India: imbottigliatori Coca-Cola e PepsiCo multati per danno ambientale

Gli imbottigliatori indiani della Coca-Cola e della Pepsi sono stati multati per danno ambientale: hanno estratto acque sotterranee senza permesso nei loro impianti, senza neanche ricaricare la falda acquifera in un Paese che è il maggior estrattore al mondo di acque sotterranee e soffre di stress idrico

Il National Green Tribunal, il tribunale speciale che si occupa delle cause attinenti alle questioni ambientali, ha multato per 2 milioni di dollari l’imbottigliatore indiano della Coca-Cola, Moon Beverages, per aver causato danni ambientali in due dei suoi impianti di imbottigliamento in India. Anche l’imbottigliatore della PepsiCo, Varun Beverages, è stato ritenuto colpevole di aver danneggiato l’ambiente e multato di 1,3 milioni di dollari.

La sentenza emessa a inizio marzo scorso ha accusato i tre impianti di imbottigliamento di aver violato le leggi ambientali indiane operando senza il cosiddetto “Certificato di non obiezione” (Noc) necessario per poter prelevare acqua dal sottosuolo: una certificazione che dovrebbe essere emessa dalla Central Ground Water Authority (Cgwa), l’ente governativo che si occupa della protezione della falda acquifera.

Coca Cola e PepsiCo India: accuse agli impianti d’imbottigliamento

Gli impianti di imbottigliamento Coca-Cola incriminati si trovano a Greater Noida e Sahibabad, lo stabilimento PepsiCo a Greater Noida, nello stato dell’Uttar Pradesh, e alla periferia di Nuova Delhi, e riforniscono uno dei più grandi mercati d’India per entrambe le società.

Il National Green Tribunal ha ritenuto che entrambe le società hanno violato i termini della licenza non adempiendo ai propri obblighi relativi alla ricarica delle acque sotterranee, una condizione espressamente citata nell’ultima licenza concessa a entrambe le società.

Il tribunale, nella sua sentenza di oltre 240 pagine, ha scritto che le due società statunitensi «si sono rese responsabili dell’estrazione illegale di acque sotterranee anche dopo la scadenza dei rispettivi Noc: hanno continuato a estrarre acque sotterranee senza permesso. Inoltre, sono tenute a pagare un risarcimento per aver causato danno all’ambiente per il mancato rispetto della condizione più cruciale dei Noc, ossia la ricarica dell’acqua».

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Raccolta di acqua potabile nella zona costiera del Bangladesh- Foto: Balaram Mahalder (via Wikimedia Commons)

Il problema idrico in India

L’India è il più grande estrattore mondiale di acque del sottosuolo. L’economia del paese si basa sullo sfruttamento delle acque sotterranee e l’inadeguatezza nel ricaricare la falda acquifera è un pressante problema per il suo sviluppo. Secondo gli esperti, attualmente vi è una forte discrepanza tra le risorse idriche disponibili e i volumi di acqua effettivamente prelevati. I dati mostrano che l’estrazione di acque sotterranee in India – una vera a propria “industria” – è in aumento.

L’India consuma oltre 600 miliardi di metri cubi di acqua all’anno. Di tale cifra, quasi 250 miliardi di metri cubi vengono prelevati dalle falde acquifere a causa dell’inquinamento delle acque di superficie e della siccità, aggravata dal cambiamento climatico. Il National Institution for Transforming India (Niti) stima che circa il 70% delle acque superficiali – laghi, fiumi, corsi d’acqua – in India sia contaminato.

Sfruttamento delle acque di falda nel Subcontinente indiano

L’India e la sua economia dipendono dall’acqua pompata dal sottosuolo più di qualsiasi altra nazione al mondo: secondo la Banca mondiale, quella indiana rappresenta circa un quarto della domanda globale di acque sotterranee (o acque di falda), ossia le acque che si trovano al di sotto della superficie del suolo.

