
Armi italiane: export record nel 2021. E resta il mistero dell’Arabia Saudita
Secondo una nuova versione della Relazione appena pubblicata da Camera e Senato, le esportazioni di armi italiane toccano un record storico nel 2021. Mentre resta da capire cosa sia stato esportato in Arabia Saudita, dove è in vigore un divieto per tipologie come "bombe d’aereo e missili"
Autorizzazioni alle esportazioni militari in calo, ma non per problemi del settore. E nemmeno per una più rigorosa applicazione da parte dell’Autorità Nazionale Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) delle norme stabilite dalla legge n. 185 che dal 1990 regolamenta le esportazioni di armamenti italiani.
La contrazione delle nuove licenze è un effetto della necessità da parte delle aziende di espletare gli ordinativi assunti negli anni scorsi, soprattutto nel nel triennio 2015-2017, quando, con oltre 10,6 miliardi di euro di media annuale, è stato segnato il record storico di commesse militari.
Del resto gli oltre 4,1 miliardi di media di autorizzazioni dell’ultimo quadriennio superano ampiamente i 3,5 miliardi di licenze rilasciate nel periodo 2011-2014. Nessuna crisi, dunque, solo un normale calo fisiologico.
Certificato anche dal fatto che le esportazioni effettive, cioè le consegne di materiali all’estero, hanno raggiunto un record storico di 4.794.025.000 di euro. Un dato, questo, reso noto dalla seconda versione della Relazione pubblicata ieri sui siti di Camera e Senato dopo che avevo dato notizia in alcuni articoli di numerose incongruenze nella relazione dell’Agenzia delle Dogane, in cui le consegne risultavano di soli 225.151.624 euro.
Ascolta “Yemen: industria delle armi europea complice dei crimini di guerra?” su Spreaker.
Esportazioni di armi italiane: in calo le licenze individuali, non quelle globali
Si tratta comunque di un calo – come evidenzia la “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” inviata alle Camere lo scorso 6 aprile (qui i due volumi) – in parte compensato dalle “licenze globali” che riguardano soprattutto progetti militari i cui destinatari sono i paesi dell’Unione europea e della Nato: ai 3.648.843.633 di euro di “autorizzazioni individuali” (cioè per singole licenze di esportazione) vanno infatti sommati i 1.012.348.699 euro di “licenze globali” e “licenze generali” e “intermediazioni” che rappresentano per le aziende uno strumento di semplificazione delle procedure.
Il totale definitivo delle autorizzazioni rilasciate nel 2021 è dunque di 4.661.192.334 euro, in leggero aumento rispetto all’anno precedente (4.647.446.532 euro).
Leggi anche:
• Armi italiane: la metà dell’export va in Nord Africa e Medio Oriente
• Armi italiane all’Arabia Saudita: il blocco non basta, passano per il Regno Unito

Mappa dell’export di armi italiane: primeggiano i Paesi Ue-Nato
Sul calo delle licenze individuali ha influito anche la diminuzione degli ordinativi soprattutto dei Paesi extra-Ue che, con limitate risorse, hanno dovuto fronteggiare la pandemia da Covid-19.
Anche per questo, per la prima volta negli ultimi 6 anni, il valore delle autorizzazioni individuali all’esportazione verso i Paesi Ue e Nato supera quello dei Paesi esterni alle due alleanze politiche e militari dell’Italia: si tratta di 1,9 miliardi di euro (pari al 52,1%), a fronte di 1,7 miliardi (il 47,9%) rilasciati ai Paesi extra Ue-Nato.
Leggi anche:
• Armi all’Egitto: l’Italia continua a venderle, ma manca collaborazione per Regeni
• Armi all’Egitto: Italia punta a commessa del secolo, ma gli attivisti non ci stanno
• Guerra in Yemen: ancora armi italiane ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi

