India: musulmani a rischio genocidio

Dall'India arrivano segnali di un possibile genocidio: lo denuncia Genocide Watch, dopo un raduno delle organizzazioni religiose vicine alla destra hindu che inneggiavano al genocidio dei musulmani e anni di crescente violenza e discriminazione contro la più grande minoranza religiosa del Paese

«Ho predetto il genocidio in Rwanda e ora vi avverto che lo stesso potrebbe succedere in India»: con queste parole Gregory Stanton, presidente e fondatore di Genocide Watch – una onlus che si occupa di prevenire, fermare e punire atti di genocidio e altre forme di omicidi di massa – ha concluso il suo intervento al briefing del Congresso degli Stati Uniti co-sponsorizzato da 17 organizzazioni interreligiose e per i diritti umani.

Secondo Stanton, il genocidio non è un evento isolato, ma un lento processo di classificazione, di costruzione del nemico, di de-umanizzazione dell’altro, e ha tracciato parallelismi tra le politiche perseguite dal primo ministro Narendra Modi in India e le politiche di discriminazione messe in atto dal governo del Myanmar contro la minoranza musulmana dei Rohingya a partire dal 2017.

Musulmani in India: una storia di discriminazione

Genocide Watch aveva parlato per la prima volta di genocidio in India nel 2002, l’anno delle violente rivolte anti-musulmane e dei massacri su base settaria nello stato del Gujarat che fecero oltre 1.000 morti. «A quel tempo, il governatore dello stato era Narendra Modi (attuale premier, ndr) e non ha fatto nulla per fermare le violenze», ha detto Stanton nel suo intervento. A distanza di una settimana, ha anche chiesto al Congresso di passare una risoluzione ad hoc.

Al briefing del Congresso americano, gli esperti di Amnesty International Usa e Genocide Watch hanno affermato che le politiche islamofobe portate avanti dal primo ministro indiano Narendra Modi, il silenzio e la tolleranza nei confronti dell’incitamento al genocidio dei musulmani da parte di gruppi di estremisti hindu stanno spingendo l’India verso violenze di massa e massacri nei confronti della minoranza musulmana. Genocide Watch aveva già emesso un’allerta per gli stati di Assam e Kashmir.

Tra le politiche citate, la revoca dello statuto speciale del Kashmir – che nell’agosto del 2019 è stato privato dell’autonomia relativa di cui, per settanta anni, ha goduto l’unico stato a maggioranza musulmana d’India – e, in quello stesso anno, in dicembre, l’emendamento alla legge sulla cittadinanza, che ha concesso una via preferenziale per accedere alla cittadinanza a tutte le minoranze religiose residenti in India, ad esclusione di quella musulmana. Una legge che ha scatenato un movimento di protesta, trasversale e compatto, in tutto il paese, poi represso con violenza.

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religione india
Foto: via Pixabay

Musulmani sotto attacco in India con Narendra Modi primo ministro

I musulmani d’India rappresentano il secondo gruppo religioso del Paese dopo gli hindu (che sono l’80%) o la più grande minoranza del variegato tessuto socio-confessionale indiano. L’Islam è il credo religioso di oltre 200 milioni di persone – ossia il 14% della popolazione indiana – e fa dell’India il terzo paese al mondo per numero di credenti.

Da quando Narendra Modi è salito al potere nel 2014, e ancora di più da quando è stato rieletto nel 2019, la minoranza musulmana è stata al centro di una politica discriminatoria, escludente e maggioritaria. Linciaggi pubblici, leggi discriminatorie e una violenza diffusa, tollerata, laddove non avallata, dai più alti ranghi del Bharatiya Janata Party (Bjp), il partito di Modi, espressione della destra hindu, sciovinista e maggioritaria, hanno reso sempre più la comunità musulmana e le altre minoranze religiose dei cittadini di “serie B”, la cui stessa esistenza è quotidianamente messa a rischio.

Incitamento al genocidio contro la minoranza musulmana al raduno hindu

Alla fine dello scorso dicembre, alcuni video, diventati in poco tempo virali, sono circolati sui social media. Durante un raduno hindu nella cittadina di Haridwar, nello stato settentrionale dell’Uttarakhand, alcuni leader religiosi hanno apertamente incitato la folla al genocidio della minoranza musulmana. In uno dei video divenuti virali, uno dei relatori si è rivolto alla folla ammassata sotto al palco sostenendo che «le persone non dovrebbero avere paura di di andare in prigione per aver ucciso dei musulmani».

