Transnistria, lo stato fantasma in Moldavia nella guerra tra Russia e Ucraina

Dall’apertura di un nuovo fronte per l’ingresso in Ucraina a un possibile ricatto energetico dell'intera Moldavia: ecco qual è il ruolo che potrebbe avere la Transnistria nel conflitto in corso tra Russia e Ucraina

di Adele Immediata, Michelle De Stalis

Con l’invasione russa dell’Ucraina si torna a parlare di Transnistria in virtù della sua potenziale rilevanza strategica nella guerra. La regione, situata lungo il confine tra Moldavia e Ucraina sud-occidentale, a ridosso del fiume Dnestr, si autoproclamò indipendente dalla Moldavia nel 1990, divenendo teatro, nella primavera del 1992, di un’aspra guerra che si risolse con un accordo tra Russia, Moldavia e la neocostituita Repubblica Moldava di Pridnestrovie, nome ufficiale della Transnistria.

Venne quindi creata una zona demilitarizzata e le venti località al suo interno continuarono a dichiararsi indipendenti e riunite sotto un unico stato.

La Transnistria è ancora oggi uno stato de facto, non riconosciuto da alcun membro della comunità internazionale – Russia inclusa – né dall’Onu. Una trattativa multilaterale con Russia, Moldavia, Ucraina e i Paesi dell’Organizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa (Osce) venne avviata nel 2005, ma si arenò dopo poco.

Con una popolazione di appena mezzo milione di abitanti, russi (29%), moldavi (28%) e ucraini (23%), e capitale Tiraspol, la Transnistria è dotata di un sistema politico e amministrativo autonomo, proprie leggi, polizia, esercito, frontiere, moneta, bandiera e inno.

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Carrarmato esposto a Tiraspol, Transnistria – Foto: via Pixabay

Transnistria-Russia: storia delle relazioni con Mosca dall’indipendenza a oggi

Fin dalla guerra d’indipendenza negli anni ’90 la storia della Transnistria è stata fortemente segnata dalla presenza russa. In primis, la Russia è ampiamente presente sul territorio transnistriano da un punto di vista militare. La regione, infatti, ospita una base militare russa e, nel villaggio di Covasna, un deposito con 22 mila tonnellate di munizioni, tra i maggiori dell’Europa orientale (nonostante si pensi che molte di esse siano scadute).

Un contingente russo di 1.300 militari, l’Operational Group of Russian Forces (Ogrf), etichettati come forza di mantenimento della pace e presenti in Transnistria dalla fine del conflitto separatista del ‘92, sta a guardia dei depositi di munizioni e agisce in qualità di guardiano della sicurezza nell’area.

A proposito delle forze di pace russe, la presidentessa moldava europeista, Maia Sandu, ha più volte richiesto il ritiro completo ed incondizionato delle truppe russe dal territorio moldavo. Dal 2002, poi, il Cremlino ha cominciato a rilasciare passaporti ai residenti della repubblica secessionista, mossa che ha suscitato le ire di Ucraina e Moldavia.

Inoltre, da un punto di vista politico, nonostante la Russia sostenga finanziariamente l’enclave politica, i lealisti di Mosca hanno subìto una battuta d’arresto nel 2011, quando il candidato affiliato al Cremlino, Anatoly Kaminsky, ha perso le elezioni presidenziali contro Yevgeny Shevchuk, che sosteneva un percorso di indipendenza sia dalla Russia sia dalla Moldavia. Una scelta che, proprio come la stessa repubblica, nessuno riconosce al di fuori della Transnistria.

Tuttavia, dopo l’annessione di Mosca della Crimea nel 2014, anche la leadership della Transnistria ha chiesto la sua integrazione nella Federazione Russa, rifiutata da quest’ultima.

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Ponte in Transnistria – Foto: via Pixabay

Transnistria nella guerra tra Russia e Ucraina

Dopo la recente invasione russa dell’Ucraina, il 24 febbraio 2022, uno scenario inquietante ha cominciato a palesarsi all’orizzonte: è circolata voce che le truppe russe avanzeranno in Transnistria e la useranno come trampolino di lancio per ulteriori operazioni militari in Ucraina, o addirittura per un’invasione della Moldavia.

In particolare, è la recente mobilitazione delle truppe stazionate in Transnistria a destare particolari preoccupazioni. Le truppe di volontari  potrebbero attaccare  dall’entroterra la città di Odessa, a soli 60 km dal confine Moldavo, che si troverebbe così coinvolta su due fronti.

Si tratterebbe quindi di un nuovo fronte  attraverso la Transnistria, il sesto dall’inizio del conflitto. Odessa rappresenta un bersaglio emblematico soprattutto perché, se cadesse, permetterebbe all’esercito russo di avanzare non solo in Ucraina, ma anche in terra moldava, nel disegno di creare un unico corridoio di controllo diretto dal Donbass alle città ucraine meridionali di Mariupol, Kherson, Odessa fino ad arrivare alla Moldavia.

Questo disegno segnerebbe una duplice volontà politico-strategica: da un lato,  aprirebbe la strada a un coinvolgimento di Tiraspol nel conflitto, destabilizzando automaticamente il contesto a livello di quadrante macroregionale; dall’altro, si potrebbe considerare un’ulteriore prova della volontà di Mosca di mantenere i cuscinetti di separazione tra il suo territorio e il resto dei paesi occidentali.

