Femicidi: non si ferma la violenza su mogli, compagne ed ex
Ecco l’andamento degli omicidi in Italia nel primo semestre 2021, con un focus speciale sui femicidi
Dodici ultrasettantenni, Soccorsa, Antonia, Lorenza, Giuseppina, Alberta, Rosaria, Anna, Tina, Antonietta, Emanuela, Rachele, Gabriella. Quattro adolescenti, Roberta, Saman, Alessandra, Chiara. Due bimbe, Sharon ed Edith. Quaranta donne nel pieno della giovinezza o della maturità, Victoria, lidia, Carolina e le altre.
Da gennaio a giugno 2021, andando a riguardare le pagine di cronaca nera dei quotidiani e siti e blog, si contano i nomi di 56 vittime di omicidio di genere femminile e di due presunte vittime, sparite nel nulla e quasi certamente ammazzate (Saman Abbas, punita probabilmente per ché non accettava un matrimonio combinato, e la 55enne Laura Ziliani).
Il dato riepilogativo – 58 – prende in considerazione “solo” i delitti volontari e non anche i preterintenzionali e neppure le morti come conseguenze di altri reati, da aggiungere alla tragica conta.
Leggi anche:
• Giornata internazionale della donna: 8 marzo 2021 tra pandemia e diritti negati
• Omicidi in Italia: ai minimi storici nell’anno della pandemia
Femicidi, nessuna inversione di tendenza
Nello stesso periodo del 2020 le donne ammazzate sono state 62 (numero incrociato con le statistiche operative elaborate e diffuse dalla Direzione centrale della polizia criminale).
Nel primo semestre 2019 furono 56 (dato sempre verificato con gli analisti del Viminale). Leggere oscillazioni, dunque. Non una netta inversione di tendenza e neppure la temuta escalation nei periodi di lockdown totale e parziale.
Omicidi in Italia: i dati 2020 e le vittime donne
Vite stroncate. Famiglie distrutte. Storie che indignano e interrogano. Finirà questa scia di sangue? Aver aggravato le pene è servito oppure questa strategia da sola non basta? E l’uccisione di uomini, non meno grave, può essere considerata scontata o accettabile?
Nel 2020, tornando alle cifre, sono state ammazzate 116 donne, ragazze, bambine (su 283 morti violente complessive, ai minimi storici). Alle 112 censite inizialmente se ne sono aggiunte quattro, per una diversa rubricazione dei reati presi in considerazione o per novità investigative (una donna straniera scomparsa non era sparita per scelta, ad esempio, ma era stata ammazzata e così è entrata nella macabra contabilità).
In 67 casi ha colpito un partner o un ex partner. Nel 2019 le vittime di genere femminile furono 110 su 316 (con 67 assassinii di coppia), nel 2018 si era arrivati a 141 su 359 (e a 75 delitti all’interno di una relazione in corso o finita).
Leggi anche:
• Caregiver: assistono milioni di persone, ma sono senza diritti
• Giornata contro la violenza sulle donne: il sistema di contrasto è inadeguato
Omicidi di uomini
Altri dati del primo semestre 2021. Le vittime di omicidio di genere maschile sono in aumento, dopo un calo marcato e prolungato: 78 da gennaio a giugno 2021 (dato operativo, cioè da stabilizzare, della Direzione centrale della polizia criminale), 72 da gennaio a giugno 2020, 105 da gennaio a giugno 2019.
Donne vittime di violenza: chi sono e perché uccidono gli assassini
I profili e le biografie degli ultimi assassini di donne (rei confessi o presunti tali, tutti ancora da processare o da dichiarare non imputabili) sono quelli di sempre, pur con differenti pesi percentuali. In quasi metà dei casi sotto accusa è il partner o l’ex partner della vittima, un marito, un compagno, un fidanzato.
Il resto degli autori (conclamati o sospettati) è un assortimento di familiari (figli e padri, un fratello, un nipote, un suocero e un genero, forse uno zio e due cugini) e di altre figure conosciute (un inquilino, ll figlio di un vicino, un cliente, il figlio di una vicina di casa, il ragazzo dei sogni).
Ma c’è anche un delitto (la fine violenta di Elisa Campeol) per cui sembra che tra omicida e vittima non ci fosse alcun tipo di relazione. Un omicidio casuale, in cui pare entri in gioco la malattia mentale, come in una manciata di altre vite e storie.
