Banane Ecuador: piantagioni tra diritti violati, abusi e pesticidi

Le piantagioni di banane in Ecuador sono accusate di funzionare sulla base di violazioni dei diritti dei lavoratori, delle donne e dei migranti. Nel Paese operano le più grandi multinazionali del settore, tra le quali Dole, Chiquita e Del Monte

da Machala, Ecuador

La produzione di frutta è da sempre una delle attività economiche più lucrative dell’America Latina. Il suolo fertile, il clima e la manopera a basso costo hanno convertito le coste tra Guayaquil e Huaquillas in Ecuador in un’ampia monocoltura della banana, il frutto più commercializzato al mondo.

Nella provincia di El Oro questo settore dà lavoro a più di 100 mila persone, ma sono numerose le violazioni dei diritti del lavoro e frequenti i casi di xenofobia contro i migranti e di abuso contro le donne.

L’assenza di alternative economiche e la paura di perdere il posto sono spesso le cause principali che impediscono ai lavoratori e alle lavoratrici di sporgere denuncia contro queste violazioni.

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Donna al lavoro nel processo di selezione delle banane – Foto: © Samuel Bregolin

Banane, Ecuador primo esportatore al mondo

L’Ecuador è il primo esportatore di banane con circa il 34% del commercio mondiale. Il paese esporta 6,65 delle 19,5 milioni di tonnellate che raggiungono annualmente i paesi del consumo quali Stati Uniti, Canada, Europa e Russia.

La produzione di banane ecuadoriane si concentra nelle province di Guayas, Los Rios e Machala. Machala e la provincia di El Oro sono considerate una delle capitali mondiali della banana. Qui le coltivazioni si ripetono monotone per svariati chilometri.

L’accumulazione di terre da parte di una minoranza e lo sfruttamento intensivo dei suoli hanno creato una società che soffre di forti disuguaglianze. Mentre pochi proprietari terrieri e alcune aziende internazionali accumulano grandi introiti, la maggioranza della popolazione locale e di quella migrante è costretta a lavorare in condizioni precarie nelle piantagioni. Inoltre, la necessaria irrigazione e concimazione chimica delle piantagioni sta causando l’irreparabile perdita di fertilità dei suoli della regione.

Il “triangolo della banana”, dove operano Dole, Chiquita e Del Monte

Tutte le principali multinazionali del settore sono presenti nel cosidetto “triangolo della banana“, tra le città di Machala, El Guabo e Pasaje. Tra i grandi gruppi che commercializzano le banane della costa sud dell’Ecuador ci sono giganti come Dole, Chiquita e Del Monte, che operano perlopiù attraverso fornitori terzi.

Questo settore produttivo, uno dei principali del settore primario in Ecuador, genera un’economia milionaria, che passa ogni giorno attraverso il porto di Puerto Bolívar.

Neanche la crisi sanitaria scatenata dal nuovo coronavirus ha potuto fermare troppo a lungo questo settore produttivo. La produzione non si è fermata perché le piante continuano a produrre e, come si dice da queste parti, «anche durante il lockdown le banane continuano a crescere».

Il porto di Puerto Bolívar è rimasto chiuso solo per poche settimane, poi le grandi navi cargo con le loro centinaia di container colorati hanno lentamente ripreso ad uscire in mare.

Quello della banana è un mercato internazionale, i frutti sono raccolti ancora verdi per poter arrivare maturi migliaia di chilometri più in là. La quasi totalità della produzione è destinata all’esportazione verso l’Europa o gli Stati Uniti, mentre sul posto restano solo i frutti di minore qualità e gli scarti, destinati al consumo animale (fonte: Fao).

