
Diritti umani: la nuova sfida dell’Onu è il diritto all’ambiente
La qualità dell'ambiente in cui ci muoviamo influisce la qualità della nostra vita e la salute, ma questo concetto non è mai riuscito davvero a entrare a pieno titolo nell'elenco dei diritti umani da rivendicare in caso di violazioni. Eppure all'Onu qualcosa si è mosso: ecco come potrebbero cambiare presto le cose
da San Cristóbal de las Casas, Messico
Siamo sempre più consapevoli che l’ambiente condiziona le nostre vite e persino la nostra salute. Eppure è tutt’altro che acquisito, da un punto di vista giuridico, che si tratti di un diritto che può essere rivendicato in caso di violazione.
Ed è proprio per questo che il passo compiuto nell’ottobre 2021 dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha una grande valenza storica e politica. Ma andiamo con ordine.
Dichiarazione universale dei diritti umani: il testo
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Giornata mondiale diritti umani 2021: in memoria della Dichiarazione universale del 10 dicembre 1948
Questo 10 dicembre si celebrano 73 anni dall’approvazione e proclamazione da parte dell’Onu della Dichiarazione universale dei diritti umani. In quel 10 dicembre 1948 a Parigi, in un mondo che usciva a fatica dalla Seconda Guerra mondiale, si assisteva ad una svolta storica, che ha tracciato una rotta maestra nella costruzione di una pace universale e che ha condensato in 30 articoli la dignità dell’essere umano.
La nuova sfida del cambiamento climatico necessita però di nuovi strumenti e di una possibile nuova interpretazione del concetto di diritti umani.
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Diritti umani: un elenco che parte dalla definizione dei pilastri
Come abbiamo già avuto modo di raccontare su Osservatorio Diritti, nella Dichiarazione universale dei diritti umani (Dudu) si possono individuare quattro fondamentali pilastri: dignità, libertà, uguaglianza e fratellanza. La dignità protegge i valori condivisi da tutti gli individui indipendentemente dalle differenze di religione, etnia o sesso. La libertà si riferisce ai diritti legati alla libertà individuale ed alla sicurezza personale. L’uguaglianza è intesa a garantire la partecipazione politica e pubblica di tutti gli individui. La fratellanza, infine, si riferisce ai diritti economici, sociali e culturali.
La Dudu rimane però uno strumento giuridico di soft law, ovvero di un documento non vincolante per gli Stati che compongono la comunità internazionale (non ha la valenza di un trattato o di una convenzione, per intenderci). Questo da un lato ne ha limitato l’utilizzo, ma di certo non l’influenza e la propagazione come strumento di giudizio morale.
Oggi infatti la Dudu rimane un elemento insostituibile in un’architettura internazionale che nel corso degli anni successivi si è arricchita di complementi giuridici (questi sì vincolanti) per la garanzia dei diritti civili, politici, sociali, economici, dei collettivi in situazione di vulnerabilità e dei popoli indigeni.
Il tema dei diritti umani in tre generazioni
Esistono diversi modi per classificare i diritti umani, ma il più comune parla di “Generazioni di diritti”. Si va dalla prima generazione, nata con la rivoluzione francese nel 1789, per poi arrivare alla seconda generazione di diritti, figlia delle conseguenze della rivoluzione industriale e dei movimenti per i diritti dei lavoratori.
A sancire la seconda generazione di diritti sono due patti internazionali adottati nel 1966 (entrati in vigore nel 1976): il Patto internazionale sui diritti civili e politici e il Patto internazionale sui diritti economici sociali e culturali.
Successivamente, con il passare del tempo e l’evolversi delle società e delle problematiche ad esse connesse, si sono imposti movimenti per i diritti che hanno generato cambiamenti nelle leggi dei diversi paesi riguardo a tematiche e preoccupazioni sovranazionali. I diritti nati in questo contesto vengono chiamati appunto diritti di terza generazione, noti anche come diritti di solidarietà o diritti dei popoli.
