Chemical Bros, la devastazione ambientale del fluoro nel documentario di Mazzotta*

Il documentario Chemical Bros di Massimiliano Mazzotta indaga sulla produzione di fluoro in Italia partendo dalla Fluorsid in Sardegna per arrivare alla Miteni in Veneto. Testimonianze di minatori, pastori ed attivisti denunciano la situazione

Sotto un cielo stellato di domenica 31 luglio, piazza della Costituzione a Villanovaforru, in provincia di Cagliari, si è riempita di oltre 300 persone per la prima proiezione di Chemical Bros, il nuovo documentario di Massimiliano Mazzotta.

Prodotto grazie a Medicina Democratica e a un finanziamento di 23 mila euro della Fondazione Sardegna Film Commission, il documentario si apre con immagini degli anni Sessanta realizzate dai minatori che scendevano a 400 metri di profondità nelle miniere di fluorite nella zona di Iglesias. Minatori intervistati ora, a distanza di sessant’anni, che ricordano i morti per crolli e malattie per guadagnare poche lire.

La fluorite viene lavorata dalla società Fluorsid, della famiglia di Tommaso Giulini, che nel 2019 è stata condannata a bonificare per 22 milioni la zona industriale di Macchiareddu, dove opera dal 1969.

Chemical Bros: trailer del documentario di Massimiliano Mazzotta

La Fluorsid e le indagini nel documentario Chemical Bros

Il documentario Chemical Bros, iniziato nel 2019 e finito nel 2022, si è basato sul materiale di indagine della procura di Cagliari, studiando e analizzando migliaia di intercettazioni dei dirigenti della Fluorsid.

Tra il 2017 al 2019 il Corpo forestale ha indagato su reati come associazione a delinquere, smaltimento illecito di rifiuti e inquinamento ambientale, dopo la denuncia di una veterinaria che aveva confermato la morte per fluorosi di decine di pecore intorno allo stabilimento della famiglia Giulini.

«Grazie a Medicina Democratica abbiamo potuto lavorare sulle telefonate più scottanti di alcuni manager Fluorsid come Pasquale e Michele Lavanga, presidente e direttore dello stabilimento. Dicono chiaramente di vietare riprese dentro lo stabilimento e di continuare a sversare rifiuti all’esterno del polo chimico», dice a Osservatorio Diritti Massimiliano Mazzotta.

Il gruppo di lavoro del regista ha riprodotto con voci di doppiatori sardi le frasi dei Lavanga, a commento delle immagini di un drone che sorvola l’enorme industria. Un volo che si immerge nei fumi del camino bianco e rosso, insegue le ruspe che spostano la polvere bianca e finisce verso i pascoli dove brucano le capre.

Dopo due anni di indagini, il sostituto procuratore Marco Cocco ha ottenuto il patteggiamento per dieci dirigenti e un risarcimento di 22 milioni di euro per la bonifica intorno alla Fluorsid.

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Da sinistra: Massimiliano Mazzotta, Marzia Albiero, Claudio Lupo – Foto: ©Laura Fazzini

L’inchiesta di Medicina Democratica e del regista Massimiliano Mazzotta

Un protagonista del lavoro di Mazzotta è il presidente di Medicina Democratica, Marco Caldiroli, che subito dopo la richiesta di bonifica ha monitorato i campi agricoli e pastorizi limitrofi al polo chimico.

«Io e Marco abbiamo sentito la stessa necessità, tenere alta l’attenzione sulla Fluorsid. Io ho iniziato a cercare i pastori e chi lavora lì intorno. Lavoro difficile ma necessario e i pastori si sono fidati», racconta Mazzotta, che dopo il suo primo documentario del 2009, Oil, sulla contaminazione della SaraS, sempre nel polo chimico di Macchiareddu, è conosciuto dai pastori e ne ha ottenuto la fiducia.

«Fluorsid ci ha offerto 50 mila euro a testa per andarcene, ma noi siamo nati qui, siamo qui da un secolo e non ce ne andiamo», testimonia nel documentario uno dei pastori che ha subìto la maggior parte delle perdite di bestiame. Il drone spaventa le pecore che pascolano intorno allo stabilimento, che corrono via e tornano all’ovile passando sopra rifiuti e un piccolo torrente.

