Ecuador: carceri tra stragi, sovraffollamento e nuovi scenari criminali
Il governo dell'Ecuador tenta di arginare un’ondata di violenze nelle carceri tra le critiche di Onu, Commissione interamericana per i diritti umani e ong. Nel 2021 almeno 327 morti: ecco qual è la situazione oggi e quali sono le cause
da Rio de Janeiro, Brasile
Mentre il governo dell’Ecuador si affannava alla ricerca di soluzioni per arginare l’ondata di violenza che da mesi insanguina i penitenziari del Paese, reagendo alle critiche della comunità internazionale, un nuovo scontro nel carcere di Turi causava la morte di almeno 20 detenuti. Mettendo a nudo, ancora una volta, la complessità di una situazione ben lontana da una felice soluzione.
Il combinato disposto di carenze strutturali, abbandono istituzionale, insufficienza investigativa e sovraffollamento impediscono una risposa efficace alle violenze scatenate nell’ambito di un riassetto criminale delle organizzazioni attive nel paese, passato dall’essere un semplice punto di transito a grande hub della distribuzione di cocaina in tutto il mondo.
Molti padiglioni, secondo fonti investigative rilanciate dai media locali, sono controllati da esponenti di primo piano delle reti criminali dedite al traffico di stupefacenti, tra cui elementi legati ai cartelli messicani Sinaloa e Jalisco Nueva Generacion.
Ecuador, carcere Guayaquil: l’epicentro della violenza
Il governo del presidente Guillermo Lasso si trova ad affrontare una preoccupante crisi di sicurezza all’interno dei penitenziari divenuti, sin dallo scorso anno, terreno di scontro tra bande rivali impegnate in regolamenti di conti legati alla lotta in corso per il controllo del traffico degli stupefacenti.
Il totale dei prigionieri uccisi nel 2021 è stato di 327, numero superiore del 587% al dato del 2020, quando 52 detenuti furono assassinati in cella.
Il principale teatro di violenti scontri tra bande rivali è il carcere di Guayaquil, importante città costiera del paese, sempre più al centro delle rotte del narcotraffico. Qui, a fine settembre 2021, si è registrata la peggiore strage di sempre, 119 morti, seguita da un’altra, il 12 novembre, con il bilancio di 68 decessi.
Strage e morti nelle carceri dell’Ecuador
A febbraio 2021 una serie di attacchi simultanei nelle carceri di Latacunga, Guayaquil e Turi, aveva portato alla morte di 79 detenuti, mentre altre 21 morti violente si erano registrate a metà luglio a Guayaquil e Latacunga.
Secondo la procura ecuadoriana si tratta del frutto di una lotta tra bande per «ostentare il potere» all’interno del carcere e della risposta alla decisione delle autorità di trasferire alcuni capi banda in altri centri penitenziari del paese.
Gli scontri sono stati accompagnati da raccapriccianti dirette video effettuate dagli stessi detenuti che chiedevano aiuto alle autorità. Molte delle vittime sono state decapitate, smembrate o arse vive.
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Carceri Ecuador al centro delle richieste della Commissione interamericana per i diritti umani
La delegazione della Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh) ha chiesto alle autorità dell’Ecuador di riprendere il controllo dei penitenziari del Paese che affrontano una situazione di crisi dallo scorso anno. Nel rapporto intitolato “Situazione dei detenuti in Ecuador” la commissione evidenzia le criticità emerse nel corso della visita degli osservatori della Cidh avvenuta tra l’1 e il 3 dicembre 2021.
«Il mancato controllo nei penitenziari facilita l’ingresso di droga e armi nei padiglioni», contribuendo ad aggravare una situazione di «violenze e corruzione senza precedenti all’interno delle carceri», si legge nella relazione.
Dopo le visite presso i penitenziari di Latacunga, Guayaquil e Cotopaxi, gli osservatori della Cidh hanno concluso che la crisi nelle carceri è determinata dall’abbandono da parte dello Stato del sistema carcerario durata anni e dall’assenza di una politica penale globale.
Tra i problemi strutturali sono stati evidenziati «l’aumento delle pene e dei reati che prevedono la reclusione, la politica in materia di droga, l’uso eccessivo della detenzione preventiva, gli ostacoli legali e amministrativi alla concessione di benefici e grazie, nonché le deplorevoli condizioni di detenzione».