Cinque le stragi in famigliae/o di vicinato.
Iscriviti alla newsletter di Osservatorio Diritti
Femicidi, i casi di assassini in divisa e under 18
Scorrendo l’elenco degli autori, palesi o presunti, alcuni colpiscono più di altri. Compaiono due uomini che avevano giurato, per lavoro, di proteggere il prossimo. Un finanziere (suicida) e un carabiniere. C’è poi un metronotte, tra gli indagati. C’è un giornalista e autore di programmi tv.
E c’è un ragazzo di 16 anni, con problematiche psichiatriche tutte da scandagliare e approfondire: l’assassino di Chiara Gualzetti, lei 15 anni, accoltellata il 27 giugno a Monteveglio di Valsamoggia. La follia potrebbe non essere una giustificazione di comodo, per lui e per altri, ma un dato di fatto, materia da consulenze e perizie e da accertamenti sul grado di maturità e consapevolezza (per i minori sempre obbligatori).
Alto il numero di omicidi-suicidi
I moventi che ricorrono con maggiore frequenza non cambiano: gelosia, possesso, incapacità di accettare la fine di una relazione, rabbia, rancore e il no a nozze forzate.
Poi ci sono stati uomini che hanno massacrato le compagne di vita per quella che i criminologi chiamano pietatis causa (perché malate o sofferenti) o perché pensavano di non essere in grado di assisterle e accudirle.
Alcuni assassini si sono tolti la vita, altri ci hanno provato. Sempre nel primo semestre 2020 la voce femicidi-suicidi fa segnare 14 (circa un quarto del totale), con 4 femicidi-tentati suicidi. Due presunti responsabili hanno scelto di uscire di scena mentre erano in carcere.
Delitti al femminile: vittime e presunte autrici
Le donne presunte assassine di donne (ancora da processare, così come gli uomini) sono in nettissima minoranza, in linea con il passato: le mamme di Edith Anzaghi e di Alessandra Mollica (con il suicidio della seconda), la vicina di casa di Sandra Milena Garecia Ros, le due figlie di Laura Ziliani (queste ultime per ora sotto inchiesta in stato di libertà, con il fidanzato di una delle due).
Leggi anche:
• Violenza psicologica sulle donne: l’altalena emotiva in una mostra
• Yazidi: persecuzioni e violenze sulle donne nel racconto di Lamiya
Mappa dei femicidi: la Lombardia è la più crudele
Monteveglio, Novellara, Ventimiglia, Cerignola, Faenza, Castrovillari, Caccamo…. Nel primo semestre 2021 sono state uccise più donne in paesi e cittadine di provincia che in grandi comuni e metropoli, fatta eccezione per Roma.
Solo in 7 regioni la violenza estrema e irrimediabile ha risparmiato mogli, madri e figlie, compagne, ex, amiche.
La regione più cruenta e crudele risulta essere la Lombardia, con 10 vittime di genere femminile. A Milano città, diversamente che negli anni precedenti, non è stata uccisa alcuna donna. Sono stati ammazzati quattro uomini, uno dei quali dalla moglie. E cinque sono le donne massacrate nell’hinterland, tra cui due prostitute lasciate senza scampo da due assassini gelosi, un compagno-sfruttatore e un ex fidanzato.
Segue il Lazio, con 7 vittime, 3 nella capitale, 4 in provincia. A ruota si piazzano Piemonte, Emilia Romagna e Puglia, con 6 donne uccise.
Omicidi ai minimi storici, ma i femicidi non crollano
Qualche dato in più di medio periodo, indicizzato, lo aggiunge la professoressa Isabella Merzagora, docente della Statale di Milano, presidente della Società italiana di criminologia e autrice di un saggio breve in tema pubblicato dal sito Sistemapenale.it.
«Considerando le serie storiche di maggiore consistenza, se è vero che gli omicidi di donne sono anch’essi diminuiti, la diminuzione generale degli omicidi volontari consumati ha riguardato in maniera maggiore il genere maschile, che ha beneficiato negli ultimi anni di una forte discesa dei livelli di vittimizzazione in generale. Le statistiche del periodo 2002-2018 mostrano come le vittime di omicidio fossero circa 1,6 per centomila maschi e 0,6 per centomila femmine nel 2002 e siano rispettivamente 0,8 e 0,4 nel 2018».
