Giornalisti uccisi in Ucraina e nel resto del mondo: attentato all’informazione

Dopo tre settimane dall'inizio della guerra in Ucraina si contano già diversi giornalisti uccisi. Tre reporter ammazzati e diversi feriti mentre documentavano il conflitto. La loro morte ci ricorda la tragica scomparsa dell'italiano Andy Rocchelli avvenuta in Donbass nel 2014 e di molti (troppi) altri colleghi

Sono passate tre settimane dall’inizio della guerra in Ucraina e il fronte dell’informazione conta già diverse vittime. Lunedì 14 marzo un veicolo che trasportava il team dell’emittente statunitense Fox News è stato colpito nel villaggio di Horenka, vicino a Kiev, uccidendo il cameraman Pierre Zakrzewski e la giornalista ucraina Oleksandra Kuvshynova. Nell’attacco è rimasto ferito anche il corrispondente Benjamin Hall.

Il giorno precedente il reporter statunitense Brent Renaud è morto nelle vicinanze di un posto di blocco a Irpin, mentre il fotografo Juan Arredondo è rimasto ferito.

Venerdì 4 marzo un inferno di fuoco si è abbattuto sull’auto della troupe di Sky News, mentre da Kiev stava andando a Bucha, a 30 chilometri di distanza. Il reporter Stuart Ramsay è stato colpito da un proiettile nella parte bassa della schiena ed è rimasto ferito. Anche il cameraman Richie Mockler è stato centrato, per fortuna il giubbotto antiproiettile gli ha salvato la vita.

«C’era un silenzio mortale, eravamo preoccupati. Ma abbiamo proseguito il viaggio lentamente, in avanti, verso un incrocio. C’erano delle macerie sulla strada, ma adesso è normale. Non c’erano soldati, sembrava tutto deserto», ha raccontato Ramsay dopo che è riuscito a mettersi in salvo. «Dal nulla una piccola esplosione. Ho visto qualcosa colpire l’auto e uno pneumatico scoppiare. Ci siamo fermati. E poi il nostro mondo si è capovolto».

Giornalisti uccisi in Ucraina: chi era Pierre Zakrzewski

Zakrzewski, che era di base a Londra, lavorava in Ucraina da febbraio. Esperto di zone di guerra, per Fox News ha coperto diversi fronti caldi del mondo, dalla Siria all’Afghanistan. L’anno scorso era stato uno dei personaggi chiave nel portare via da Kabul una serie di giornalisti freelance afghani e le loro famiglie. A dicembre era stato insignito del premio «Eroe sconosciuto» per il suo incredibile lavoro, sia dal punto di vista tecnico sia, soprattutto, umano.

«Era profondamente impegnato a raccontare le cose che vedeva e il suo coraggio, la sua professionalità e l’etica del lavoro erano rinomati tra i giornalisti di ogni media. Era estremamente popolare. Tutti nel settore che hanno seguito le storie dagli esteri conoscevano e rispettavano Pierre», hanno raccontano i suoi colleghi.

«È con grande tristezza e angoscia che condividiamo la notizia riguardo al nostro amato reporter Pierre Zakrzewski», ha scritto in una nota Suzanne Scott, amministratore delegato di Fox News. «Oggi è un giorno straziante per noi e per tutti i giornalisti che rischiano la vita per raccontare quello che accade nel mondo», ha aggiunto.

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Foto: Pixabay

Brent Renaud, reporter del mondo: aveva lavorato dal Messico all’Afghanistan

Brent Renaud aveva compiuto 51 anni un mese fa. Reporter e documentarista, ha raccontato tantissimi teatri di guerra, lavorando per New York Times, Times, Boston Globe, Nbc, Discovery Channel, Pbs e Vice News.

Ha iniziato la sua carriera in occasione degli attentati dell’11 settembre 2011 e da quel momento non si è più fermato. Ha passato gli ultimi venti anni a produrre film e programmi televisivi con il fratello. Erano noti per aver raccontato storie di umanità nei punti caldi del mondo, dal terremoto di Haiti, all’Iraq. Passando per l’Afghanistan, i disordini politici in Egitto e in Libia, la lotta per Mosul, l’estremismo in Africa, la violenza dei cartelli in Messico e la crisi dei giovani rifugiati in America Centrale.

In Ucraina, prima di essere colpito al collo da colpi di arma da fuoco nelle vicinanze di un checkpoint a Irpin, stava filmando i civili in fuga per un documentario del Times incentrato proprio sulla crisi globale dei rifugiati.

Giornalisti italiani: Andy Rocchelli, ucciso in Ucraina nel 2014

La triste morte di questi coraggiosi colleghi, ci ricorda anche la tragica scoparsa dell’italiano Andy Rocchelli, morto il 24 maggio 2014 sotto i colpi di mortaio esplosi in un villaggio vicino a Slaviansk, proprio in Ucraina, mentre era in prima linea per documentare il fronte caldo separatista, dove si stavano affrontando i miliziani filo russi e i soldati di Kiev. Insieme a lui, nel suo ultimo reportage, è rimasto ucciso anche Andrey Mironov, giornalista e attivista per i diritti umani.