L’agenzia ha confermato che le condizioni nelle carceri dell’Ecuador «sono lontane dagli standard interamericani». Per questo ha raccomandato di aumentare il personale di sicurezza e sorveglianza delle carceri, poiché l’attuale personale è «insufficiente» per prendersi cura del grande volume di detenuti.
Ha inoltre sottolineato la necessità di avere garanzie che i detenuti abbiano «condizioni di detenzione compatibili con la dignità umana e il rispetto dei diritti umani», nonché assistenza sanitaria.
Le violenze nei penitenziari ecuadoriani sono finite al centro dell’attenzione del dossier di Amnesty International, secondo cui i decessi sono avvenuti in un contesto di sovraffollamento, abbandono e mancato rispetto dei diritti umani della popolazione carceraria.
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Gli esperti Onu denunciano la situazione nelle carceri
In precedenza, esperti indipendenti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani avevano chiesto al governo dell’Ecuador di affrontare con urgenza la questione della violenza nelle carceri. In una dichiarazione congiunta pubblicata a inizio dicembre (https://brasil.un.org/pt-br/164148-colapso-penitenciario-no-equador-deixa-280-mortos ) gli esperti si sono detti «gravemente preoccupati» per i ripetuti disordini che hanno provocato la morte di così tanti prigionieri e il «rischio concreto» di ulteriori incidenti.
La dichiarazione, firmata dal relatore speciale sulle esecuzioni extragiudiziali, Morris Tidball-Binz, e dal relatore speciale sulla tortura, Nils Melzer, chiede da una parte alla giustizia ecuadoriana di «condurre indagini tempestive, indipendenti e imparziali per stabilire le circostanze di tutte queste morti e, in caso di violazioni, perseguire i responsabili», mentre al governo di Guillermo Lasso, chiede «misure urgenti ed efficaci» per fermare «ulteriori carneficine».
Attualmente il sistema carcerario dell’Ecuador, forte di 65 strutture, ospita circa 39 mila detenuti contro i circa 30 mila posti disponibili. Nei dodici padiglioni del Litoral sono ospitati 8.500 detenuti, il 60% in più di quelli previsti.
Oltre al «grave sovraffollamento», dovuto «alla politica di guerra alla droga altamente punitiva», il documento degli esperti Onu segnala diversi punti di preoccupazione: dai tagli ai fondi del sistema penitenziario alla «mancanza di personale, compresi professionisti formati in settori necessari per la riabilitazione sociale». Secondo l’Onu inoltre, «la disponibilità di armi, la violenza tra bande criminali rivali e la separazione inadeguata dei detenuti nelle carceri hanno ulteriormente aggravato i problemi preesistenti».
Gli esperti denunciano d’altra parte che i rapporti forensi sul numero, sull’identità e sulle cause delle morti dei detenuti sono spesso confusi, provocando «ulteriori sofferenze ai familiari delle vittime».
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Ecuador, il nuovo hub del traffico internazionale di coca
L’aumento degli omicidi sarebbe direttamente legato a un mutamento del ruolo dell’Ecuador nel mercato continentale delle droghe. Da semplice paese di transito, punto di snodo tra Perù e Colombia nonché trampolino marittimo verso Messico e America centrale, l’Ecuador si sarebbe via via trasformato in hub per grandi quantità di merce.
In tale contesto si registra un deciso incremento delle operazioni di polizia che portano a smantellare laboratori per la sintesi delle sostanze. Si tratta di dinamiche che incentivano le guerre tra le nuove organizzazioni, che si fanno largo in un panorama sbloccato fra l’altro dall’erosione del potere dei grandi cartelli di Messico e Colombia.
Le 5.514 armi da fuoco illegali sequestrate nei primi mesi del 2021 sono per le autorità la prova indiretta dell’aumento di conflittualità tra bande alla ricerca di maggiori spazi di mercato.
Nel paese, svelano le diverse indagini condotte dalle forze di sicurezza, esistono diversi circuiti di commercio e produzione di armi. A giugno, nel carcere Litoral oggetto degli ultimi drammatici scontri, era stato smantellato un laboratorio artigianale di armi, da cui uscivano anche pistole con il caricatore a un solo colpo. Strumenti che fuori dalle mura carcerarie verrebbero per lo più usati dalla piccola criminalità di strada.
