Rom e sinti, il Paese dei campi: 18 mila in emergenza abitativa
Il nuovo rapporto dell'associazione 21 luglio fotografa la situazione in Italia in occasione della Giornata internazionale dei diritti dei rom
In Italia sono 18.760 i rom e i sinti in emergenza abitativa: oltre 12 mila persone abitano in 113 insediamenti formali presenti in 73 comuni e 13 regioni italiane, a cui vanno aggiunti due centri di raccolta rom, sei aree residenziali monoetniche (dove vivono oltre mille persone) e i 5.500 rom stimati negli insediamenti informali sparsi per il Paese.
Tuttavia qualcosa sta cambiando e dal 2018 ad oggi sono 26 gli insediamenti rom e sinti chiusi o superati, mentre sono 21 quelli che risultano in superamento.
A dare un quadro aggiornato e completo sul tema è l’associazione 21 luglio, che ha presentato ieri il report digitale Il Paese dei campi in vista della Giornata internazionale dei diritti dei rom di oggi, 8 aprile.
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Rom e sinti in Italia: il problema dei dati
Nonostante il tema sia stato per lunghi periodi sotto i riflettori, in Italia mancano ancora dati certi e aggiornati. «Malgrado le politiche nazionali e locali promosse da decenni nei confronti delle comunità rom e sinte – si legge in una nota dell’associazione – il nostro Paese paga la cronica carenza di informazioni statistiche affidabili relative agli insediamenti monoetnici presenti sul territorio nazionale. Tale deficit è riconosciuto come il principale limite laddove, per implementare politiche sociali, risulta fondamentale cogliere in maniera puntuale le problematiche che interessano gli abitanti dei campi. Con cadenza periodica, si invocano censimenti arrivando a cogliere l’assenza di informazioni come occasione per amplificare i numeri invocando l’emergenza oppure per spingerli al ribasso al fine di enfatizzare, ad esempio, l’impatto positivo di politiche espulsive».
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Rom e sinti oggi: la mappa dell’emergenza abitativa
Se per diverse ragioni oggi risulta impossibile stabilire quanti siano i rom e i sinti in Italia, secondo l’associazione 21 luglio è possibile però stabilire quanti vivano nell’emergenza abitativa e in insediamenti monoetnici. Il lavoro presentato dall’associazione, infatti, vuole colmare questo vuoto informativo e presentare un quadro aggiornato della situazione degli insediamenti formali e informali presenti in Italia.
«Attraverso il sito www.ilpaesedeicampi.it è possibile da oggi cogliere, in tempo reale, informazioni aggiornate che interessano ognuno dei 121 insediamenti formali, all’aperto e al chiuso, abitati da comunità identificate come rom e sinte – si legge nella nota».
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«In Italia sono presenti 45 “campi rom” formali abitati da 7.128 persone. L’insediamento più grande si trova a Roma, in via Candoni, dove sono accolte 795 persone. La massima concentrazione si rileva nell’area metropolitana di Napoli, con 8 insediamenti e 1.336 persone. Nei Comuni di Pisa, Gioia Tauro e Cosenza si registrano invece le presenze di quartieri di “case popolari” realizzati appositamente per un’accoglienza di 930 rom. A Brescia e a Napoli gli unici due “centri di raccolta rom”, dove risultano presenti 218 persone».
Sono 66, invece, i “campi sinti” presenti sul territorio nazionale. Sono abitati da 4.814 persone con il più grande nel comune di Pavia, con 265 persone, continua la nota. I comuni di Villafalletto, in provincia di Cuneo, di Padova e di Carmagnola, in provincia di Torino, sono caratterizzati dalla presenza di aree residenziali monoetniche.
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Rom e sinti: il nodo delle politiche dedicate
Un quadro complesso, quindi, soprattutto alla luce di anni e anni di politiche dedicate, “piani nomadi” e interventi straordinari realizzati dalle diverse amministrazioni locali. Secondo l’associazione 21 luglio, da tempo impegnata anche sul fronte della formazione rivolta alle amministrazioni locali, per superare un insediamento monoetnico «non servono approcci speciali (declinati su base etnica) né tantomeno uffici dedicati. Fondamentale è partire da processi di coprogettazione calibrati su ogni singolo insediamento e che coinvolgano anche i residenti. Risulta poi importante prevedere interventi ordinari di politica sociale che mirino a sviluppare percorsi inclusivi individualizzati e strutturati sulle esigenze dei singoli nuclei familiari».
Secondo l’associazione oggi i tempi «sono favorevoli per attrezzarsi con strumenti che seguano un approccio universalistico» e chiudere definitivamente la stagione dei campi.
Fonte: Redattore Sociale