Sfida allo Zar. Come ho smascherato Putin e colpito gli affari sporchi dei suoi oligarchi

"Sfida allo Zar. Come ho smascherato Putin e colpito gli affari sporchi dei suoi oligarchi" è l'autobiografia dell’anglo-americano Bill Browder. Nel libro, pubblicato da Chiarelettere, il finanziere vissuto a Mosca per 10 anni racconta la tragica morte del suo avvocato, Sergeij Magnitsky, e la sua vita sotto scorta

“L’agente mi guardò negli occhi e dichiarò «Interpol. Russia» Merda”. Il primo capitolo del secondo libro di Bill Browder, “Sfida allo Zar. Come ho smascherato Putin e colpito gli affari sporchi dei suoi oligarchi“, inizia con il suo arresto ad opera della polizia spagnola nel maggio 2018. Gli viene negato di avvisare il suo avvocato ed è trasportato in uno strano edificio diroccato della capitale. Browder è certo di essere stato rapito dai russi e allora scrive il tweet che lo renderà famoso, scritto dal sedile posteriore dell’auto.

L’autobiografia comincia da questo aneddoto per dare al lettore l’immediata sensazione di pericolo che questo americano tranquillo ha vissuto dal 2005, anno in cui è stato cacciato dalla Russia.

Chi è Bill Browder, l’autore del libro “Sfida allo zar”

Il motivo dell’arresto spagnolo è spiegato dopo poche righe. L’interpol ha emanato una richiesta di arresto (red notice, titolo del primo libro di Browder) da parte della sede russa. L’accusa è di frode, reato che lo stesso Browder ha mosso contro alcuni dipendenti statali russi nel 2008.

Ma chi è questo inglese nato in New Jersey che la Russia ha nel mirino da un decennio? Browder è il creatore di un fondo di investimenti, Hermitage Capital Management, che nel 1996 aveva aperto una sede a Mosca. Browder in poco tempo si era reso conto che le società in cui il fondo investiva venivano depredate da oligarchi russi e funzionari corrotti.

Con il suo team decise allora di scoprire chi si rubava i soldi e dove li reinvestiva. La sua opera di lavaggio dei panni sporchi in casa lo portò ad essere considerato uno dei migliori nel mondo della finanza mondiale, ma anche il numero uno dei nemici dello stato russo. Nel 2005, quando gestiva oltre 4.5 miliardi di dollari in titoli azionari russi, venne espulso dal paese perché considerato minaccia per la sicurezza nazionale.

Leggi anche:
Bill Browder, lo strano caso dell’arresto e dell’immediato rilascio a Madrid
Trump contro Putin: ecco chi viola i diritti umani nel mondo

sfida allo zar bill browder
Bill Browder, autore di Sfida allo Zar – Foto: Chiarelettere

Sergeij Magnitsky, l’avvocato ammazzato in carcere

Browder accompagna il suo libro da foto dei suoi soci russi che ha fatto trasferire a Londra per salvarli o dei suoi persecutori. Decine di visi in bianco e nero che rendono più coinvolgente la sua autobiografia. In tutti i capitoli però non compare il ritratto di Sergeij Magnitskiy, uno dei suoi avvocati russi assunti per difendere il fondo Hermitage dalle perquisizioni della polizia.

Magnitskiy aveva scoperto nel 2008 che il fondo era stato intestato a criminali russi e usato per ottenere un rimborso fiscale fraudolento da 230 milioni di dollari. L’avvocato indagò, scoprendo altri 107 milioni di dollari rubati dagli stessi criminali al Tesoro russo e per questo venne chiamato a testimoniare contro il tenente colonnello Artem Kuznetson.

Il 23 novembre 2008 Magnitskij fu arrestato e 353 giorni dopo morì in carcere per arresto cardiaco. Nel capitolo “Impronte sulla neve, estate 2008 – autunno 2009” Browder descrive tutte le torture subite dal suo avvocato, che perse 20 chili e smise mangiare per dolori lancinanti allo stomaco.