Più del 90% delle acque di falda in India viene utilizzato per l’irrigazione agricola. Il resto – 24 miliardi di metri cubi – fornisce l’85% dell’acqua potabile del paese. Circa l’80% degli 1,35 miliardi di abitanti dell’India dipende dalle acque estratte dal sottosuolo sia per il fabbisogno potabile sia per l’irrigazione. Le falde acquifere inquinate e il loro livello di abbassa sempre più: la scarsità d’acqua sta destabilizzando il settimo paese più grande al mondo e uno dei più popolati.

La sentenza contro Coca Cola e PepsiCo

«Le sanzioni pecuniarie rispettivamente comminate agli imbottigliatori di Coca-Cola e PepsiCo in India sono troppo basse per fare la differenza nel modo in cui queste società e i loro affiliati sfruttano le risorse idriche in India», spiega a Osservatorio Diritti Amit Srivastava, coordinatore dell’India Resource Center (Irc), un progetto di Global Resistance che si occupa di contrastare la globalizzazione delle imprese.

In una serie di incontri e corrispondenze con i regolatori indiani, l’India Resource Center ha più volte sottolineato l’inefficacia dell’obbligo di ricarica delle acque di falda da parte delle aziende come parte della loro licenza, soprattutto in assenza di meccanismi di monitoraggio.

«Queste aziende hanno mostrato scarsa considerazione per le buone pratiche di gestione dell’acqua, motivo per cui sono state oggetto di campagne in tutto il paese: per poter imbottigliare, Coca-Cola e Pepsi negano l’acqua alle persone, alle comunità, agli agricoltori. In un certo senso, le multe inflitte stanno dicendo alle aziende che possono infrangere le regole fintanto che possono pagare, un principio tipo “inquina e paga”», spiega ancora Srivastava.

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Irrigazione delle colture con acqua di falda alimentata da elettricità (Gujarat, India) – Foto: TeshTesh (via Wikimedia Commons)

Impianti ad alto consumo idrico, un problema per l’India

Secondo l’attivista, che da anni lavora per la conservazione delle acque di falda nel paese, le aziende ad alta intensità idrica non possono prelevare le acque sotterranee da aree caratterizzate da problemi idrici e scarsità d’acqua. Sfortunatamente, molte aziende non si adeguano a questo principio.

«La localizzazione di un impianto ad alto consumo idrico come la Coca-Cola, o Pepsi, o anche un’acciaieria in zone già sottoposte a stress idrico, comporta ancora più scarsità d’acqua e problemi idrici per gli abitanti e i contadini», dice Srivastava.

La fragilità delle aree di stress idrico e leggi di contrasto

La Central Ground Water Authority ha infatti detto alla corte che non fornirà più il Noc agli impianti di imbottigliamento che si trovano in aree soggette a stress idrico, note come “sovra sfruttate”, “critiche” o “semi-critiche” a seconda dello stato della falda acquifera.

L’Irc ha sottolineato come la Coca-Cola sia già stata obiettivo di campagne dal basso in India per aver causato carenza d’acqua e inquinamento per oltre un decennio: numerosi impianti di imbottigliamento della Coca-Cola, tra cui a Plachimada (Kerala), Kala Dera (Rajasthan) e Mehdiganj (Uttar Pradesh), sono stati costretti a chiudere in seguito alle proteste di abitanti e contadini locali.

«L’India necessita di leggi più severe per limitare tali attività e, sebbene il caso contro gli imbottigliatori di Coca-Cola e PepsiCo abbia affrontato questo problema, non è andato abbastanza in profondità da garantire deterrenza e conformità», sostiene Srivastava.

Secondo Srivastava, la Cgwa dovrebbe agire come agenzia nazionale di regolamentazione sulle acque sotterranee per tutta l’India, compito di cui è stata incaricata dalla Corte Suprema. Tuttavia la Cgwa ha dichiarato di avere autorità solo su alcuni stati dell’India, non su tutti. «Ciò è stato contestato dalla Ngt nella sentenza, ed è mia speranza che applichino effettivamente le regole in tutto il paese».

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