Festa delle donne: l’8 marzo 2022 fa sperare in un nuovo trattato internazionale
Questa festa delle donne 2022 ha una speranza in più: ci stiamo avvicinando a un nuovo trattato internazionale contro la violenza su donne e bambini. A promuoverlo è l'organizzazione statunitense Every Woman Treaty
da San Paolo, Brasile*
Quest’anno il significato della festa delle donne si arricchisce di una speranza concreta: un gruppo internazionale sta preparando un trattato che sia davvero globale per la lotta contro la violenza su donne e bambine. Il lavoro è ancora in fase di bozza, ma l’ambizione è quella di arrivare a un testo in grado di spingere davvero sull’aceleratore del cambiamento.
Festa delle donne 2022: il contesto
In questo 2022 la data dell’8 marzo si colloca in un contesto internazionale di forti tensioni, incertezze e paure legate a quanto sta succedendo in Ucraina. Un conflitto molto mediatizzato, che ha riportato nelle prime pagine dei quotidiani l’orrore della guerra.
Una guerra che in realtà non è mai scomparsa, come ci ricordano altri conflitti attivi como quello in Yemen, e che vede sempre più civili rimanere vittime degli scontri.
Da civili o da combattenti, le donne non vengono risparmiate dalla follia della guerra, una verità descritta in modo magistrale da Svetlana Aleksiévich, scrittrice biolorussa (nata in Ucraina, a Stanislav, nel 1948), premio Nobel per la letteratura nel 2015, nel suo libro “La guerra non ha un volto di donna”. Un testo che è già diventato un classico della letteratura mondiale e che cambia la narrazione della guerra.
«La guerra al femminile ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti e anche parole sue», dice Aleksiévich, che nel libro racconta la Seconda guerra mondiale vista con gli occhi di giovanissime donne. Quasi un milione, che durante il tentativo di invasione di Hitler delll’Unione Sovietica si trovarono a dover prendere parte al conflitto. Lo fecero con compiti di appoggio impegnandosi come infermiere, radiotelegrafiste, cuoche, lavandaie, ma anche in prima linea come soldatesse di fanteria, addette alla contraerea, carriste, sminatrici, aviatrici e tiratrici scelte.
Una circostanza che purtroppo si ripete e che moltiplica esponenzialmente la violenza alla quale sono esposte donne e bambine in un contesto di guerra o di violenza generalizzata.
Spostandoci in America Latina possiamo vedere infatti come la guerra al narcotraffico, dichiarata in Messico dalla Stato ai cartelli della droga nel 2007, abbia portato ad un aumento della violenza in tutto il paese, particolamente visibile quando si parla di donne: nel 2021 in Messico sono state uccise 10 donne al giorno.
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Eventi per la festa delle donne: in lotta contro il femminicidio
Nel contesto italiano, dentro un faticoso tentavivo di ritorno ad una normalità post-pandemia, ancora una volta è la rete Non Una di Meno (nata inArgentina nel 2015) a farsi promotrice della mobilitazione nazionale. Sono infatti decine le manifestazioni previste per oggi nelle città italiane, segnalate sulle reti sociali del movimento e organizzate dentro uno sciopero nazionale che metterà al centro dell’agenda i femminicidi, la mancata approvazione del Ddl Zan e il peso sociale che questi due anni di pandemia hanno fatto ricadere sulle donne.
Punti racchiusi dal comunicato di Non Una di Meno, che nel promuovere lo sciopero spiega:
«L’8 marzo 2022 sarà ancora una volta sciopero femminista e transfemminista transnazionale. Nel 2021 la violenza maschile sulle donne ha fatto più di cento vittime. La violenza di genere verso le persone LGBTQIPA+ ha trovato una vergognosa legittimazione politica con l’affossamento del Ddl Zan. Lo sfruttamento delle donne nei lavori cosiddetti essenziali con la pandemia ha raggiunto livelli senza precedenti, nello stesso tempo è cresciuto enormemente il carico di lavoro riproduttivo e i licenziamenti e i part time involontari hanno raggiunto numeri altissimi. Il razzismo è diventato ancora più violento non solo sui confini ma anche nei posti di lavoro».
