Colombia, ancora un massacro di “falsi positivi”: l’esercito uccide 11 persone

L'esercito della Colombia cerca di sfruttare la disputa tra due gruppi armati nel Putumayo per ottenere risultati militari e finisce per massacrare, ancora una volta, civili innocenti. Si tratta dell'ennesimo caso di "falsi positivi"

Il 28 marzo sarà ricordato in Colombia come il giorno del massacro nella Vereda El Alto Remanso, nel comune di Puerto Leguizamo (dipartimento del Putumayo).

Si trattava di un lunedì di festa e le persone della comunità stavano celebrando riunite in un mercatino, convocato dalla giunta di azione comunale per raccogliere fondi. Un campionato di calcio, una competizione di ballo, vendita di cibo e bevande con il fine di raccogliere quanto necessario per aggiustare una strada del comune.

All’improvviso però diversi uomini armati, cappuccio nero in testa (e senza insegne dell’esercito) si sono fatti strada nel mercatino aprendo il fuoco indiscriminatamente tra i presenti.

In pochi istanti i morti e i feriti si sono contati a decine: leader comunitari e indigeni, minorenni e persone comuni che erano venute a diverstirsi. Tutti vittime di un attacco sanguinario e ingiustificato.

In quel momento tutti hanno pensato di essere vittime di un attacco di uno dei numerosi gruppi armati che si contendono la zona. La Vereda si trova infatti in un punto strategico per i guerriglieri, una zona che prima degli accordi di Pace del 2016 tra il governo colombiano e le Farc-Ep era “il cortile di casa” del fronte 48 della Forza Armata Rivoluzionaria di Colombia – Esercito del Popolo.

Invece no: a fare fuoco erano stati uomini dell’esercito nazionale colombiano. Alcuni testimoni hanno poi dichiarato di aver visto che nelle mani dei morti i soldati hanno collocato successivamente armi e munizioni.

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Murales di uno dei comandanti storici della guerriglia colombiana, Manuel Marulanda – Foto: © Diego Battistessa

Massacro della Vereda El Remanso: la versione dell’esercito colombiano

L’esercito parla di un grande successo strategico militare, nel quale sono caduti degli uomini importanti del gruppo Comandos La Frontera. L’operazione mirava all’uccisione di due obiettivi militari di “alto valore”: Carlos Emilio Loaiza Quiñónez, conosciuto come “Bruno”, e un altro comandante conosciuto come “Managua”.

I soldati avrebbero fatto incursione nella Vereda El Alto Remanso tra le 7 e le 7.30 di mattina. Gridando «tutti a terra , non siamo le forze dell’ordine» (per confondere la acque?), avrebbero avanzato tra i presenti, che a quel punto hanno pensato di essere di fronte a uomini del Fronte “ Carolina Ramírez” delle dissidenza della Farc. Sarebbe poi iniziato uno scontro a fuoco con persone armate presenti nel mercatino, scontro che sarebbe durato poco più di un’ora.

Finita la sparatoria, sarebbe stato fatto atterrare nella zona un elicottero dell’esercito mentre agli abitanti veniva proibito di lasciare le loro case (per questioni di sicuezza) e di avvicinarsi ai cadaveri.

I presenti, scampati al massacro, sarebbero rimasti reclusi per circa 3 o 4 ore mentra la procura generale della Repubblica avrebbe ricevuto notizia dell’accaduto solo alle 14.20.

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Fiume Putumayo, Colombia – Foto: © Diego Battistessa

Colombia, un altro caso di “falsi positivi”

Pochi giorni dopo i fatti però, giornalisti, organizzazioni di diritti umani e media indipendenti si sono uniti in una missione di verifica e si è subito capito che le cose erano andate diversamente da quanto riportato dall’esercito. Ci si trovava, ancora una volta, di fronte a dei “falsi positivi”.

Come abbiamo già raccontato su Osservatorio Diritti, nel gergo militare colombiano, poi adottato da tutta la società civile e dalla stampa, un “positivo” rappresenta l’uccisione di un nemico dello Stato (leggi Colombia: presidenza Uribe, uccise oltre mille persone l’anno dai militari). Nel caso specifico, si riferisce a un guerrigliero delle oggi estinte Farc-Ep. In altre parole, ogni volta che l’esercito colombiano riusciva ad eliminare un guerrigliero, contava un “positivo” in più.

Un “falso positivo” rappresenta quindi una simulazione, una persona che dopo essere stata uccisa dall’esercito colombiano nel corso di un’operazione militare veniva spacciata per guerrigliero, pur non essendo in realtà membro di alcun gruppo armato.

Quando parliamo di “falsi positivi”, si tratta nella stragrande maggioranza dei casi di contadini, indigeni e afrodiscendenti, persone che vivono in zone rurali e spesso in condizioni di particolare vulnerabilità. Cittadini dimenticati dallo Stato e poi uccise dal braccio armato dello stesso Stato per un profitto mediatico, politico o economico (i militari per ogni positivo riscuotono una taglia).

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Ministro della Difesa della Combia, Diego Molano, in visita alla Nato – Foto: NATO North Atlantic Treaty Organization (via Flickr)

“Falsi positivi”, un crimine di lesa umanità

Si tratta del più grande dei 36 massacri già avvenuti in Colombia secondo i dati di Indepaz (Instituto de Estudios para el Desarrollo y la Paz) fino al 24 aprile 2022.

Il principio alla base di casi come quello di Puerto Leguizamo è quello della validità e giustificazione di operazioni militari di “annichilamento” quando ci si trova di fronte a possibili obiettivi militari di “alto valore”, come ad esempio comandanti di gruppi delle dissidenze della Farc. Un principio reiterato dalle autorità colombiane, ma totalmente contrario alla norma del diritto umanitario.

Camillo Gonzaléz Posso, presidente di Indepaz, in un’intervista rilasciata alla stampa locale il 20 aprile scorso, è stato lapidario:

«Hanno sparato contro persone inermi, non c’è stato nessun combattimento, al contrario. Siamo di fronte a un copione prefabbricato per simulare uno scontro con gruppi di dissidenti delle Farc che non c’è mai stato. Non è stata trovata  alcuna prova, alcun bossolo, alcuna arma, niente che possa dare a intendere che queste persone che si trovavano nel mercatino abbiano affrontato la forza pubblica o che fossero in attitudine belligerante».

Nel massacro hanno perso la vita: il governatore indigeno della zona, Pablo Panduro Coquinche (48 anni), il presidente della giunta di azione comunale Divier Hernández (35 anni), sua moglie Ana María Sarrias Barrera (24 anni), Brayan Santiago Pama Pianda (16 anni), Rubén Peña (21 ani), Óscar Oliva (40 anni), Luis Guerrero (32 anni), Enuar Ojeda (23 anni), José Peña (40 anni), Alexander Peña (30 anni) e Jhon Jairo Silva (34 anni).

Questi però sono gli ultimi nomi di una violazione dei diritti umani ripetuta e costante. Il giornale colombiano El Espectador infatti ha descritto nei dettagli come questo non sia il primo caso di “falsi positivi” da attriburie alla responsabilità dell’attuale ministro della Difesa Diego Molano.

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