Istruzione in Brasile: tagli di Bolsonaro e pandemia negano il diritto alla scuola
Il governo brasiliano spende meno nell'istruzione nonostante l’emergenza Covid-19 e fallisce gli obiettivi del Piano nazionale di educazione. A danno dei più poveri e aggravando le disuguaglianze: molte scuole restano chiuse, mentre un milione di studenti non frequenta e altri quattro milioni non hanno accesso a internet
Il fallimento pressoché totale del Plano Nacional de Educação-Pne (Piano nazionale per l’educazione), l’assenza di azione del governo durante la pandemia e la diminuzione costante degli investimenti nell’istruzione: nelle ultime settimane ricerche, indagini e richiami di organizzazioni della società civile descrivono il Brasile come un paese sempre più diseguale e sempre più povero nell’ambito educativo.
Istruzione in Brasile: obiettivi sempre più lontani e analfabetismo in risalita
Il 24 giugno un gruppo di associazioni e organizzazioni riunite nella sigla “Campagna nazionale per il diritto all’educazione” (Campanha Nacional pelo Direito à Educação) ha pubblicato l’ultimo dei suoi rapporti sull’andamento del Piano nazionale per l’educazione (Pne), lanciato nel 2014, con 20 ambiziosi obiettivi da raggiungere entro il 2024.
Purtroppo, però, dopo sette anni soltanto cinque di questi sono stati “parzialmente raggiunti”. Sradicare l’analfabetismo, rendere universale l’accesso all’istruzione fino ai 17 anni di età, garantire il tempo pieno in almeno metà delle scuole pubbliche (fra gli altri) sembrano invece sempre più lontani.
L’analfabetismo funzionale nella popolazione fra i 15 e 64 anni, invece che diminuire è addirittura aumentato (dal 27 al 29%) e si è ridotto anche (da 42mila a 28mila) il numero di scuole in grado di offrire la frequenza a tempo pieno (con 1,5 milioni di studenti in meno a beneficiarne).
Per la coordinatrice generale della Campagna, Andressa Pellanda, la situazione è tuttavia anche peggiore: «La mancanza di investimenti e misure per garantire le infrastrutture, l’accesso, la permanenza e la qualità del diritto all’educazione» genera un’esclusione che gli indicatori utilizzati nel rapporto non sono in grado di descrivere, ha dichiarato. «Sono milioni gli studenti senza accesso all’istruzione e soggetti a vulnerabilità, povertà, fame, lavoro infantile, sfruttamento e violenze di vario tipo».
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L’istruzione scolastica in Brasile ai tempi di Bolsonaro
Poche settimane prima l’allarme era stato lanciato anche a livello internazionale: secondo Human Rights Watch e l’organizzazione Todos pela Educação (Tutti per l’educazione), il governo brasiliano non ha affrontato le conseguenze della pandemia in ambito educativo, lasciando così milioni di bambini e ragazzi privi della possibilità di accesso alle scuole.
Oltre ad ignorare le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità per arginare il contagio – anzi minimizzando la gravità della situazione e alimentando il negazionismo (leggi Bolsonaro: presidente Brasile alla sbarra per gestione crisi coronavirus) – il governo di Jair Bolsonaro non ha neanche sfruttato le risorse già a disposizione: come risulta dall’indagine di un’apposita Commissione parlamentare sulle spese e gli investimenti del ministero dell’Educazione nel 2020, c’è stata una «inspiegabile diminuzione delle spese in varie aree del settore», mentre si sarebbero dovute affrontare nuove sfide, ad esempio investendo «sulla capacità di connettersi ad Internet e sull’implementazione dei protocolli sanitari».
Addirittura nel 2020 è stato speso meno di quanto già stanziato per l’ambito educativo: erano stati destinati appena 143,3 miliardi di reais (il valore più basso dal 2011) e ne sono stati spesi 116,5 miliardi, solo l’81% del totale.
Secondo Olavo Nogueira Filho, direttore esecutivo di Todos pela Educação, ciò è avvenuto «in parte per incapacità gestionale e in parte per l’assenza di un progetto chiaro per l’educazione di base».
