Sistemi alimentari: agroindustria contro agroecologia e sovranità alimentare

Da un lato il Food Systems Summit delle Nazioni Unite, dall’altro il Food Systems for people. Istituzioni internazionali e grandi aziende per l'uno, società civile e popoli indigeni per l'altro. Ecco perché il futuro dei sistemi alimentari resta ancora su traiettorie opposte a un mese dal vertice di New York

Modelli contrapposti. Quando si tratta di progettare nuovi sistemi alimentari a livello mondiale le strade da percorrere partono da presupposti molto diversi a seconda di chi li propone. La rottura ufficiale si è consumata in occasione del primo summit delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari. Una prima assoluta e una separazione netta.

Agenda 2030: fallimenti dell’attuale sistema alimentare

«Il sistema alimentare attuale deve essere riformato. Deve diventare più sano, sostenibile ed equo».

A dirlo è stato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Gutierres, quando ha lanciato ufficialmente il primo Food System Summit dell’Onu. «Dobbiamo lavorare insieme per trasformare il modo in cui produciamo, consumiamo e pensiamo il cibo», si legge sul sito dell’organizzazione dedicato al vertice che si terrà negli Stati Uniti in autunno.

La necessità di trasformare il sistema alimentare emerge anche dall’ultimo rapporto The State of food security and nutrition in the world (Sofi) (Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo) a cura della Fao. Nel 2020 il tasso di denutrizione è aumentato. Sono tra 720 e 811 milioni le persone che nel 2020 hanno sofferto la fame, 118 milioni in più rispetto all’anno precedente. Sono cifre che ci allontanano dall’obiettivo “fame zero” dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Sostenibile.

Le previsioni sono fosche: potrebbero essere fino a 660 milioni le persone che soffriranno ancora la fame nel 2030. L’insicurezza alimentare è aumentata lentamente dal 2014. La pandemia ha avuto un impatto anche sulla malnutrizione infantile: il 22% dei bambini sotto i 5 anni soffre di arresto della crescita; il 6,7% è debilitato; il 5,7% è sovrappeso.

Il vertice si propone di affrontare anche temi ambientali: dalla perdita di biodiversità all’infertilità dei suoli, dall’emissione di gas serra agli effetti del cambiamento climatico su tutta la filiera agroalimentare.

Cause dell’insicurezza alimentare

I fattori che mettono in crisi la sicurezza alimentare e la nutrizione nel mondo secondo il rapporto Sofi 2021 sono numerosi. I conflitti rimangono una delle cause principali delle crisi alimentari, a questi si aggiungono i cambiamenti climatici e gli eventi estremi. Crisi economiche e pandemia hanno contribuito all’aumento della malnutrizione.

La crescente insicurezza alimentare è associata anche all’impossibilità di accedere a diete sane. In questo caso il sistema alimentare ricopre un ruolo rilevante, considerando la produzione, la distribuzione e il consumo. Il rapporto sostiene la necessità di un cambiamento nel sistema alimentare in senso più inclusivo e più sostenibile dal punto di vista ambientale.

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Container nel porto di Anversa, Belgio – Foto: Pixabay

Sistemi alimentari e disuguaglianze

Secondo l’ong Fian International il rapporto della Fao non mette abbastanza in evidenza le storture interne al sistema alimentare: le disuguaglianze che contribuiscono all’aumento della fame e della malnutrizione. Fian International, invece, evidenzia come proprio il sistema alimentare industriale contribuisca al cambiamento climatico, alla distruzione della natura, alla perdita di biodiversità, alla violazione dei diritti dei contadini e dei popoli indigeni, all’accaparramento delle terre e alla concentrazione delle risorse nelle mani di pochi.

Nel rapporto The state of right to food and nutrition (Lo stato del diritto al cibo e alla nutrizione) a cura della coalizione di organizzazioni Global Network for the right to food and nutrition vengono sottolineati, da un lato, gli impatti del sistema alimentare industriale e, dall’altro, la capacità di resilienza dei sistemi alimentari locali di piccola scala.

Sistemi alimentari sostenibili: a Roma presentate due visioni opposte

A Roma, a fine luglio, sono state presentate due visioni opposte del futuro dei sistemi alimentari mondiali: al prevertice delle Nazioni Unite e durante la contro-mobilitazione della società civile. Da un lato istituzioni internazionali, governi e grandi multinazionali, dall’altro chi produce il cibo: contadini, allevatori, pastori e popoli indigeni.

