Ecuador, le proteste montano dopo il femminicidio di Stato
Il femminicidio di María Belén Bernal Otavalo scuote l'Ecuador. E le dichiarazioni d'indignazione del presidente Guillermo Lasso fanno da eco alle manifestazioni dei movimenti per i diritti delle donne che attraversano il Paese
Domenica 11 settembre María Belén Bernal Otavalo si è recata alla scuola di polizia generale Alberto Enríquez Gallo, situata a Pomasqui, nel nord di Quito, in Ecuador, per portare da mangiare a suo marito, il tenente Germán Fernando Cáceres del Salto.
Nella notte tra sabato 10 e domenica 11 settembre nella scuola era stata celebrata un festa e alcuni testimoni dicono che il tenente Cáceres avrebbe flirtato con la cadetta Josselyn Sánchez (fino ad ora l’unica detenuta del caso).
Tra Cáceres e Bernal sarebbe iniziata una forte discussione che sarebbe presto diventata un vero e proprio pestaggio ai danni di Bernal. Testimoni parlano di 20 minuti di botte e grida di aiuto provenienti dalla stanza di Cáceres: «Qualcuno mi aiuti, mi uccidono», avrebbe gridato disperatamente Bernal.
Nessuno dei circa 20 agenti che secondo i testimoni hanno sentito le urla è intervenuto. Sánchez, testimone chiave del caso, ha dichiarato che dopo le urla di Bernal c’è stato un silenzio improvviso e successivamente ha sentito Cáceres lasciare la camera da letto trascinando un fagotto che faceva rumore mentre colpiva le scale. Cáceres secondo le telecamere della scuola di polizia la notte dell’11 settembre sarebbe uscito due volte. La prima sarebbe rientrato dopo 15 minuti, la seconda dopo circa 4 ore.
Oggi Germán Fernando Cáceres del Salto, resosi irreperibile poche ore dopo la scomparsa di María Belén, è il principale sospettato dell’omicidio e nessuno riesce a spiegarsi come tutto questo sia successo senza l’intervento di alcun poliziotto: prima e dopo l’assassinio.
Il ministero degli Interni dell’Ecuador ha diffuso un messaggio accompagnato da una ricompensa di 20.000 dollari per chiunque possa dare informazioniche aiutino a localizzarlo.
Leggi anche:
• Ecuador: indigeni e governo trovano un accordo dopo 18 giorni di scontri
• Ecuador: carceri tra stragi, sovraffollamento e nuovi scenari criminali
Ecuador, proteste del movimento femminista in tutto il Paese
Migliaia di persone, donne in grande maggioranza, hanno riempito le strade della capitale Quito e di altre città del paese in un moto di commozione e indignazione tra il 21 e il 22 di settembre. Il ritrovamento del corpo di María Belén Bernal Otavalo è stata la miccia per l’esplosione di rabbia di un movimento femminista che da mesi sta prendendo forza nel paese sudamericano e che sempre più vive la piazza con quotidianità.
Cantando le parole dell’inno femminista della messicana Vivir Quintana (Canzone senza paura), hanno chiesto giustizia per la giovane avvocata il cui cadavere è stato scoperto il 21 settembre sulla collina Casitagua, a 10 minuti dalla Scuola Superiore di Polizia dove era scomparsa 10 giorni prima.
«Oggi a noi donne ci tolgono la calma, ci hanno seminato la paura, ci hanno fatto crescere le ali. Ogni minuto, ogni settimana, ci rubano le nostre amiche, uccidono le nostre sorelle, distruggono i loro corpi, le fanno scomparire, non dimentichi i loro nomi, per favore, signor Presidente. Che risuoni forte: vogliamo vivere! Che cada con forza il femminicida!», si ascoltava tra le strade di Quito.
#NiUnaMenos è stato il motto scritto su cartelli, magliette e foulard che venivano branditi nel cielo di Quito. Un messaggio, una denuncia, un grido di rivendicazione nato in Argentina il 3 giugno del 2015 e già diventato un codice internazionale.
Nel frattempo il presidente Guillermo Lasso, in relazione al femminicidio di Bernal, ha chiesto la rinuncia del ministro dell’Interno Patricio Carrillo e destituito due generali: Freddy Goyes, direttore nazionale investigazioni della polizia giudiziaria, e Giovanni Ponce, direttore nazionale sicurezza cittadina e ordine pubblico.
Leggi anche:
• Ecuador: 305 morti nelle stragi in carcere nei primi 11 mesi del 2021
• Banane Ecuador: piantagioni tra diritti violati, abusi e pesticidi
L’analisi dell’Onu dà altra energia alle proteste in Ecuador
Anche la missione Onu presente nel paese ha rilasciato un comunicato il 23 settembre in cui denuncia l’opacità dell’operato della polizia e manifesta la preoccupazione per l’aumento della violenza contro le donne nel paese sudamericano.
«Gli eventi che sarebbero avvenuti all’interno di un istituto di polizia devono essere indagati tempestivamente e in modo indipendente e puniti secondo la Costituzione e la legge. I diritti delle vittime devono, allo stesso modo, essere pienamente tutelati, comprese le misure per la non ripetizione».
Nel comunicato si fa poi riferimento alla grave situazione di violenza sulle donne che imperversa in Ecuador, dove secondo gli ultimi dati ufficiali della magistratura in questi primi 9 mesi del 2022 sono già stati registrati 264 omicidi intenzionali di donne, 59 dei quali classificati come femminicidio.
A questa situazione si è aggiunto l’omicidio, realizzato da sicari, di Édgar Escobar Zambrano, il procuratore che indagava sui casi di femminicidio e i delitti di odio nella città di Guayaquil.
Leggi anche:
• Femicidio numero cento: nomi, volti e storie delle vittime di questo 2021
• Giornata contro la violenza sulle donne: il sistema di contrasto è inadeguato