli studenti scomparsi e la società in generale nella totale incertezza. Le gravi divergenze tra le diverse autorità devono essere risolte per evitare che l’impunità si perpetui in questo caso emblematico per il Messico. È inoltre imperativo mantenere le famiglie degli studenti pienamente informate e al centro del processo decisionale, non solo per la trasparenza che deve essere mantenuta con loro, ma anche per garantire il loro diritto alla verità e ad una riparazione integrale degli enormi danni che hanno subito in questi otto anni».

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Marcia per gli scomparsi di Ayotzinapa – Foto: eyespywithmy (via Flickr)

Le famiglie dei 43 studenti scomparsi in Messico non si arrendono

Le dimissioni di Omar Gómez Trejohanno hanno causato forti reazioni sia dentro sia fuori il paese latinoamericano. Una delle più rilevanti è quella del Gruppo interdisciplinare di esperti indipendenti (Giei), che attraverso il Centro di diritti umani Miguel Agustín Pro Juárez (Centro Prodh) ha fatto sapere che, su richiesta dei familiari delle vittime, continuerà le indagini (il loro lavoro doveva terminare il 30 settembre).

I rappresentati del Giei hanno confermato che non esistono dubbi sulla partecipazione nei drammatici fatti del settembre 2014 dell’organizzazione criminale Guerreros Unidos, così come non esistono dubbi sulla complicità delle Forze armate.

Hanno poi aggiunto uno degli elementi più sconcertanti sorti dalle ultime indagini, elemento scoperto grazie all’accesso ai documenti della Segreteria della difesa nazionale (Sedena) concesso al Giei dal presidente Andrés Manuel Lopez Obrador. Secondo i rapporti recentemente analizzati dagli esperti, almeno fino al 4 di ottobre (8 giorni dopo la sparizione) alcuni degli studenti sarebbero stati ancora vivi e di questo era a conoscenza il 27esimo battaglione dell’esercito di Iguala.

I militari infatti avevano degli infiltrati nel movimento studentesco, un’operazione sotto copertura per conoscere in tempo reale i loro movimenti, L’operazione era basata anche su un sistema di  intercettazioni telefoniche.

Proprio l’analisi delle intercettazioni ha permesso agli esperti di scoprire che fino al 4 ottobre 2014 si parlava di «cosa fare con gli studenti» e «dove portarli»: l’esercito quindi sapeva cosa stava succedendo ad Iguala, ma non ha fatto niente.

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La Commissione interamericana dei diritti umani visita Ayotzinapa – Foto: Daniel Cima/CIDH (via Flickr)

La “spia” Julio César López Palotzin: lo studente numero 43

La storia del militare di fanteria Julio César López Palotzin è la chiusura del cerchio di quanto denunciato dal Giei. Julio César è passato infatti da spia dell’esercito a vittima e anche lui, come gli altri 42, è stato coinvolto nei fatti di Iguala.

Per ben otto mesi la Sedena lo ha addestrato per farlo infiltrare nella Scuola Normale Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa e poter quindi avere informazioni dirette di quanto pianificava il movimento studentesco.

Il giovane militare (classe 1989) faceva parte ormai da 5 anni e nove mesi del 50esimo battaglione di fanteria di Chilpancingo (Stato di Guerrero) quando, 36 giorni dopo essere entrato nella scuola, si è unito al gruppo di studenti che il 26 settembre 2014 è andato a sequestrare degli autobus per partecipare alla marcia del 2 ottobre a Città del Messico (marcia che commemora ogni anno la strage di Tlatelolco, avvenuta nel 1968).

Ora sappiamo che l’esercito era a conoscenza del fatto che lui fosse lì, ma neanche la sua affiliazione militare lo ha salvato dal destino che ha coinvolto gli altri studenti. Oggi Julio César López Palotzin è conosciuto come lo «studente numero 43».

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