I primi destinatari sono Qatar, Usa, Francia e Germania
Ma anche quest’anno il primo destinatario degli armamenti italiani è un paese del Medio Oriente, il Qatar, che con oltre 813 milioni di euro supera ampiamente Stati Uniti (763 milioni), Francia (306 milioni) e Germania (263 milioni).
Tra i principali acquirenti figurano anche Pakistan (204 milioni), Filippine (99 milioni), Brasile (73 milioni), India (60 milioni), Emirati Arabi Uniti (56 milioni), Malaysia (48 milioni), Arabia Saudita (47 milioni) e l’immancabile Egitto (35 milioni) – che era stato il primo destinatario nei due anni scorsi (leggi Armi italiane: calano (di poco) gli affari dell’export, proseguono le violazioni) – i cui corpi di polizia e enti governativi continuano ad essere riforniti dall’Italia di “armi leggere” tra cui pistole e fucili automatici.
Più di 970 milioni di euro di licenze di esportazione (pari al 26,6%) riguarda l’Africa settentrionale e Medio Oriente: un dato preoccupante considerato che quest’area costituisce una delle zone di maggior tensione del mondo.
Leggi anche:
• Banche armate: ecco perché Osservatorio Diritti aderisce alla campagna
• Commercio di armi: cinque anni di vendite folli a chi calpesta i diritti umani

Revocate le licenze per bombe all’Arabia Saudita
Come riportato da Osservatorio Diritti, nel gennaio dell’anno scorso il governo Conte 2, in ottemperanza a una risoluzione parlamentare (qui il Pdf del testo), ha revocato all’azienda RWM Italia sei licenze di esportazione del valore complessivo 328 milioni di euro relative a “bombe d’aereo e missili” che erano destinate ad Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti in quanto quegli ordigni potevano essere utilizzati per colpire la popolazione civile in Yemen. Una decisione tuttora in vigore che, quindi, non dovrebbe permettere il rilascio di nuove autorizzazioni ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti per tipologie di munizionamento come “bombe d’aereo e missili”.
La Relazione, invece, riporta quasi 45,9 milioni di euro di nuove autorizzazioni per materiali militari destinati all’Arabia Saudita, tra cui figurano anche quelli della categoria “M 004” e cioè proprio “bombe, siluri, razzi, missili ed accessori”: pur incrociando i vari dati non è però possibile sapere il tipo di bombe e l’azienda che ha ricevuto l’autorizzazione.
Simmel Difesa, l’incognita delle bombe
L’azienda Simmel Difesa di Colleferro, che produce tra l’altro proprio bombe e missili, l’anno scorso ha ricevuto un pagamento dall’Arabia Saudita per oltre 21 milioni di euro relativi a un’autorizzazione rilasciata sempre l’anno scorso, ma di cui non è possibile conoscere i dettagli, cioè il tipo di munizionamento.
Ciò significa che, nonostante la revoca delle esportazioni per “bombe e missili”, all’azienda romana potrebbe essere stata concessa l’autorizzazione per esportare in Arabia Saudita munizionamento pesante che potrebbe essere impiegato dalle forze militari saudite in Yemen, anche se non è possibile verificare questa informazione.
Sempre l’anno scorso, Simmel Difesa ha ricevuto licenze per esportazioni per oltre 95 milioni (24,8 milioni nel 2020, 35,6 milioni nel 2019 e 27,7 nel 2018), ma la Relazione dell’Agenzia delle Dogane, nella prima versione inviata alle Camere, stranamente non riportava alcuna esportazione.
Simmel Difesa, quindi, negli ultimi anni ha riportato ordinativi per oltre 180 milioni di euro, l’anno scorso ha incassato 51 milioni di euro, ma – stando ai dati dell’Agenzia delle Dogane
nella prima versione della Relazione – non avrebbe esportato niente (nella seconda versione corretta risultano invece 31.764.801 euro).
Commercio di armi: le associazioni chiedono di essere ricevute
Un mistero – ma non è il solo – su cui è necessario che i parlamentari chiedano spiegazioni al governo. Le associazioni della società civile, da anni impegnate nel controllo del commercio di armamenti, come la Rete italiana pace e disarmo, sono pronte a presentare ai parlamentari altri punti oscuri della Relazione governativa e chiedono di essere invitate per specifiche audizioni.
Le esportazioni di sistemi militari non sono, infatti, materia che riguarda solo le aziende del settore militare, aziende che la presidente della Commissione Difesa del Senato, Roberta Pinotti, si è già affrettata ad interpellare invitando lo scorso 3 maggio per una audizione informale il presidente della Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad), Guido Crosetto.
Le esportazioni militari riguardano la politica estera e di difesa dell’Italia e, per legge, devono essere regolamentate dallo Stato «secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Una faccenda, quindi, che ci riguarda tutti. E da vicino.