Il summit, annunciato nel 2019 dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Gutierres, si terrà a settembre a New York. Un vertice nato sotto l’insegna della partnership con il World Economic Forum, dell’inclusione tardiva del Comitato per la sicurezza alimentare della Fao e dall’assenza di una grossa fetta di società civile. Un summit che ha l’ambizione e il potere di indirizzare i prossimi investimenti degli Stati e del settore privato.

Molti tra i rappresentanti della società civile hanno denunciato la scarsa democrazia nel processo di preparazione del vertice, l’influenza delle multinazionali nella definizione dei temi e le carenze nell’inclusione dei diritti umani nell’agenda. A partire dal Meccanismo della società civile e dei popoli indigeni, organo autonomo del Comitato per la sicurezza alimentare, sono centinaia le organizzazioni che hanno deciso di boicottare in massa il pre-summit. Hanno dato vita a incontri e dibattiti, mettendo al centro diritti umani, sovranità alimentare, equità, democrazia, sistemi alimentari locali e conoscenze indigene.

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Mercato contadino sulle barche.

Onu e società civile: sistemi alimentari a confronto

Il modello di sistema alimentare proposto dal UN Food Systems Summit è quello delle soluzioni basate sulla tecnologia, sull’intensificazione sostenibile. Dalla smart agriculture con i droni all’utilizzo di semi ogm, dalla ricerca scientifica all’agricoltura industriale.

Il sistema alimentare che emerge dai movimenti contadini, da ong e popoli indigeni riuniti nel Food Systems for people è drasticamente diverso. Il presupposto è il rispetto dei diritti umani: solo rispettando i diritti delle popolazioni, che sono spesso le più vulnerabili, le più soggette a forme di malnutrizione, si potranno trovare soluzioni durature.

A confermare le impostazioni molto diverse delle due manifestazioni è anche il relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto al cibo Michael Fakhri. «Ci è voluto un anno per inserire i diritti umani nell’agenda del vertice ONU» racconta, evidenziando che una volta inseriti sono stati presentati come una delle possibili strade da percorrere.

«Al contrario, i diritti umani sono risultati fondanti, sin dal principio, per la contro-mobilitazione della società civile»

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Trattore al lavoro in un campo

Il ruolo dell’agroecologia: si discute in vista del summit di New York sui sistemi alimentari

Un altro elemento di rottura tra i due modelli proposti a luglio si gioca sul termine agroecologia. Per il summit ufficiale è una delle numerose soluzioni che si possono adottare. «È stata una lotta poterla inserire nell’agenda», afferma Michael Fakhri, e aggiunge che il lavoro è appena cominciato perché bisogna intendersi sul suo significato.

Per i movimenti l’agroecologia è il paradigma da adottare per concepire sistemi alimentari locali, creati intorno ad una comunità, dove i piccoli produttori, i popoli indigeni e i consumatori condividono i rischi e i vantaggi dell’attività agricola. «L’importanza dell’agroecologia nel contesto del sistema alimentare è non considerare separatamente ecologia e giustizia sociale», sottolinea il relatore speciale Onu. Fakhri ha sostenuto ufficialmente la stretta relazione tra agroecologia e diritti umani:

«Il modo in cui trattiamo la terra, l’acqua e il nostro ambiente riflette come ci trattiamo l’un l’altro, e viceversa».

Al vertice Onu manca la centralità di contadini e popoli indigeni

Per i movimenti sociali che si sono organizzati nella piattaforma del controvertice popoli indigeni, contadini, pastori e pescatori sono i soggetti principali per trasformare il sistema alimentare in senso più equo. Sono coloro che sperimentano in prima persona soluzioni resilienti al cambiamento climatico, che adottano agricolture che imitano i processi naturali, che producono biodiversità e inclusione sociale.

Nel modello promosso durante il summit Onu rimangono marginali. Le poche voci della società civile intervenute nella manifestazione istituzionale hanno chiesto maggiore attenzione, maggiore centralità. Le grandi imprese sono considerate, dagli organizzatori, parte della soluzione alle storture del sistema alimentare. Posizione opposta a quella della società civile che le considera, invece, parte del problema.

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Contadino al lavoro nei campi

Sovranità alimentare, accesso alla terra e alle sementi

Alcune tematiche sono completamente escluse dai tavoli ufficiali e sono proprio quelle analizzate e presentate dalla società civile come fondanti per i nuovi sistemi alimentari. Si tratta della sovranità alimentare, come base del diritto al cibo. Perché non basta assicurare un pasto: bisogna comprendere chi ha il controllo della terra, dell’acqua e delle risorse naturali.

Il cibo ha un valore sociale, culturale, comunitario. I diritti umani sono alla base del sistema: l’accesso alle sementi e alla terra, alle risorse naturali, le conoscenze indigene e l’economia della cura.

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