Alcuni di questi diritti riguardano lo sviluppo sostenibile, l’autodeterminazione dei popoli, la pace, il patrimonio comune dell’umanità (materiale ed immateriale), l’ambito delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Tic), la morte con dignità, l’aborto libero e gratuito, il collettivo Lgbt e un ambiente naturale salutare e protetto dalla contaminazione.
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Diritti umani e ambiente: il balzo in avanti del Consiglio Onu
Proprio quest’ultima tematica, quella del diritto a un ambiente naturale salutare e protetto dalla contaminazione, è stato al centro del dibattito internazionale nel passato mese di ottobre.
Infatti, come abbiamo analizzato su Osservatorio Diritti, ad oggi nella maggior parte degli strumenti internazionali di tutela dei diritti umani continua a mancare un riferimento diretto ed esplicito all’ambiente e, di fatto, non si può ancora dire che esista un diritto all’ambiente autonomamente azionabile in caso di necessità.
Ecco dunque perché quanto sancito l’8 ottobre 2021 dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu acquista un peso storico e politico estremamente rilevante. In quella data, infatti, il Consiglio, attraverso una risoluzione approvata con 43 voti a favore (astenute Russia, Cina, India e Giappone) ha sancito che l’accesso a un ambiente naturale, salutare e pulito è un diritto umano.
Il Commissario Onu per i diritti umani e il ruolo di Stati e imprese
Questo passo in avanti ha spinto la discussione di una risoluzione similare dell’Assemblea generale dell’Onu (in discussione nei prossimi mesi) e ha reso visibile che buona parte della popolazione mondiale vive in un ambiente naturale degradato, contaminato e che il cambio climatico è direttamente connesso con i diritti umani.
Michelle Bachelet, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha dichiarato che «la risoluzione deve servire come trampolino di lancio per promuovere politiche di trasformazione economica, sociale e ambientale che proteggano le persone e la natura. Questo diritto ha a che fare con la protezione delle persone e del pianeta: l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, il cibo che mangiamo. Si tratta di proteggere i sistemi naturali, che sono precondizioni fondamentali per la vita e il sostentamento di tutte le persone, ovunque vivano».
Sono diversi gli attori chiamati a fare la propria parte e, se da un lato gli Stati sono i primi ad essere stimolati dall’Onu a legiferare in modo rapido ed efficace per sancire e rendere effettivo questo diritto, dall’altro anche le imprese private devono fare la propria parte.
Fin dal 2011 infatti, con la promozione dei Principi guida su imprese e diritti umani (chiamati anche Ruggie Principle), l’Onu ha previsto un “dovuta diligenza” che toglie ogni alibi alle imprese private, soprattutto alle multinazionali, riguardo l’impatto delle loro attività commerciali e le violazioni dei diritti umani da esse derivanti.
Nonostante ciò, gli scarsi risultati dell’ultima Conferenza dell’Onu sul cambiamento climatico (la Cop 26 celebratasi a Glasgow, in Scozia, tra il 31 ottobre e il 13 novembre scorso) ci fanno capire che le resistenze in questa direzione continuano a essere molte.
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Diritti umani violati: un traguardo pagato a caro prezzo
La risoluzione del Consiglio dei diritti umani, che stabilisce anche la nomina di uno speciale relatore, è senza dubbio un grande traguardo, che però è stato pagato a caro prezzo.
Il riconoscimento di questa fondamentale garanzia da parte del più alto organismo per i diritti umani è il risultato di decenni di faticose lotte da parte di ambientalisti, attivisti, popolazioni indigene, scienziati e molti altri attori della società civile.
Inger Andersen, direttrice esecutiva del Programma dell’ Onu per l’ambiente (Unep), ha infatti sottolineato che sono passati quasi 50 anni dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (Stoccolma 1972) e che nel frattempo la lotta per la difesa della natura è stata costellata di soprusi e violazioni dei diritti umani:
«Attacchi fisici, detenzioni, arresti, azioni legali e campagne diffamatorie sono la vita quotidiana di questi gruppi di cittadini, popolazioni indigene e altri. Solo nel 2020 sono stati uccisi più di 200 difensori dell’ambiente»