Cile discarica della Svezia: città di Arica sommersa dai rifiuti tossici

Nel 1984 una società svedese ha scaricato ad Arica, in Cile, 20.000 tonnellate di rifiuti tossici con alte concentrazioni di arsenico, mercurio, cadmio e piombo. Da allora gli abitanti convivono con questa discarica a cielo aperto, con tutto ciò che questo comporta per salute e ambiente. Finora sono state danneggiate 12.000 persone

Aborti spontanei, tumori, dolori articolari, difficoltà respiratorie, allergie e anemie: queste sono solo alcune delle patologie segnalate come possibili conseguenze della prolungata esposizione ai fanghi tossici nei pressi della città portuale di Arica, nel nord del Cile. Quasi 40 anni dopo gli sversamenti, i residenti continuano infatti a soffrire di problemi di salute.

Un gruppo di relatori delle Nazioni Unite ha identificato i governi di Svezia e Cile come i responsabili di questo «crimine ambientale» e delle relative «violazioni dei diritti umani» e per questo hanno lanciato un appello per porre rimedio «con urgenza» a questa situazione.

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Porto Narrland, Svezia – Foto: Alan Jamieson (via Flickr)

Cile, quei fanghi tossici arrivati dalla Svezia

«I residenti di Arica continuano a soffrire di gravi problemi di salute causati dalla discarica. Alla comunità è stato negato per anni l’accesso alla giustizia e gli abitanti hanno ricevuto poche o nessuna riparazione e ancora oggi chi ha bisogno di cure mediche viene ignorato», si legge nel comunicato stampa rilasciato dagli esperti Onu.

Le quasi 20.000 tonnellate di rifiuti tossici sono state scaricate ad Arica tra il 1984 e il 1985 dalla società svedese Boliden Mineal AB e rimangono tutt’oggi all’aperto, esposte agli agenti atmosferici. Questa discarica rappresenta una costante minaccia per la salute e la sicurezza della popolazione e secondo gli analisti delle Nazioni Unite, questi residui possono contaminare i sistemi di approvvigionamento idrico e dell’acqua potabile.

Hanno stimano che finora le persone colpite dalle problematiche correlate alla discarica sono circa 12.000, molte delle quali «hanno già perso la vita».

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Arica, Cile – Foto: Zorka Ostojic Espinoza (via Flickr)

Arica, i danni dei rifiuti per bambini e donne

Migliaia di bambini, che durante questi anni sono cresciuti intorno alla discarica di rifiuti tossici, si ritrovano oggi, all’età di 20 o 30 anni, con contaminazioni da piombo e arsenico.

Un prelievo di sangue effettuato nel 2000 su quasi 5.000 abitanti della zona, per lo più minori d’età, ha mostrato infatti che tutti i campioni analizzati riportavano la presenza di piombo, arsenico e mercurio nel sangue. Molti dei minori sottoposti alle analisi oggi sono adulti che soffrono di varie patologie tra cui schizofrenia, autismo, disturbi alla vista e mentali.

Inoltre, «alcune donne in età riproduttiva che giocavano nel mucchio dei rifiuti da bambine non sono state in grado di concepire», si legge nel report.

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Niente giustizia per la città cilena: la denuncia dell’Onu

Gli inviati delle Nazioni Unite, guidati dal giurista cileno Marcos Orellana, relatore speciale su Sostanze tossiche e diritti umani, hanno ricostruito l’intera vicenda: l’azienda svedese Boliden Mineal AB aveva pagato la società cilena, la Promel Ltda, per ricevere i rifiuti provenienti dall’impianto di arsenico di Rönnskär, in Svezia.

Secondo il resoconto, la Svezia era a conoscenza della tossicità dei rifiuti ma, nonostante ciò, «non ha rispettato i propri obblighi internazionali». Risulta infatti che, durante la prima spedizione, le autorità cilene non furono avvisate dalla Svezia della tossicità dei fanghi e, per questa ragione, sono stati lasciati esposti senza trattamenti e senza alcuna protezione.

Inoltre, durante gli anni Ottanta stati costruiti in quella zona diversi complessi residenziali. Solo nel 2009, dopo che il caso giunse alla Commissione interamericana per i diritti umani grazie al lavoro delle organizzazioni ambientaliste, le autorità cilene conclusero che l’area dovesse essere evacuata a causa della pericolosità.

Nel 2013 un gruppo composto da 796 cittadini di Arica, tra cui molti difensori dei diritti umani, ha avviato un’azione legale in Svezia contro la Boliden, ma la Corte d’appello della regione del North Norrland ha ritenuto che le richieste avessero superato il limite temporale per l’applicabilità della legge svedese. E così la Corte suprema svedese si è rifiutata di esaminare il caso.

Gli esperti Onu sottolineano però che «le moderne leggi ambientali tengono conto dei periodi di latenza dell’esposizione alle tossine e stabiliscono che il lasso temporale debba essere preso in considerazione dal momento dell’evidente manifestazione del danno», che in questo caso coincide con la comparsa delle prime patologie. Il rifiuto della Corte Suprema, perciò, «equivale a una negazione della giustizia ambientale e rappresenta una violazione del diritto a un equo processo riconosciuto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo».

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Arica, Cile – Foto: Andrés (via Flickr)

Caso Arica, legislazione ambientale violata

Tra i responsabili individuati dai relatori delle Nazioni Unite ci sono anche le autorità sanitarie di Arica che hanno consentito l’importazione di rifiuti senza condurre analisi chimiche e hanno permesso la costruzione di case nella zona contaminata. Quelle abitazioni sono tutt’ora occupate da cittadini cileni, migranti e richiedenti asilo che vivono in condizioni di povertà o estrema povertà.

«Le autorità svedesi e cilene devono cooperare e porre fine alle violazioni dei diritti umani che si verificano da tempo ad Arica». Questa la conclusione degli esperti che hanno sottolineato la necessità di prendere «misure urgenti» per riportare i rifiuti pericolosi in Svezia affinché possano essere smaltiti correttamente e in sicurezza.

L’intervento delle Nazioni Unite su questa problematica è arrivato dopo la messa in onda del documentario “Arica”, di Lars Edman e William Johansson, sulla devastazione provocata dal colosso dell’industria mineraria svedese nel deserto cileno, definita come un caso di «colonialismo moderno».

Arica, dove si trova la città cilena

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