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Donna al lavoro nel processo di impacchettamento delle banane in Ecuador – Foto: © Samuel Bregolin

Ecuador, i contratti di lavoro nelle piantagioni di banane

Nonostante gli indubbi progressi fatti a livello di diritti del lavoro durante la cosidetta “revolución ciudadana“, la rivoluzione cittadina proclamata da Rafael Correa tra il 2007 e il 2017, secondo l’Inec, l’istituto di statistica nazionale ecuadoriano, il 75% della popolazione residente nelle province di produzione è disoccupata, ha contratti precari, non ha uno stipendio fisso a fine mese, né usufruisce di programmi di assistenza sanitaria.

Nell’accordo ministeriale numero 2018-0074 del 2018 lo Stato ecuadoriano stabilisce condizioni di lavoro dignitose, nel pieno rispetto dell’integrità delle persone. Ciononostante, è difficile garantire la legalità all’interno delle grandi piantagioni private.

Nelle interviste realizzate da Osservatorio Diritti ai lavoratori di alcune piantagioni di banane nei pressi di El Guabo, la maggioranza di loro ammette di non avere un piano di assistenza sanitaria, di ricevere una paga giornaliera senza alcun tipo di contratto scritto o altra forma di garanzia.

«Solamente i lavoratori con più esperienza hanno dei contratti di lavoro, sono poche le aziende che garantiscono la tredicesima e l’assistenza sanitaria, obbligatorie per legge. La paga è solitamente giornaliera o al massimo settimanale», testimonia Marcos, operaio agricolo.

Secondo l’ultimo censimento sulla popolazione realizzato dall’Inec nel 2010, nella provincia de El Oro il 71,6% dei lavoratori non ha una copertura sanitaria. Solo al momento di un incidente o di un’emergenza i lavoratori scoprono di non essere mai stati affiliati, sebbene in busta paga compaiano le detrazioni a norma di legge.

Ai lavoratori generalmente mancano le prove per poter denunciare questo tipo di abuso, poiché al momento dell’assunzione devono firmare un documento in cui confermano che il datore di lavoro sta adempiendo a tutti gli obblighi di legge. Inoltre, denunciare questo tipo di irregolarità significa affrontare complicati meccanismi istituzionali e lunghe pratiche giudiziarie.

Le contrattazioni per i lavoratori giornalieri si fanno di solito al mattino presto. Alle prime luci dell’alba nelle piazze dei paesi passano alcuni camion che caricano il numero di lavoratori necessario per la giornata. Presentarsi nell’ora e nel posto in cui transitano i camion non dà alcuna garanzia di ottenere il lavoro.

Dall’altra parte, il nuovo codice del lavoro, approvato nel 2015, mantiene in vigore il numero di 30 persone, che lavorino tutte per lo stesso datore di lavoro, come numero minimo per fondare un nuovo sindacato. Nella provincia de El Oro le piantagioni sono lottizzate e gli appezzamenti di poche decine di ettari distribuiti a piccoli proprietari, le cui aziende superano raramente le 20/25 persone. La manodopera inoltre viene spesso contrattata attraverso intermediari e terzializzata.

La Asociación Sindical de Trabajadores Campesinos y Bananeros, l’associazione sindacale dei lavoratori contadini del settore delle banane, denuncia l’esistenza di liste nere di persone da non assumere che circolano tra i vari datori di lavoro, nelle quali figurerebbero i nomi di chi ha esercitato attività sindacali.

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Un uomo al lavoro durante la raccolta delle banane in Ecuador – Foto: © Samuel Bregolin

Donne e migranti venezuelani vittime del sistema

Le condizioni di lavoro sono ancora più difficili per i migranti, prevalentemente dal Venezuela, che arrivano nella provincia di El Oro in cerca di lavoro. In seguito alla grave crisi economica del 2000, l’Ecuador ha “dollarizzato” la propria economia e per i migranti venezuelani il dollaro è la garanzia di poter inviare denaro alle famiglie rimaste in Venezuela con un cambio vantaggioso.

In un paese colpito da gravi fratture e tensioni sociali, è cresciuta la xenofobia contro la popolazione migrante, accusata di portare in Ecuador violenza, prostituzione e narcotraffico. Questa situazione rende particolarmente vulnerabile la popolazione migrante al momento della contrattazione professionale.