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Livello di istruzione: effetto pandemia e problemi strutturali
Se si tiene anche conto dell’Emendamento costituzionale n. 95 (approvato nel 2016), che impone un tetto alle spese – vincolandole all’inflazione – in vari settori (fra cui salute ed educazione) per i venti anni successivi, e la possibilità di tenere le scuole pubbliche chiuse fino alla fine dell’anno, il peggioramento delle disuguaglianze appare un risultato quasi scontato: gli effetti della pandemia sull’educazione hanno fatto sì che la percentuale di bambini e ragazzi dai 6 ai 17 anni che non frequentano la scuola salisse dal 2% nel 2019 al 3,8% nel 2020 (oltre 1,3 milioni di studenti). A questi vanno aggiunti altri 4,1 milioni di alunni che, pur formalmente iscritti, non hanno accesso ai materiali scolastici.
Tale possibilità è infatti fortemente limitata dalla difficoltà di disporre di una connessione adeguata e di uno smartphone o un computer: come riporta una ricerca sulla “alfabetizzazione in rete” durante la pandemia, che ha coinvolto 28 università e 14mila docenti dell’educazione di base, per il 71% degli insegnanti intervistati fare lezione si riduce a conversazioni su gruppi su WhatsApp.
Un’altra ricerca mette in luce, oltre ai limiti nella possibilità di connessione (secondo il 79% degli intervistati), anche le difficoltà nel mantere un coinvolgimento adeguato (64%) degli studenti a distanza e la conseguente perdita dei vincoli (54%).
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Studiare in Brasile: le disuguaglianze aumentano
A soffrire di più della chiusura delle scuole sono le minoranze (popolazione afrodiscendente e popoli indigeni): secondo l’Istituto brasiliano di geografia e statistica (Ibge), a novembre 2020 non ha avuto accesso all’istruzione il 16,6% dei bambini e adolescenti appartenenti a nuclei familiari che percepiscono meno della metà di un “salario minimo” (circa 186 euro), mentre il 46,7% del totale degli esclusi vive nelle regioni del Nord e Nordest, tradizionalmente più povere.
Anche nelle scuole che nel frattempo hanno riaperto, gli alunni appartenenti alla fasce più basse sono soltanto il 16% del totale. E mentre il 40% degli studenti del Sud e Sud-Est del paese è potuto rientrare, nel Nord ha avuto questa possibilità solo il 6% e nel Nordest l’11%, come testimonia una ricerca commissionata dalla Fondazione Lemman e dalle banche Itaú e Bid (Banco Interamericano de Desenvolvimento).
La stessa indagine racconta anche il rischio dell’abbandono scolastico, che riguarda quattro alunni su dieci dell’istruzione di base (nel 2020 erano il 26%), a causa della scarsa motivazione e della percezione di non star apprendendo: il 22% dichiara addirittura di saperne di meno dell’anno passato.
Secondo Denis Mizne, direttore esecutivo della Fondazione Lemann, «gli effetti a lungo termine del Covid-19 in Brasil riguarderanno l’educazione. Un’intera generazione resterà profondamente marcata dalla pandemia e il paese dovrà agire su più fronti per recuperare».
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Diritto all’istruzione in Brasile: chi rischia di più
L’impossibilità di frequentare la scuola ha anche altri effetti, fra cui l’isolamento sociale, la malnutrizione (per molti è essenziale il pasto in mensa fornito gratuitamente o con un forte sconto) e la maggior esposizione a violenza e sfruttamento (quello sessuale, ma anche il lavoro infantile, il reclutamento da parte dei gruppi criminali), oltre a matrimoni e gravidanze precoci.
Di fronte a tutto questo, le proposte non mancano: oltre agli investimenti economici, si dovrebbe ad esempio, come suggerisce l’Unicef, lavorare nelle comunità, attivando il dialogo e la comunicazione, avviando il recupero degli alunni che non frequentano più, garantendo a tutti l’accesso a internet.