Il lavoro di tre anni di Caldiroli e Mazzotta, sostengono, ha dimostrato come i 22 milioni destinati alla bonifica non siano mai stati spesi. Nessuna opera di rimedio ambientale, riferiscono, è aperta al momento.

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Miniera di fluoro – Foto: su gentile concessione di Life After Oil

Assemini, dove arrivano i rifiuti del fluoro: la denuncia di Chemical Bros

Il drone di Mazzotta vola nel documentario Chemical Bros oltre Macchiareddu e perlustra la zona industriale di Assemini, dove arrivano parte dei rifiuti della Fluorsid. Dove però si lavora anche la birra Ichnusa, simbolo da alcuni anni della Sardegna nel mondo e controllata da Heineken. «Abbiamo raccolto la testimonianza di un cittadino che aveva fatto analizzare campioni della birra per conoscere le quantità di fluoro. Risultati diversi tra due laboratori, uno di Cagliari e uno di Bari, ci hanno allarmati e abbiamo deciso di provare anche noi», spiega Caldiroli nel documentario.

Il limite italiano del fluoro nell’acqua potabile è di 1,5 microgrammo per litro, ma nel campione analizzato da Medicina Democratica, consegnato in una bottiglia senza l’etichetta Ichnusa era arrivato a 27,7 microgrammi. L’associazione allora ha deciso di ripetere le analisi consegnando direttamente una confezione riconducibile all’azienda: il valore di fluoro era sceso sotto il limite nazionale, nello stesso laboratorio e per la stessa birra.

Ad Assemini, si dice sempre in Chemical Bros, la Fluorsid smaltisce parte dei suoi rifiuti, che hanno raggiunto la falda sottostante utilizzata anche dal resto del polo chimico dove opera Ichnusa. La sindaca dimissionaria di Assemini, Sabrina Licheri, testimonia come sia difficile ottenere risposte dalle istituzioni preposte al monitoraggio ambientale, da quelle sanitarie e dalla stessa industria.

Le analisi delle istituzioni e i silenzi di Arpas nel documentario di Mazzotta

L’istituzione preposta al monitoraggio ambientale chiamato in causa dalla Licheri è l’Agenzia regionale di protezione ambientale sarda (Arpas). La falda sotto lo stabilimento nel 2012 era arrivata a 1.280 microgrammi per litro di fluoro, analisi di Arpas, che erano state segnalate al tavolo di lavoro sulla Fluorsid, nato nel 2017 dopo l’avvio delle indagini.

Il dato era stato consegnato anche all’Istituto Zooprofilattico di Cagliari, organo nazionale che monitora il benessere animale destinato al consumo umano.

Una delle testimonianze anonime nel documentario è la voce modificata di un veterinario, trovato a fatica da Mazzotta dopo mesi di richieste all’Istituto. «Ci sono istituzioni che non vogliono vedere, Arpas è connivente con le industrie locali. Le mie domande di approfondire le analisi sugli animali esposti alla contaminazione di quella falda non hanno mai ricevuto risposte dallo Zooprofilattico», sostiene il medico.

Arpas e Istituto Zooprofilattico non hanno mai rilasciato dichiarazioni a Massimiliano Mazzotta per Chemical Bros.

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Stabilimento Miteni – Foto: su gentile concessione di Life After Oil

Il fluoro, l’uranio impoverito e i giovani morti sardi

Dopo aver raccontato la terra contaminata, Mazzotta ha cercato le vittime del fluoro intervistando la madre del soldato Valery Melis, morto a 23 anni nel 2004 per il linfoma di Hodgkin. Marie Claude Melis, che nel 2011 ha ottenuto la condanna del ministero della Difesa e il risarcimento per la morte del figlio, ha spiegato cronologicamente come Valery, in missione in Kossovo tra il 1997 e 2004 (la guerra c’è stata nel 1999), sia rientrato ammalato.