“Come ho smascherato Putin e colpito gli affari sporchi dei suoi oligarchi”: la battaglia di Browder

Nelle successive 300 pagine del libro (360 pagine in tutto), pubblicato in America in aprile e arrivato in Italia grazie alla casa editrice Chiarelettere, Browder fa una cosa sola: «Mettere in pausa il resto della mia vita e dedicare tutto il tempo, le risorse e l’energie che avevo a fare in modo che chiunque fosse stato responsabile della sua morte venisse consegnato alla giustizia».

Decide di costruire un team dedicato al reperimento di tutte le prove sulla morte in carcere e sulla frode dei 230 milioni di dollari incassati a nome del suo fondo. Ma sopratutto decide di colpire il vero mandante dell’omicidio Magnitskiy, il presidente di quella Russia che usa la corruzione come strumento per fare soldi.

Grazie a parlamentari statunitensi come Kyle Parker riesce a costruire una legge che congeli tutti i patrimoni immobiliari ed economici di russi condannati per reati sui diritti umani, chiamata Magnitsky Act, votata nel 2012 dal Congresso americano e approvata dall’amministrazione di Barack Obama nel 2016.

Leggi anche:
La Dichiarazione universale dei diritti umani dal 1948 ai nostri giorni
Bielorussia, nuova ondata di violenze: pena di morte contro gli attivisti

Sfida allo Zar. Come ho smascherato Putin e colpito gli affari sporchi dei suoi oligarchi
Copertina di “Sfida allo Zar” di Bill Browder – Immagine: Chiarelettere

Attentati e appostamenti, 17 anni di scorta

Mentre Browder elenca le azioni compiute per ostacolare la corruzione in Russia, al lettore sorge una domanda: «Come mai lui, nemico numero uno di Vladimir Putin, non è mai stato colpito?». La risposta arriva a metà libro, nel capitolo “L’appostamento ad Aspen“, quando lui lascia la famiglia in vacanze nel Colorado per tornare a lavorare a Londra.

La sua famiglia, descritta con cura attraverso piccoli dettagli sia per la moglie Elena sia per i tre figli, rimane senza scorta e nel giardino si presentano due uomini che chiedono al piccolo dov’è il papà. Se nella prima parte dell’autobiografia l’autore delinea una guerra tra un governo corrotto e un gruppo di avvocati, ora lo scontro è nel privato, diventa intimo. E Browder diventa ancora più maniacale nell’elencare i suoi nemici, i corrotti russi come Dmitrij Klyuev e anche americani, come il repubblicano Dana Rohrabacher, che fa visita più volte a Putin.

Trump, l’uomo di Putin alla Casa Bianca

“Pochi istanti dopo, mi arrivò una mail di mio fratello Tom: «Non venire in America, non sei più al sicuro qui». Ero fottuto”. Così apre i diversi capitoli sull’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, dal novembre 2016. Browder si sentiva sicuro a combattere contro le pressioni russe perché viveva nell’Occidente inviso a Putin, quello che emetteva sanzioni internazionali e bloccava i visti ai russi corrotti. E ora?

Il suo timore fin dal primo giorno del nuovo governo è quello di uno stralcio del Magnitskiy Act. Sempre con uno stile personale, fatto di parole gergali e aneddoti sulla colazione consumata, lo scrittore spiega l’enorme scandalo che la famiglia Trump deve gestire per l’incontro durante la campagna elettorale del 2016 tra il figlio di Donald e una rappresentante del governo russo per decidere come smantellare il Magnitskiy Act.

Il libro fa luce sui rapporti tra Trump e Putin, un’amicizia personale basata sul desiderio dei due di spartirsi favori politici. Browder depone in commissione Giustizia del Senato per spiegare chi sia quella rappresentante del governo russo a casa Trump e come i 230 milioni di dollari di frode siano stati utilizzati per comprare immobili a New York da parte di alcuni russi.