«Se anche solo un centinaio di noi diventasse soldato e ne uccidessimo 2 milioni [di musulmani] ne usciremmo vittoriosi», ha detto un’altra relatrice al raduno di Haridwar, Pooja Shakun Pandey, religiosa dell’Hindu Mahasabha, l’Assemblea hinduista pan-indiana. «Solo se manterremo questo atteggiamento saremo in grado di proteggere il sanatana dharma [una forma assoluta di Hinduismo]».

Il raduno – trasformatosi in tre giorni di incitamento all’odio – era stato organizzato da Yati Narsinghanand, arrestato pochi giorni dopo.  All’incontro aveva partecipato almeno un membro del Bharatiya Janata Party (Bjp). Il partito è accusato di incoraggiare la persecuzione dei musulmani e di altre minoranze da parte dei nazionalisti hindu, diventati sempre più forti da quando Narendra Modi è salito al potere nel 2014. Le accuse – secondo cui il piano è di trasformare l’India, laica e pluralista, in una nazione etnica hindu – sono state in più occasioni rimandate al mittente, ma i fatti sembrano dire altro.

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musulmani in india
Foto: LRBurdak (via Wikimedia Commons)

India a rischio di nuovi genocidi: fa peggio solo il Pakistan

«Sotto la guida del Bjp, l’India è diventata uno dei paesi più pericolosi al mondo per musulmani e cristiani. Sono perseguitati fisicamente, psicologicamente ed economicamente», ha scritto l’accademico e attivista Apoorvanand in un editoriale su Al Jazeera. «Sono state approvate leggi per criminalizzare le loro pratiche religiose, abitudini alimentari e persino le loro attività commerciali».

Un altro campanello d’allarme è stato suonato dall’Early Warning Project, un’iniziativa del Centro Simon-Skjodt per la prevenzione del genocidio presso lo United States Holocaust Memorial Museum e del Dickey Center for International Understanding. Il progetto, che valuta il rischio che siano commesse violenze di massa nei paesi di tutto il mondo tramite metodi quantitativi e qualitativi all’avanguardia, sostiene ci sia una probabilità del 14,4% – o circa 1 su 7 – che avvengano eccidi di massa in India.

Secondo l’ultima valutazione annuale del rischio dell’Early Warning Project pubblicato a fine novembre scorso, Pakistan, India e Yemen sono in cima alla lista dei paesi a rischio di nuovi genocidi. L’India è al secondo posto, subito dietro al Pakistan, in una lista di 162 paesi. Inoltre, l’India si è classificata tra i primi 15 paesi nel corso degli ultimi cinque anni.

Discriminazione in India: musulmani, Kashmir e dalit

Tra le motivazioni citate nel rapporto c’è la sistematica discriminazione messa in atto dal governo guidato dai nazionalisti hindu nei confronti della minoranza musulmana, che si è intensificata negli ultimi 7 anni, e la situazione nel territorio (conteso) a maggioranza musulmana del  Kashmir, dove permangano rigorose misure anti-dissenso e repressive.

Le «numerose segnalazioni di folle hindu che attaccano cittadini musulmani nel corso del 2021», insieme alla «diffusa promozione di ideologie nazionaliste ed escludenti», fanno dell’India «un luogo poco sicuro per la comunità musulmana». «Altre minoranze, compresi i Dalit, continuano a subire discriminazioni e violenze di gruppo», mentre «la violenza guidata dalla polizia contro i civili e gli arresti arbitrari» rimangono prevalenti, si legge nel rapporto.

Libertà ristrette nell’India della pandemia

Durante la pandemia, il governo ha aumentato le restrizioni alla libertà di espressione con controlli ad ampio raggio sulle piattaforme social e repressione delle proteste civili. «Secondo il nostro modello, i fattori che spiegano maggiormente l’alto rischio per l’India sono la sua numerosa popolazione, la mancanza di libertà di movimento, le uccisioni di massa avvenute in passato e la regione geografica (Asia meridionale e centrale)», si legge sempre nel rapporto.

«Cosa sta succedendo in India, dove gli appelli al genocidio e alla pulizia etnica sono al centro dei nostri dibattiti politici? Dove il nazionalista hindu che ha assassinato Mohandas K. Gandhi, simbolo globale di resistenza non-violenta, è glorificato dai leader nazionali?», si chiede la giornalista Rana Ayyub in un editoriale pubblicato sul Washington Post.

L’ideologia dell’Hindutva, o hinduità – che mira a fare del paese una nazione unicamente hindu – sta prendendo il sopravvento sulla tradizionale “pluralità” indiana. Un’ideologia sostenuta da esponenti di spicco del governo e dalle molte propaggini della famiglia della destra hindu.

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