Moldavia, il ricatto delle forniture energetiche

Nel contesto del conflitto in Ucraina, tra tutti gli stati limitrofi la Moldavia è sicuramente il più vulnerabile. Ex repubblica sovietica, non è né stato membro dell’Ue, né della Nato e il governo centrale filoeuropeista della presidentessa Maia Sandu è messo a dura prova dalla presenza militare russa in Transnistria.

Nonostante ciò, lo stato più povero d’Europa ospita il maggior numero di rifugiati ucraini pro capite, con più di 300.000 persone finora accolte.

Ad influenzare la posizione della Moldavia è anche il tema delle forniture energetiche. L’intera repubblica moldava è completamente dipendente dal gas russo: Gazprom detiene infatti il 64% di Moldova Gaz. Un’eventuale interruzione delle forniture energetiche risulterebbe quindi fatale per il paese.

Inoltre, l’unica centrale elettrica nazionale si trova in Transnistria, che acquista un ulteriore valore strategico per Mosca, libera, come già fatto in passato, di sfruttare la dipendenza energetica della Moldavia per esercitare pressione sullo sgradito governo filoccidentale.

A fronte delle recenti minacce di Putin di tagli alle forniture di gas a causa di un debito di circa 709 milioni di dollari contratto con la Russia, il primo ministro moldavo, Natalia Gavrilița, ha dichiarato che mai prima d’ora la Repubblica Moldava «ha vissuto una tale incertezza riguardo al presente e al futuro».

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Tiraspol, Transnistria – Foto: via Pixabay

Legami commerciali Transnistria-Occidente

Seppur filorussa, la regione separatista non rompe completamente i rapporti con Chisinau e l’Occidente, poiché interessata a mantenere le relazioni commerciali. Infatti le autorità transnistriane si sono trattenute dal rilasciare dichiarazioni di sostegno all’invasione di Mosca, forse temendo di mettere in pericolo i legami economici con l’Ue.

Kiev accusa la regione di garantire una solida base ai russi per attacchi sul suo territorio. La Transnistria, dal canto suo, dichiara di non avere mai autorizzato alcun dispiegamento di unità militari russe, che però si muovono in autonomia. Le autorità moldave, che monitorano da vicino la situazione, al momento confermano l’assenza di movimenti significativi di truppe nel territorio.

Tuttavia, per molti la presenza della Russia nella regione è gradita e necessaria, anche se è improbabile che la Transnistria muova guerra all’Ucraina, solido partner commerciale, a meno che Mosca non lo ordini direttamente.

Inoltre, sebbene un maggiore controllo sulla Transnistria rappresenterebbe un vantaggio geostrategico rilevante nel conflitto Russo-Ucraino vista la tendenza filo-occidentale del governo moldavo, la Moldavia è raggiungibile solo creando un collegamento con l’Ucraina del sud, che al momento non è pienamente nelle mani di Mosca.

Lo spettro di una annessione forzata

In Moldavia la tensione è estremamente elevata. A seguito di un attacco con un lanciagranate all’edificio del Consiglio di sicurezza dello stato a Tiraspol e a delle esplosioni registrate lo scorso 26 aprile al centro radiofonico di Mayak, nel distretto di Grigoriopol, il Consiglio di sicurezza della Transnistria ha dichiarato il livello di allerta rossa per terrorismo.

Il presidente della regione moldava, Vadim Krasnoselsky, ha convocato una riunione d’urgenza. La  dinamica degli incidenti, che non hanno causato né morti né feriti, è ancora poco chiara e Mosca e Kiev si accusano reciprocamente.

Le autorità filorusse sostengono che i responsabili del primo attacco occorso a Tiraspol, sarebbero tre attentatori giunti dall’Ucraina. Secondo Kiev, il governo Moldavo e gran parte dell’opinione pubblica occidentale invece gli attacchi sarebbero stati orchestrati dalle forze russe o filorusse presenti in Transnistria,  al fine di creare un pretesto per invadere la Moldavia e trascinare il paese in un conflitto armato. Il tipo di granate utilizzate nell’attentato rientrano tra quelli a disposizione dell’esercito russo e delle forze transnistriane.

A questo si aggiungono indirettamente le dichiarazioni del generale russo Rustam Minne Keyev, il quale aveva citato esplicitamente, tra i piani futuri russi, la possibilità di conquistare le zone attualmente controllate dall’Ucraina e confinanti con la Transnistria, dove secondo lui «ci sono prove che la popolazione russofona è perseguitata». Un pretesto già utilizzato in passato per giustificare la politica estera aggressiva o veri e propri attacchi militari.

Al momento, però, è difficile immaginare un’annessione vera e propria: la Transnistria non è come Donetsk e Lugansk, quella sottile striscia di terra è abitata da cittadini russi che però convivono con moldavi, rumeni e anche ucraini.

Ora il governo moldavo teme che l’indipendenza della Repubblica separatista del Dnestr si possa realizzare, estendendo così il conflitto in Ucraina alla Moldavia. Indipendenza agognata da Chisinau e che adesso potrebbe essere supportata dal Cremlino che, finora, ha sempre ignorato le sue richieste.

Transnistria – Moldavia: la mappa

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