L’uranio impoverito è un’arma considerata da oltre un secolo nociva per chi ne entra in contatto e si ottiene lavorando il fluoro. Il giudice Amato giustifica così la condanna a carico dell’Esercito: «Nonostante fosse stato preavvertito da altro comando alleato, non aveva fornito alcuna informazione del pericolo e dall’altro non aveva adottato alcuna misura protettiva per la salute, così esponendo Valery Melis alla contaminazione».

Pfas, la contaminazione nel Veneto

L’ultimo capitolo del documentario, premiato a CinemaAmbiente di Torino e al Green Montenegro International Film Festival, riguarda la lavorazione del fluoro per ottenere composti destinati all’utilizzo quotidiano.

L’avvocato Edoardo Bortolotto ricostruisce come sono nate le sostanze perfluoroalchiliche negli Stati Uniti, arrivando nella provincia di Vicenza, all’industria Marzotto, negli anni Sessanta.

Le sostanze, in sigla Pfas, secondo quanto detto, sono state rilasciate nella falda sottostante lo stabilimento Miteni, della potente famiglia Marzotto, fino a contaminare le reti potabili delle province di Padova, Vicenza e Verona.

In cinque giorni Mazzotta ha raccolto testimonianze di attivisti con la telecamera a mano. «Ci si può immaginare come sia difficile fare un caffè non potendo utilizzare il rubinetto di casa», commenta Alberto Peruffo di Pfas.land.

Marzia Albiero, della Rete Gas Vicenza, sottolinea  il rischio di intossicarsi di Pfas attraverso gli alimenti. «La falda alimenta la nostra agricoltura, mangiamo cibo che è esposto alla contaminazione e nessuno ci avverte del rischio».

Il drone vola sulla Miteni, così come viene ripreso lo scarico nei canali che finiscono nei campi agricoli. «I Pfas vengono diluiti con acqua pulita destinata ai nostri campi. La chiamano vivificazione, è un termine di Arpa Veneto», dice Michela Zamboni indicando un lungo scolo nero che si insinua dentro acqua pulita. «Quando senti vivificazione pensi alla vita, quindi a qualcosa di bello. Ma qui si deve parlare di morte, per noi e l’ambiente», insiste Michela Piccoli, che dal 2017 si batte con il movimento Mamme NoPfas per ottenere prevenzione sanitaria e cure.

Il rischio sanitario è spiegato da Claudio Lupo e Francesco Bertola, Medici per l’Ambiente Isde, e Annibale Biggeri, epidemiologo. «I Pfas interferiscono con il sistema ormonale portando a patologie e tumori che iniziano dal feto».

Mazzola conclude la parte sul Veneto con gli occhi di Elisabetta Donadello, seduta vicino al fiume Retrone altamente contaminato da Pfas: «Con il mio latte ho avvelenato i miei figli, come dovrei sentirmi?».

Chemical Bros, il silenzio delle sale cinematografiche

Dopo un’ora e un quarto di proiezione e diversi minuti di applausi, Massimiliano Mazzotta ha spiegato le difficoltà della realizzazione. «Ho passato giorni interi ad inseguire veterinari, medici e istituzioni. Nessuno rispondeva, nessuno voleva parlare di Fluorsid» e ha fatto circolare il microfono tra il pubblico.

Il primo ad intervenire è stato il minatore che negli anni Sessanta ha prodotto le immagini della miniera:

«Dobbiamo cambiare la nostra mentalità, denunciare chi ha fatto morire decine di miei colleghi. La cultura, come questo documentario, ci può cambiare».

A chiudere la presentazione è intervenuto il sindaco di Villanovaforru, Maurizio Onnis, che ha parlato del rischio che non venga dato spazio a questo progetto. « È un lavoro scomodo, che molte sale cinematografiche hanno rifiutato. Ma la difesa dei beni comuni come l’ambiente è necessaria e fatta da atti concreti come questo documentario. Se non difendiamo noi stessi non lo farà nessuno».

*In seguito alla pubblicazione di questo articolo, abbiamo ricevuto da Ichnusa la richiesta di pubblicazione della propria posizione in merito a quanto scritto in questo articolo. La versione integrale del comunicato di Ichnusa, in formato PDF, può essere letta cliccando qui.

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