Diritti Lgbt in Iran, due attiviste condannate a morte

L'accusa per Zahra Sedighi-Hamadani e Elham Choubdar è di corruzione attraverso la promozione dell'omosessualità. Le associazioni per la tutela dei diritti umani chiedono che la sentenza sia ritirata. Nei primi 6 mesi del 2022 in Iran le esecuzioni sono state 251. Ecco qual è la situazione dei diritti Lgbt nel Paese

Alla fine di agosto Zahra Sedighi-Hamadani e Elham Choubdar, attiviste della comunità Lgbti iraniana, sono state condannate a morte dalla Corte rivoluzionaria di Urmia nell’Iran nord-occidentale per «corruzione sulla Terra».

L’accusa è prevista dalla legge penale iraniana e, anche se non contiene espliciti riferimenti all’omosessualità, è stata usata in passato contro persone Lgbti, come riporta il Report 2020 sull’omofobia di Stato di Ilga World, la federazione che riunisce più di 170 organizzazioni per i diritti Lgbti in oltre 160 Paesi del mondo.

Le accuse nei confronti delle due donne sarebbero infondate secondo 6Rang, il network iraniano di persone lesbiche e transgender che chiede il ritiro immediato delle stesse e della sentenza.

«Le autorità della Repubblica Islamica hanno una lunga storia di accuse costruite ad arte nei confronti degli attivisti per giustificare le punizioni corporali. È chiaro che non si è trattato di un processo giusto e che tutte le accuse devono essere ritirate», ha detto Shadi Amin, la coordinatrice di 6Rang.

Anche Amnesty International e altre organizzazioni per la difesa dei diritti umani chiedono che la sentenza e le accuse vengano ritirate.

Iran, condannata a morte una persona al giorno

Le sentenze di condanna a morte nella Repubblica Islamica si sono intensificate negli ultimi mesi. Secondo i dati di Amnesty International, tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2022 sono state condannate a morte e uccise 251 persone, molte delle quali in seguito a processi iniqui.

«Nei primi 6 mesi del 2022 le autorità iraniane hanno eseguito almeno una condanna a morte al giorno. Lo Stato sta portando avanti uccisioni di massa nel Paese in un orrendo attacco al diritto alla vita. Il conteggio delle esecuzioni in Iran per la prima metà di quest’anno ci riporta al 2015, quando ci fu un’altra impennata di esecuzioni», ha detto Diana Eltahawy, vice direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa.

In Iran la pena di morte è prevista per diversi reati, compresi crimini finanziari, stupro e rapina a mano armata. Il Paese è inoltre uno dei sei Paesi membri delle Nazioni Unite che punisce l’omosessualità con pene che vanno dalle frustate alla pena capitale.

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Foto: GGAADD (via Flickr)

Diritti Lgbt in Iran: chi sono Zahra e Elham

Come riferisce 6Rang, Zahra Sedighi-Hamadani ha 31 anni, vive a Erbil, nel Kurdistan iracheno, ha due figli di 12 e 14 anni e ha creato un gruppo Lgbti su Telegram con 1.200 follower in cui pubblicava interviste con i media e faceva dirette in cui parlava dei diritti della comunità Lgbti (è stato chiuso dalle autorità).

Elham Choubdar ha 24 anni, vive nel Kurdistan iracheno ma viaggia spesso verso l’Iran per lavoro. Anche lei aveva un profilo Instagram molto seguito, che è stato disattivato dalle autorità, e appariva spesso nelle dirette che Zahra faceva dal suo account.

A inizio ottobre del 2021 Zahra Sedighi-Hamadani era stata arrestata a Erbil e detenuta per 21 giorni, poi rilasciata. Secondo Amnesty International, la detenzione era da ricollegare al suo aspetto, alla sua identità di genere e alle dichiarazioni sui social in difesa dei diritti delle persone Lgbti, oltre che alla sua comparsa in un documentario pubblicato a maggio dalla Bbc sugli abusi che subiscono le persone Lgbti nella regione del Kurdistan.

Nel documento che Amnesty ha inviato il 25 gennaio all’Ambasciata iraniana presso l’Unione eeuorpea si legge che durante il periodo di detenzione Zahra Sedighi-Hamadani ha subito torture, maltrattamenti, percosse, scariche elettriche e isolamento prolungato. È stata anche minacciata di morte e di vedersi togliere la custodia dei figli.

Prima di decidere di fuggire in Turchia, Zahra aveva registrato un video diffuso da 6Rang in cui diceva: «Voglio che sappiate quanta pressione noi persone Lgbti sopportiamo. Rischiamo le nostre vite per le nostre emozioni. Spero che arriverà il giorno in cui potremo vivere in libertà nel nostro Paese».

Sedighi-Hamadani è stata arrestata di nuovo a fine ottobre 2021 mentre cercava di attraversare il confine con la Turchia, dove pensava di chiedere asilo. Dopo Zahra Sedighi-Hamadani, anche Elham Choubdar è stata arrestata.

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Protesta contro gli omicidi di gay in Iran – Foto: Elvert Barnes (via Flickr)

Corruzione sulla Terra: le accuse alle attiviste Lgbt condannate in Iran

Secondo quanto riferito da Hengaw, l’organizzazione indipendente per la difesa dei diritti umani nelle aree curde dell’Iran occidentale che ha dato la notizia della sentenza di condanna nei confronti di Zahra e Elham, l’accusa per le due donne è di corruzione sulla Terra attraverso la promozione dell’omosessualità e della cristianità e di contatti con media nemici della Repubblica islamica.

In occasione dell’arresto di Zahra Sedighi-Hamadani, le autorità iraniane hanno dichiarato di aver preso la leader di una rete che introduceva illegalmente ragazze e donne iraniane nei Paesi vicini a scopo di corruzione con il sostegno di gruppi omosessuali che lavorano sotto la protezione di agenzie di intelligence straniere. Un’accusa che Amnesty considera pretestuosa e senza fondamento e che, secondo l’organizzazione internazionale, nasce dalla relazione di Zahra Sedighi-Hamadani con altri richiedenti asilo iraniani Lgbti.

Dopo che, a inizio settembre, la notizia della sentenza di condanna a morte delle due attiviste è stata rilanciata sui media internazionali, Mizan (organo di stampa ufficiale della magistratura iraniana) ha confermato la sentenza ma ha smentito che le accuse riguardino l’attivismo e parla invece di una condanna per traffico di donne verso i Paesi vicini.

La mobilitazione internazionale per i diritti Lgbt in Iran

6Rang sta sollecitando tutti gli attivisti, le organizzazioni internazionali per i diritti umani e i media a far sentire la propria voce contro questa condanna ingiusta.

All Out ha lanciato una campagna di raccolta firme che ha superato quota 75 mila. Anche Ilga World e Ilga Asia chiedono che la sentenza sia ritirata e che Zahra e Elham siano rilasciate.

«Siamo furiose per la decisione inumana dell’Iran nei confronti di due attiviste per i diritti Lgbti. Chiediamo alla comunità internazionale di condannare la brutalità di questa punizione e alle Nazioni Unite e a tutte le agenzie internazionali di fare ciò che è in loro potere per prevenire questa atrocità. La sentenza deve essere ribaltata. Zahra e Elham devono essere rilasciate», hanno detto Luz Elena Aranda e Tuisina Ymania Brown, co-segretarie generali di Ilga World.

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