Merzagora: per le vittime di omicidi «uno vale uno»
Tema di riflessione, rileva l’esperta, «non è solo e non è tanto quello dell’aumento o della diminuzione degli omicidi: ce ne fosse anche uno solo, sarebbe lo stesso tragico e scandaloso, perché in questo caso sì che “uno vale uno”. Cioè a dire, si tratta dell’uccisione di una persona, “senza distinzione di sesso”».
Poi, come ricorda la stessa Merzagora, nelle analisi e nelle valutazioni dei casi entrano altri fattori: la consapevolezza della debolezza sociale delle donne e della loro particolare vulnerabilità e il considerare l’uccisione di una donna come condotta diversa rispetto all’uccisione di un uomo.
Il rischio di populismo penale
«Un altro aspetto su cui soffermarsi parlando in particolare di femicidi e risposte processuali – scrive e ribadisce la professoressa – concerne l’assunzione del ruolo supplente e simbolico del diritto penale. C’è un problema sociale, una “patologia culturale”, e si invoca l’ergastolo. Ci sarebbe da interrogarsi in chiave psicologica sul desiderio di pene esemplari che sgorga da taluni commenti, dalla rabbia non arginata. Viene alla mente l’inflessibilità di chi si ritiene nel giusto, una sorta di idealismo pervertito che mette il dito sul paradosso della conversione, in taluni casi, da garantisti a forcaioli».
E si deborda nel populismo penale, come fanno notare osservatori qualificati, quali la stessa Merzagora e Luigi Manconi, ex senatore e sociologo.
Omicidi in Italia, pene inasprite con riforme legislative
C’è chi, quando un femicidio impressiona più di altri, invoca maggiore severità. Le pene base per alcuni tipi di omicidi – indipendentemente dal genere della vittima – di recente sono state appesantite e non di poco, senza correttivi e senza variabili declinate al femminile.
Qualche esempio. Per i reati punibili con l’ergastolo dal 2019 non è più possibile accedere a un processo con il rito abbreviato e alla riduzione automatica di un terzo della condanna (o del passaggio dall’ergastolo a 30 anni di detenzione).
Sempre nel 2019 il Codice rosso ha modificato l’ordinamento intervenendo anche sull’omicidio aggravato dalle relazioni personali. Da allora è previso l’ergastolo (che resta non applicabile a tutti i tipi di delitti estremi) anche quando tra assassino e vittima c’è una relazione affettiva senza una stabile convivenza, oppure c’è una stabile convivenza non connotata da una relazione affettiva. La pena base da 24 a 30 anni non è più prevista solo per il coniuge non separato e non divorziato, ma anche per le ex e gli ex, inclusi i partner di unioni civili.
Il giudice: attenzione alle ricadute
L’abolizione dell’abbreviato per i reati di ergastolo potrebbe avere ricadute negative rilevanti, fuori misura. Stefano Vitelli, giudice torinese, traduce in concreto, in un commento uscito sempre su sistemapenale.it: «C’è il rischio di giungere a soluzioni sanzionatorie “sconcertanti” per eccesso: si pensi all’omicidio commesso pietatis causa dal marito nei confronti della moglie gravemente e irreversibilmente malata senza il suo consenso (e viceversa, la consorte stremata che mette fine alle sofferenze del compagno, ndr); all’uccisione del padre da parte del figlio che ha assistito per anni ai maltrattamenti sulla madre e che all’ennesimo (di per sé non particolare allarmante) episodio vessatorio è esploso in una rabbia omicida; al padre disperato che uccide il figlio (o la figlia) da anni tossicodipendente; all’uccisione della madre per mano di un figlio adottivo (o di una figlia) che risulti avere subito nei primissimi anni di vita gravissime forme di violenza messe in atto dai genitori naturali».
Legittima difesa non riconosciuta alle donne abusate
Discorso analogo per le donne picchiate e abusate, quelle che per proteggere se stesse o i figli arrivano a uccidere compagni maneschi e aggressivi e abusanti. Non sono state previste attenuanti specifiche, quasi mai ai processi viene riconosciuta la legittima di difesa.
Prima dell’inasprimento delle pene, uguali per tutti e tutte, la leva per contenere le condanne al femminile in svariati processi è stata la parziale incapacità di intendere e volere (ove non totale) .Ora si paventano pene abnormi.