Festa delle donne 2022: la speranza di un trattato globale contro la violenza
Di fronte ad un situazione globale di violenza generalizzata (e a volte normalizzata) contro donne e bambine, esistono trattati regionali e leggi nazionali, ma ciò non sembra essere sufficiente. È per questo che nel novembre 2021, dopo 8 anni di lavoro sul campo e di concertazione, 1.700 attiviste provenienti da 128 paesi e appoggiate da 840 organizzazioni della società civile, hanno reso pubblica la prima bozza per un trattato globale che ponga fine alla violenza contro donne e bambine.
L’azione è coordinata e portata avanti da Every Woman Treaty (Ewt), organizzazione con base a Seattle e integrata da attiviste internazionali molto diverse tra loro, ma con un ambizioso e chiaro obiettivo comune, come detto: l’approvazione di un trattato globale per porre fine alla violenza contro donne e bambine.
«Abbiamo trattati internazionali per il tabacco, le mine antiuomo e la tortura. Abbiamo bisogno di un trattato internazionale che protegga le donne e le bambine dalla violenza»
A parlare è Marina Pisklakova-Parker, attivista russa e una delle fondatrici di Every Woman Treaty. Una donna che vive sulla propria pelle l’esilio per essere stata identificata come «agente straniero di interferenza» per il suo lavoro di denuncia e di attivismo in Russia per un cambio delle leggi nazionali sulla violenza domestica.
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Festa delle donne e violenza: una pandemia nell’ombra
L’agenzia Onu Un Women per definire la violenza subita da donne e bambine nel mondo ha parlato di shadow pandemic, una pandemia che vive nell’ombra, ma che non per questo è meno dannosa. L’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato che la violenza contro le donne è “devastantemente pervasiva” e che colpisce 1 donna su 3 a livello mondiale.
Numeri che però non devono farci credere che niente possa essere fatto. È quanto sostiene la giudice afghana Najla Ayoubi, un’altra donna in esilo e co-fondatrice di Ewt, che afferma:
«La violenza contro le donne si può prevenire. Le attiviste per i diritti delle donne mettono la loro vita in gioco combattendo ogni giorno in prima linea per porre fine alla violenza, ma non possono farlo da sole: hanno bisogno di leggi e politiche pubbliche».
Sul sito di Ewt si legge che nei paesi che hanno leggi sulla violenza domestica, ad esempio, le donne hanno un tasso di mortalità inferiore del 32 per cento. I casi di violenza domestica, in otto comunità in Uganda sono scesi del 52% dopo la formazione sulla prevenzione della violenza e negli Stati Uniti, 15 anni dopo l’approvazione del Violence Against Women Act, il tasso di violenza all’interno della coppia è diminuito del 53%.
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Origine e significato degli strumenti giuridici già esistenti
Ad oggi esistono tre trattati regionali che mirano a combattere la violenza contro le donne: la Convenzione di Belém do Pará (Brasile), in America Latina, il Protocollo di Maputo, in Africa, e la Convenzione di Istanbul, in Europa, che si sono tutti dimostrati efficaci, ma che escludono tre quarti della popolazione mondiale.
Infatti a livello globale solo la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (Cedaw), adottata nel 1979 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e ratificata da 189 Stati, prova a dare protezione alle donne. La Cedaw ha però 43 annie gli sforzi compiuti per riadattarla in modo da includere il concetto moderno di violenza contro donne e bambine non hanno avuto successo.
Ecco perchè in questo contesto un nuovo trattato internazionale potrebbe davvero fare la differenza. «Abbiamo già svolto il lavoro più impegnativo per creare questa prima bozza e ora speriamo che questo avvii i negoziati. Non si tratta di un paese che dice a un altro paese cosa fare. Si tratta di nazioni che si uniscono per prendere posizione per porre fine alla violenza contro donne e ragazze una volta per tutte», afferma Lisa Shannon, Ceo di Every Woman Treaty.
A questo punto il progetto di trattato deve essere discusso dagli stati membri dell’Assemblea generale dell’Onu, sui quali la società civile deve fare pressione perchè questo importante e delicato tema venga visto come prioritario.
Una posizione ratificata da Jane Hodges, Global Policy Advisor di Ewt, che spiega: «Questa bozza di trattato globale sarà la prima a consolidare tutte le definizioni sparse di violenza contro le donne e le bambine. Combina i migliori elementi di tutte le definizioni in una tipizzazione completa, di ampio respiro e che parla di intersezionalità sottolineando come alcuni gruppi di donne e ragazze siano maggiormente a rischio»
* Diego Battistessa è responsabile per l’America di Every Woman Treaty