Ma le immagini registrate dalle telecamere di sicurezza durante la sommossa di fine settembre svelano anche la presenza di armi sofisticate, di produzione industriale, assegnate soprattutto ai detenuti incaricati di controllare la zona dai tetti del penitenziario.
Si tratta di apparecchiature in gran parte provenienti dal sud del continente, ma con un’origine particolare. Secondo un’indagine giornalistica condotta nel 2018 dalla fondazione cilena Ciper, in Cile e Perù si trovano imprese criminali che assemblano le armi con componenti in arrivo dal Texas, appositamente camuffati.
Le misure di Guillermo Lasso per la sicurezza nelle carceri dell’Ecuador
Dopo gli incidenti di settembre 2021, il governo del presidente Guillermo Lasso ha disposto uno stato di emergenza con regole molto severe sulla circolazione e le libertà personali all’interno delle mura. A fine dicembre, decretata la fine dell’emergenza, il governo ha disposto un rafforzamento delle strategie di sicurezza decidendo l’invio, nel rispetto dell’ordinamento, di oltre 2 mila soldati nel solo carcere di Guayaquil.
Il governo ha poi annunciato di voler istituire un sistema di intelligence per monitorare la situazione all’interno delle carceri e la contrattazione di 2.600 nuove guardie penitenziarie. Gli ultimi studi riportano infatti la necessità di disporre di almeno 4.000 funzionari nella rete carceraria, contro gli attuali 1.400.
Parallelamente, l’esecutivo ha istituito una commissione per la Pacificazione delle carceri incaricata di studiare una riforma del sistema.
A metà febbraio, per tentare di alleviare la pressione della popolazione carceraria, il presidente Lasso aveva firmato un indulto in favore di condannati per rapina, furto e truffa che abbiano già scontato quote comprese tra il 40% e il 60% della pena. Si tratta del terzo decreto di indulto firmato dal capo dello Stato, dopo quello concesso a condannati per reati stradali e quello alle persone con malattie terminali.
Il governo ha contestualmente presentato un nuovo piano di politiche pubbliche per promuovere una «vera riabilitazione sociale» delle persone incarcerate. Una strategia che muove dalla fotografia della popolazione carceraria (il 45% dei detenuti ha famiglia e figli e il 43% ha tra i 18 e i 30 anni), redatta grazie anche al sostegno dell’Unione europea e dell’ufficio dell’Alto commissario delle Nazioni unite per i diritti umani.
Ad aprile il Servizio di assistenza globale per gli adulti privati della libertà (Snai) dell’Ecuador ha annunciato l’assunzione di 1.400 nuovi agenti di sicurezza nelle carceri da inserire nei penitenziari del paese. La misura si inserisce nel nuovo piano di contrasto alla criminalità per la città di Guayaquil in via di elaborazione da parte del governo.
Secondo quanto riferito dal nuovo ministro dell’Interno, Patricio Carrillo, è necessario «far emergere la capacità di azione delle forze dell’ordine. Oggi più che mai la polizia deve apparire, per dimostrare il nostro impegno per la sicurezza».
Carrillo ha anche annunciato che il governo potrebbe abolire i benefici del rilascio anticipato per tutti quei detenuti che promuovono sanguinose rivolte nei penitenziari. D’ora in poi «nessun atteggiamento sarà consentito senza una risposta energica da parte dello Stato», ha sottolineato Carrillo.
Infine, il ministro ha assicurato che i promotori delle sanguinose rivolte in carcere saranno mandati nella struttura di massima sicurezza La Roca, rimandando alla sezione del Cercare di Guayas dove, dopo anni di assenza, ad aprile sono stati trasferiti i primi cinque capi di bande criminali.
Negli ultimi mesi la struttura è stata oggetto di lavori per circa 1 milione di dollari, dopo che a febbraio i membri della Commissione di dialogo penitenziario e pacificazione ne avevano decretato l’inagibilità per mancanza delle condizioni adatte ad ospitare nuovi detenuti. La struttura ha capienza massima di 180 persone. Il carcere di massima sicurezza funziona con sistemi antifuga ritenuti estremamente difficili da violare e sembra disporre di regole interne particolarmente rigide: ogni recluso deve rimanere 23 ore al giorno nella sua cella.