Tigray: la guerra in Etiopia «si fermerà per la stagione agricola»
Il governo di Addis Abeba ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale degli scontri in Tigray, dove una violenta guerra è in corso da novembre 2020. Nei giorni scorsi erano stati uccisi tre operatori di Medici senza frontiere. E milioni di persone sono travolte in questo periodo anche dalla peggiore carestia degli anni Duemila. Ecco qual è la situazione oggi in Etiopia
Poche ore fa l’esecutivo dell’Etiopia ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale nel Tigray, annunciando la fine degli scontri durante la stagione agricola, che dura fino a settembre. Non si tratta della prima dichiarazione di tregua da parte delle forze governative e dovrà quindi essere verificata sul campo.
La guerra nel Tigray e l’uccisione di tre membri di Medici senza frontiere
La guerra nel Tigray vede combattere da un lato l’esercito etiope di Addis Abeba, dall’altro la minoranza tigrina della popolazione. Oltre a investire e travolgere la popolazione locale, il conflitto ha preso di mira nei giorni scorsi anche gli operatori umanitari.
Il 24 giugno, infatti, sono stati uccisi tre membri dello staff di Medici senza frontiere. Maria Hernandez, originaria di Madrid, di 35 anni, coordinatrice dell’emergenza nella regione, Yohannes Halefom Reda, assistente coordinatore etiope di 31 anni, e Tedros Gebremariam Gebremichael, autista, anche lui etiope e di 31 anni, sono stati uccisi e i loro corpi sono stati rinvenuti a pochi metri dal fuoristrada su cui viaggiavano.
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La condanna del commissario Onu per i diritti umani
Ancora non si conoscono le dinamiche dell’accaduto ma un coro unanime di indignazione si è levato a livello internazionale. Anche Michelle Bachelet, alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, si è espressa in merito dicendo:
«Sono indignata per il brutale omicidio di tre operatori umanitari di Medici senza frontiere (Msf) nel Tigray, in Etiopia. Gli operatori umanitari e per i diritti umani sono civili e come tali non possono mai essere presi di mira. Le parti in conflitto devono rispettare pienamente i diritti umani internazionali e il diritto umanitario. Questi omicidi scioccanti si verificano mentre continuiamo a ricevere segnalazioni di gravi violazioni in corso del diritto umanitario internazionale e gravi violazioni e abusi dei diritti umani nel Tigray. Ci deve essere un’indagine tempestiva, trasparente e approfondita sull’uccisione dei nostri colleghi e su tutte le segnalazioni di violazioni dei diritti umani».
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Tigray, guerra senza fine e senza testimoni
Nel corso della guerra in Etiopia, nel silenzio mediatico continuano a essere perpetrate violenze come il bombardamento sul mercato di Togoga nel Tigray, avvenuto pochi giorni fa, che ha provocato la morte di 64 persone.
L’escalation militare ha avuto inizio a novembre quando il governo di Abiy Ahmed, il premier che nel 2019 è stato insignito del Nobel per la Pace per aver messo fino al ventennale conflitto con l’Eritrea, ha dato inizio a un’aggressione contro la regione del Tigray dove vive la minoranza tigrina.
La minoranza etnica ha governato il Paese per oltre 20 anni ed è stata epurata dai vertici dello stato dopo l’arrivo al potere dell’attuale primo ministro.
Da novembre a oggi le violenze si sono intensificate giorno dopo giorno e si sono rafforzate grazie alla censura di Stato applicata dal governo di Addis Abeba, che ha cercato di ostacolare in ogni modo l’arrivo di giornalisti internazionali in loco e che ha attuato una lunga serie di arresti ai danni dei cronisti locali per evitare che potessero essere denunciate le violenze commesse durante le operazioni militari.
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La carestia dilaga nel Tigray
A marzo il premier etiope aveva dichiarato che le truppe si erano ritirate dalla regione. Un’affermazione smentita dagli operatori umanitari e dai pochi osservatori internazionali ancora presenti sul posto. E dopo quasi sette mesi dall’inizio degli scontri l’Onu ha fatto sapere che almeno 4,5 milioni di tigrini hanno bisogno urgente di aiuti umanitari e inoltre, stando a quanto ha denunciato la Croce Rossa, mancano farmaci e cure mediche perché l’80% degli ospedali è stato distrutto o saccheggiato.
Le emergenze più gravi riguardano ora la crisi alimentare che si sta abbattendo nella regione separatista dove è in corso la peggiore carestia degli anni Duemila, dopo quella che aveva travolto la Somalia nel 2011.
Circa 350.000 persone nel Tigray stanno soffrendo la fame secondo la classifica stilata dall’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), un indice globale che si basa sulle valutazioni delle agenzie delle Nazioni Unite e di altre ong regionali e internazionali.
In questo momento, più di 5,5 milioni di persone, circa il 60% della popolazione del Tigray, stanno affrontando uno stato di insicurezza alimentare acuta. Ben 2,1 milioni sono considerati in una fase di “emergenza” e 3 milioni di persone invece stanno attraversando quella che viene definita come vera e propria crisi alimentare.
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Nel Tigray eserciti di Etiopia ed Eritrea usano stupro come arma di guerra
Non ci sono soltanto la carestia e la violenza delle truppe lealiste a sconvolgere l’opinione pubblica internazionale. Nella regione infatti si sta registrando un utilizzo incondizionato dello stupro come arma di guerra.
Le testate internazionali, dal New York Times al Telegraph, hanno raccolto testimonianze di donne che sono state vittime di abusi indicibili e molti operatori sanitari riferiscono che in moltissimi casi non si recano in ospedale per paura di ripercussioni.
L’Ayder Referral Hospital di Macallé ha fatto sapere che solo tra novembre e maggio ci sono stati 503 casi di donne, tra cui 91 minorenni, vittime di stupro di gruppo perpetrati perlopiù da federali e truppe eritree. E la più piccola tra le vittime aveva solo 5 anni.
Quanta inutile crudeltà c’è nel mondo…