Sudan: colpo di Stato militare affossa la quasi-democrazia africana

Esecutivo agli arresti, sette morti, isolamento della popolazione, taglio delle linee telefoniche e di internet, ambasciate chiuse e nessuno per le strade: dopo due anni di transizione democratica, un colpo di Stato riporta il Sudan nelle mani dei militari

Lunedì 25 ottobre l’esercito del Sudan, nell’Africa nordorientale, ha ripreso in mano la gestione politica di transizione che si era istaurata dopo le rivolte del 2019. Il premier scelto dalla rivoluzione e dalla comunità internazionale, Abdallah Hamdok, è stato arrestato e condotto in un luogo segreto fino a martedì sera, quando è stato riportato al suo domicilio ma in stato di fermo.

Dopo alcune settimane di scontri nella capitale Khartoum tra militari e sostenitori della democrazia, le tensioni sono sfociate in una manovra militare che ha bloccato l’aeroporto lunedì mattina, i ponti e la libera circolazione nella città. Gli esponenti del governo sono stati arrestati e il capo dell’esercito, Abdel Fattah Al-Burhan, si è autoproclamato presidente.

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Abdallah Hamdok durante un’intervista – Foto: © UNESCO/Christelle ALIX (via Flickr)

Cosa è successo in Sudan: una fragile democrazia

Nell’aprile 2019, dopo settimane di proteste di piazza, il trentennale governo militare di Omar Hasan Ahmad al-Bashīr era stato destituito dalle Forze di Libertà e Cambiamento (Ffc). La comunità internazionale, con a capo gli Stati Uniti, aveva sostenuto un governo di transizione composto da politici e alcuni deputati delle milizie locali.

Due anni di discussioni e manifestazioni finiti il 21 settembre scorso, quando un tentativo di golpe per mano di alcuni miliziani aveva riportato tensione tra le strade delle città. I sostenitori di al-Bashir avevano presidiato la piazza davanti al parlamento chiedendo la destituzione di tutti i ministri di transizione e il premier Abdallah Hamdok aveva risposto indicando il 17 novembre 2021 come data per le elezioni libere e democratiche richieste dal popolo.

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Sudan, colpo di Stato: il ritorno dei militari

Sabato 23 ottobre però il presidente Abdallah Hamdok in un discorso alla televisione di Stato aveva annunciato le difficoltà di trovare accordi con le parti militari del Parlamento. «Non sono neutrale o un mediatore in questo conflitto. La mia posizione chiara e ferma è l’allineamento completo della transizione democratica civile».

Una dichiarazione emblematica, che aveva lo scopo di respingere le pressioni militari sempre più insistenti. Nel tardo pomeriggio di domenica 24 però l’esercito ha marciato nelle strade della capitale sparando sui manifestanti gas lacrimogeni. In serata la connessione internet è stata sospesa e sono arrivate le prime richieste da parte delle ambasciate estere di sospendere le tensioni.

Kharthum: strade e Parlamento vuoti, tutti sotto arresto

Una fonte che si trova nella capitale per motivi umanitari, e che chiede l’anonimato per paura di ritorsioni, lunedì sera commentava così:

«Stamane le strade sono deserte. Qualcuno si muove in cerca di negozi per fare le scorte. Domani sarebbe giorno di paga… quindi a stare in casa senza soldi e senza pane sarà dura.Ieri per strada sono scesi a migliaia. L’esercito non c’è andato leggero. Ci sono stati morti e feriti».

Decine di persone sono state arrestate e portate in alcuni commissariati della capitale, riferisce Al Jazeera. Oltre al presidente Abdallah Hamdok anche il ministro di Industria e commercio Ibrahim El Sheikh è stato arrestato e trattenuto nella sua casa. Il Parlamento è stato chiuso e le televisioni mandano solo canzoni e video musicali.

Sudan oggi: la condanna internazionale al golpe

L’ambasciata statunitense è stata la prima ad avvisare i connazionali presenti nel paese indicando i numeri di emergenza da chiamare e chiedendo di rimanere chiusi in casa. Condannando l’azione militare, l’ambasciatore Usa ha chiesto di evitare assembramenti in aeroporto perchè tutte le linee internazionali erano già state sospese nella notte tra domenica e lunedì.

Il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto il rilascio del premier e dei ministri e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha domandato di preservare l’integrità e libertà del premier arrestato e fermare le violenze sui manifestanti.

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