Il fotoreporter Rocchelli – colonna portante del collettivo di giovani fotografi italiani Cesura fondato nel 2008 – era già stato nel Paese per immortalare la rivolta di piazza Maidan, dove di fatto viene tracciato l’inizio di questa guerra, prima nella regione del Donbass e ora in tutta l’Ucraina.

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Elisa Signori, madre di Andrea Rocchelli – Foto di Diego Figone (via Flickr)

Il primo inviato di guerra italiano ucciso nel 1987

Dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, il primo italiano inviato di guerra a morire è stato Almerigo Grilz, al lavoro in Mozambico come corrispondente della Albatross Press Agency che aveva fondato nel 1983 insieme agli amici Fausto Biloslavo e Gian Micalessin.

All’alba del 19 maggio 1987, il 34enne, che dalla fine degli anni Settanta aveva documentato i territori più caldi del mondo, dal Libano al Myanmar (ex Birmania), passando per Cambogia, Iran, Iraq e Afghanistan, è stato colpito da una pallottola alla testa mentre stava filmando un attacco nella città di Caia.

Giornalisti italiani uccisi: Simone Camilli e Fabio Polenghi

L’ultimo di questa lunghissima lista nera è stato Simone Camilli, morto il 13 agosto del 2014 a seguito dell’esplosione di un ordigno israeliano rimasto sul terreno a Beit Lahya, nel Nord della Striscia di Gaza. Camilli aveva lavorato per diverse agenzie internazionali, coprendo il Medio Oriente, la Turchia, i Balcani e anche il naufragio della Costa Concordia. A metà del 2014, pochi mesi prima di morire, si era trasferito all’ufficio di corrispondenza dell’Associated Press a Beirut, in Libano.

Tra le vittime delle proteste che hanno infuocato Bangkok nel 2010 c’è anche il fotoreporter italiano Fabio Polenghi, colpito al torace e all’addome dal fuoco dell’esercito thailandese il 19 maggio. Polenghi aveva lavorato per importanti agenzie e testate: Grazia Neri, Vanity Fair, Vogue, Marie Claire, Elle.

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Foto: Pixabay

Territori palestinesi occupati: la morte in diretta di Raffaele Ciriello

Il fotoreporter Raffaele Ciriello è stato ucciso da una raffica di proiettili israeliani a Ramallah il 13 marzo del 2002, mentre stava documentando l’Intifada. Ciriello aveva realizzato servizi in diverse parti del mondo: dal Libano all’Afghanistan, dal Ruanda al Kosovo, dall’Eritrea alla Palestina, collaborando con diverse testate giornalistiche.

L’inchiesta sulla morte del fotoreporter aperta nel 2002 dalla procura di Milano è stata battuta dal silenzio del governo di Tel Aviv, che si è rifiutato di identificare i soldati che hanno fatto partire la raffica di proiettili. Le immagini di quel maledetto 13 marzo del 2002 sono impresse nel sito di Raffaele Ciriello, «Postcards from hell».

Giornalisti italiani uccisi in Afghanistan, Cecenia e Somalia: Cutuli, Russo e Palmisano

Il 19 novembre del 2001, mentre stavano percorrendo la strada che da Jalalabad porta a Kabul – a circa 40 chilometri dalla capitale – viene assassinata a colpi di Ak47 l’inviata del Corriere della Sera Maria Grazia Cutuli, insieme all’inviato de El Mundo Julio Fuentes e a due corrispondenti dell’agenzia Reuters, l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari. La Cutuli era da un mese in Afghanistan e, negli ultimi giorni, aveva coperto la zona di Jalalabad, facendo servizi anche sui covi di Al Qaeda distrutti dalle bombe americane.

Il 16 ottobre del 2000 venne ucciso in circostanze misteriose nei pressi della città georgiana di Tbilisi l’inviato di Radio Radicale Antonio Russo. Il giornalista, che stava seguendo l’evolversi della guerra in Cecenia, è stato trovato morto nelle vicinanze di una base militare.

Il 9 febbraio 1995, il convoglio con a bordo la giornalista del Tg2 Carmen Lasorella e l’operatore Marcello Palmisano, venne colpito da un gruppo di miliziani armati mentre erano a Mogadiscio, in Somalia. Lasorella riuscì a salvarsi, mentre Palmisano rimase ucciso.

Ilaria Alpi, Miran Hrovatin e Marco Luchetta

In Somalia il 20 marzo 1994 vennero uccisi la giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e l’operatore triestino Miran Hrovatin. La brutale uccisione avvenne a Mogadiscio. Un gruppo di somali fece fuoco contro l’auto dei giornalisti: un proiettile colpì la Alpi alla tempia e una raffica raggiunse Hrovatin.

Il 28 gennaio del 1994, a Mostar, in Bosnia, persero la vita tre inviati della Rai di Trieste: il giornalista Marco Luchetta, l’operatore Alessandro Ota e il tecnico di ripresa Dario D’Angelo. Stavano realizzando un servizio sui bambini ricoverati nell’ospedale cittadino, quando vennero colpiti da una granata arrivata dalla parte ovest della città.

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