Leggi anche:
Siria, la Russia ostacola l’ingresso degli aiuti umanitari
Testimoni di Geova, Russia condannata dalla Corte europea per persecuzione

sfida allo zar libro
In ricordo di Boris Nemcov, vicepremier del presidente Boris Elsin – Foto: U:Dhārmikatva (via Wikimedia Commons)

Sfida allo Zar, un’autobiografia dedicata agli eroi morti per mano di Putin

Purtroppo, oltre al suo avvocato Sergeij, l’elenco di persone che Browder incontra e poi muoiono è lungo. Un incontro che l’autore ritiene fondamentale per la sua vita è quello con Boris Nemcov, vicepremier sotto il presidente Boris Elsin. I due si erano incontrati a Helsinki nel 2010 ad un pranzo tra dissidenti russi e attivisti, «Mi si avvicinò un uomo sulla cinquantina, sembrava appena sceso da una barca a vela in crociera nel Mediterraneo, ma lo avrei riconosciuto ovunque».

Nemcov, ammazzato a Mosca il 27 febbraio 2015, era diventato un amico e un confidente. Oltre a lui, il testimone Aleksandr Perepilicnij, dopo esser comparso davanti ad un giudice svizzero per descrivere come la famiglia Stepanov avesse riutilizzato parte dei 230 milioni rubati e denunciati da Magnitskij in Svizzera, viene trovato morto avvelenato in un hotel di Parigi.

Sono diversi gli avvelenamenti che costellano il libro. Quello più doloroso per Browder è l’intossicazione ai danni del socio di Nemcov, Vladimir Kara – Murza. Anche lui preso di mira per aver denunciato la corruzione del governo di Putin, viene avvelenato nel 2015 a Mosca e subito il team di Browder lo assiste cercando di analizzare il suo sangue e spedendo un medico israeliano a curarlo.

Fortunatamente un medico interno all’ospedale dove è ricoverato non commette errori o non sottosta alla richiesta di chi lo aveva avvelenato, e in alcune settimane Kara – Murza riesca ad uscire vivo dall’ospedale.

Magnistky Act, la situazione in Italia ed Europa

Vladimir Kara – Murza compare in foto nell’ultimo capitolo del libro, nel letto dell’ospedale di Mosca. L’attivista è stato avvelenato una seconda volta nel 2017, altro pericolo scampato per la tenacia della moglie che lo ha curato e protetto. Kara – Murza però è stato arrestato e messo sotto processo per tradimento giovedì 6 ottobre 2022, lo stesso giorno in cui aveva ricevuto il premio Václav Havel Human Rights. Rischia fino a 20 anni di carcere.

Nel frattempo l’Italia non ha ancora firmato il Magnitskiy Act, come spiega a Osservatorio Diritti Eleonora Mongelli, vicepresidente della Federazione Italiana per i Diritti Umani (Fidu). «Il Magnitskiy Act non è mai arrivato qui da noi, sebbene come Fidu abbiamo da sempre portato avanti una campagna di sensibilizzazione. Roberto Rampi, ex senatore del Pd, ha depositato nel 2019 un disegno di legge in Senato che però non ha mai avuto seguito».

In Europa si è adottato il Global Magnitskiy Human Rights Sanction Regime Act ( hanno firmato Estonia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi e Regno Unito), che però, a differenza di quello statunitense, non contempla il reato corruzione e quindi non si collegano le violazioni dei diritti umani ai crimini di corruzione. «Se Ursula Von der Leyer ha parlato recentemente di includere il tema della corruzione nel sistema sanzionatori europeo, in Italia dobbiamo spingere per avviare una seria discussione in Parlamento. Dobbiamo parlare di corruzione e diritti umani anche nel nostro paese», conclude Mongelli.

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.