
Transgender: nell’ultimo anno uccise 375 persone
Il 2021 ha registrato un aumento del numero di omicidi del 7 per cento. Quasi tutte erano donne, molte le persone migranti. I dati di Transgender Europe
Adrieli è stata trovata morta lo scorso giugno per strada a Roma, in un canale. Aveva una ferita alla testa e portava sul corpo i segni di un’aggressione, poi confermata dall’autopsia. Era di origine sudamericana ma non si sa quanti anni avesse né quale fosse il suo lavoro.
Un mese prima a Piacenza un’altra persona transgender era stata trovata morta in strada: aveva 30 anni, era una sex worker originaria del Brasile, ma non si sa come si chiamasse né come sia stata uccisa.
Tra il 1° ottobre 2020 e il 30 settembre 2021 nel mondo sono state uccise 375 persone transgender o persone non conformi alle aspettative di genere, di cui due in Italia.
I dati del monitoraggio sugli omicidi di persone trans realizzato dal team Transrespect versus Transphobia di Trangender Europe (Tgeu) sono stati diffusi lo scorso 20 novembre per il Transgender day of remembrance (Tdor), il giorno in cui si ricordano le persone transgender vittime di omicidio.
Quando essere transgender significa essere vittima di violenza, soprattutto per le donne
Secondo il Tgeu, quello appena trascorso è stato l’anno peggiore per le persone transgender, con una tendenza preoccupante quando si incrociano misoginia, razzismo, xenofobia e odio verso i/le sex worker.
Gli ultimi 12 mesi hanno segnato infatti un aumento del 7% degli omicidi di persone transgender rispetto al 2020, già in crescita sul 2019. Tra il 2008 e il 2021 gli omicidi sono stati 4.042 nel mondo, di cui 1.645 in Brasile e 593 in Messico.
Anche nel 2021 la maggior parte degli omicidi è avvenuta in America Latina: 125 solo in Brasile, 65 in Messico. Ma ci sono altri Paesi che hanno registrato aumenti preoccupanti: negli Stati Uniti gli omicidi sono stati 53, il doppio rispetto all’anno precedente, e quasi tutte le vittime erano persone non bianche.
Per la prima volta poi sono stati riportati casi in Grecia, Kazakistan e Malawi. In Europa il 43% delle persone transgender uccise era migranti.
In Asia il Paese con il maggior numero di omicidi sono le Filippine con 17 casi, seguite da Pakistan con 11 e India con 10.
In Europa si sono registrati casi in Turchia, Francia, Grecia, Portogallo, Spagna, Russia. In Italia sono state due le vittime nell’ultimo anno, 44 dal 2008 a oggi.
Più di nove vittime su dieci erano donne o persone che nello spettro di genere si collocano più verso un’identità femminile.
Più della metà lavorava come sex worker. Il 36% degli omicidi è avvenuto in strada, il 24% in casa. In media le vittime avevano 30 anni, la più giovane ne aveva 13, la più vecchia 68.
«I dati parlano chiaro e dicono che sono le donne trans a essere le più colpite, donne di colore, lavoratrici del sesso, migranti. La violenza che subiamo ha la stessa matrice di quella che ha a che fare con il razzismo, la misoginia e il patriarcato. È per questo che tutti i Tdor, le celebrazioni del 20 novembre, a livello territoriale sono state collegate con quelle del 25 novembre per la Giornata contro la violenza sulle donne», dice Christian Leonardo Cristalli, presidente di Gruppo Trans di Bologna.
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Perdita di diritti: cosa vuol dire essere transgender
Il 2021 ha registrato una perdita allarmante di diritti rispetto al 2020 per le persone Lgbti e transgender in particolare. È quanto ha affermato il Tgeu lo scorso 17 maggio nella Giornata internazionale contro omofobia, bifobia e transfobia. In quell’occasione, il Tgeu ha pubblicato una mappa interattiva dei diritti delle persone transgender che illustra la situazione dei diritti delle persone transgender in 54 Paesi, di cui 49 in Europa e cinque in Asia Centrale.