«Ai venezuelani di solito viene offerta una paga di 18 dollari al giorno», spiega un lavoratore agricolo che desidera rimanere anonimo. Il che significa meno dei 20/25 dollari a giornata di lavoro che dichiarano di ricevere i lavoratori ecuatoriani. Alle donne, invece, considerate meno produttive, viene offerta la metà della paga di un uomo.

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Violenze contro le donne nelle piantagioni di banane in Ecuador

I migranti venezuelani arrivano nella provincia di El Oro dopo aver attraversato la Colombia e l’Ecuador, spesso a piedi. Nella maggioranza dei casi non hanno documenti migratori validi, non hanno il passaporto e, a volte, neppure la carta d’identità venezuelana.

Questa situazione di migrazione irregolare crea le condizioni per lo sfruttamento economico e lavorativo. Le donne che lavorano nelle aziende agricole sono frequententemente vittime di maltrattamento e di abuso sessuale.

«La maggior parte delle donne preferisce non denunciare le violenze che subisce», dice Jorge Largo, giornalista esperto dei diritti del lavoro nelle piantagioni di banane. «Le donne migranti, vivendo in una situazione irregolare, hanno paura di perdere il lavoro o di venir denunciate alla polizia».

Per il semplice fatto di essere migranti, molte donne subiscono molestie sessuali, sono vittime di una carica di lavoro supplementare, vengono spostate da una mansione all’altra o fanno ore di lavoro straordinario senza ricevere una compensazione economica adeguata. Se non sono d’accordo vengono licenziate.

Secondo i dati raccolti e il lavoro investigativo fatto dal Movimiento de Mujeres de El Oro, il movimento delle donne della provincia di El Oro, questo tipo di situazioni è estremamente comune nelle aziende agricole della zona, tanto da poter essere considerato quasi una consuetudine. Anche se non tutte le aziende agricole permettono e tollerano questo tipo di atteggiamenti, c’è una generale tendenza a lasciar correre, a considerarlo qualcosa di poco grave.

Maria è una migrante venezuelana di 27 anni, vive con la figlia e il marito in una zona rurale vicino a El Guabo, e accetta di condividere la sua testimonianza solo sotto falso nome. Da quasi un anno non ha più un impiego perché, dice, è stata vittima di abuso sul posto di lavoro:

«Gli ingegneri agricoli e il personale delle aziende agricole hanno molto potere sul posto di lavoro. Loro hanno un contratto fisso, mentre noi donne lavoriamo come giornaliere nel processo di impachettamento della frutta. Non si contano le ore di lavoro, iniziamo presto al mattino e non sappiamo a che ora finiremo la sera. Quando ho rifiutato l’invito a cena da parte di un ingegnere agricolo, prontamente mi hanno comunicato che a partire dall’indomani mattina il mio lavoro in azienda non era più necessario».

Banane Ecuador e pesticidi: l’impatto su ambiente e salute

Questo tipo di coltivazioni industriali inoltre ha un forte impatto sugli ecosistemi naturali. L’aumento progressivo delle aree coltivate influenza la biodiversità di molte specie endemiche. Gli habitat naturali sono distrutti al momento di stabilire nuove monocolture di banane.

L’uso intensivo di agrofarmaci e l’impiego di pesticidi disseminati tramite “fumigazioni” aeree causa la perdita di fertilità dei suoli e la scomparsa di microrganismi e insetti.

Secondo dati Fao, l’uso sistematico di pesticidi nell’industria della banana pregiudica il sistema respiratorio dei lavoratori, includendo il rischio di malattie croniche e tumori, contamina i suoli, l’acqua, le falde acquifere, avvelena gli animali selvatici e gli agenti impollinatori come le api, oltre a rappresentare un rischio per la salute pubblica e l’avvelenamento dei consumatori.

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