Se si considera per esempio il riconoscimento legale del genere, dalla mappa emerge che solo otto Stati europei permettono di modificare i propri documenti sulla base dell’autodeterminazione del genere con procedure che rispettano i diritti umani e solo due, Islanda e Malta, riconoscono le persone non binarie.
Sono 22 gli Stati in cui i requisiti per il riconoscimento legale del genere sono considerati abusivi, ad esempio prevedono una diagnosi medica o un intervento chirurgico. Tra questi c’è anche l’Italia.
In dieci Stati si richiede ancora che una persona sia sterilizzata per poter vedere riconosciuto legalmente il proprio genere. Accade in Repubblica Ceca, Finlandia, Lettonia, Romania e Slovacchia. Kazakistan e Kyrgyzstan hanno tolto la possibilità di vedersi riconosciuto legalmente il genere, mentre l’Ungheria lo ha proibito.
«Durante una pandemia globale, i governi devono essere all’altezza degli obblighi assunti in termini di diritti umani verso i gruppi marginalizzati. Le persone trans hanno bisogno di diritti oggi più che mai. Questo richiede maggiori sforzi. Il diritto di avere documenti che riflettono la propria identità e di essere protette dalle discriminazioni sul lavoro non sono un lusso e non possono aspettare la fine della pandemia», ha detto Masen Davis, direttore esecutivo di Tgeu in occasione della pubblicazione della mappa.
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In Europa cresce l’odio contro le persone transgender
A inizio ottobre il Consiglio d’Europa ha pubblicato “Rising hate” (Odio crescente), un report sulla diffusione dei movimenti che attaccano le persone Lgbti sulla base del loro orientamento sessuale o dell’identità di genere e che indicano la lotta per i diritti di queste persone come “ideologia di genere“.
Nel report, il Consiglio d’Europa indica quali sono i Paesi che non stanno facendo progressi o addirittura registrano reazioni negative sotto questo profilo, tra questi ci sono Ungheria, Spagna, Regno Unito, Montenegro, Ucraina, Russia e Azerbaijan.
Anche l’Italia può essere annoverata tra i Paesi che non stanno facendo progressi nel garantire i diritti delle persone Lgbti. A fine ottobre, il Senato ha affossato il disegno di legge Zan che avrebbe punito le discriminazioni contro persone Lgbti e persone con disabilità aggiungendo alle aggravanti previste dall’articolo 604 bis del codice penale (razzismo e odio su base religiosa) anche quelle relative all’omobilesbotransfobia e alla disabilità.
«In Italia c’è un grosso problema, l’incapacità da parte della classe politica e dello Stato di riconoscere queste forme di discriminazione e violenza. Aver affossato il ddl Zan significa non riconoscere la violenza e non riconoscere il valore delle nostre vite. Mi chiedo quando riusciremo a vedere una legge sui crimini d’odio che preveda anche un’aggravante per omobilesbotransfobia», aggiunge Cristalli.
Il tema più dibattuto in Italia che ha portato all’affossamento del disegno di legge Zan è stato quello dell’identità di genere. «Le persone subiscono discriminazioni proprio per essere trans e avere un’identità di genere che non rispecchia il sesso assegnato alla nascita. In Italia la modifica dei dati anagrafici sui documenti non è il primo passo in un percorso di transizione come accade in molti Paesi, ma la conseguenza di un lungo iter che prevede, in base a una legge del 1982, che le nostre identità vengano validate in un tribunale, dopo la diagnosi di una patologia inesistente. È violenza sistemica», dice il presidente di Gruppo Trans.
Nel report il Consiglio d’Europa chiede alla politica di ascoltare le persone transgender e le loro organizzazioni, di modificare con urgenza programmi e narrazioni perché il dibattito sia ricondotto alla realtà e non a slogan semplicistici.
«Le persone transgender hanno il diritto di essere riconosciute dalla legge, di essere libere da discriminazioni e di vivere sicure come tutte le altre persone. È nostra responsabilità rendere questi diritti reali», si legge nel report.
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