Nigeria, libertà d’espressione a rischio (anche) su internet
Una nuova proposta di legge del ministro dell'Informazione mette in pericolo i media online in Nigeria. La norma prevede infatti che tutti i mezzi d'informazione sul web siano messi sotto il controllo dell'autorità. Come già avviene, del resto, per tv e radio. Ecco come si è arrivati a questa situazione
C’è grande apprensione in Nigeria per la proposta del disegno di legge presentata dal ministro dell’Informazione e della Cultura, Lai Mohammed che ha chiesto alla Camera dei rappresentanti di porre sotto il controllo della Nigerian Broadcasting Commission (Nbc), l’autorità di regolamentazione delle trasmissioni della Repubblica federale della Nigeria, tutti i mezzi di informazioni online: testate giornalistiche, blog e social network.
Una richiesta che è stata letta come una volontà da parte dell’esecutivo di Abuja di mettere il bavaglio ai media e che più esplicitamente è stata definita dall’opposizione come una legge liberticida e una forma di censura legalizzata nei confronti dei media del Paese.
Situazione politica in Nigeria: la proposta del ministro
La Nigerian Broadcasting Commissione controlla già le trasmissioni televisive e radiofoniche in Nigeria e ciò che ha chiesto il ministro Mohammed è che siano posti sotto controllo dell’autorità anche i media online. Spiegando con queste lapidarie parole il perché del suo volere:
«Voglio che le trasmissioni Internet e tutti i media online vengano inclusi in questo elenco perché abbiamo la responsabilità di monitorare i contenuti del web».
Una richiesta che è ora nelle mani del presidente Muhammadu Buhari. E se la massima carica dello stato dovesse approvare la proposta, nel paese più popoloso d’Africa si assisterebbe a un precedente molto pericoloso da un punto di vista politico e sociale.
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Cosa sta succendendo in Nigeria: il punto di vista dell’opposizione
Numerose critiche hanno seguito la proposta del ministro nigeriano e, da parte della società civile, il disegno di legge suona come una minaccia alle libertà individuali. Le parti interessate dei media si sono opposte all’inclusione dei mezzi di informazione online sotto il mandato della Nbc, chiedendo invece di rendere la commissione più indipendente dal ministero dell’informazione.
Negli ultimi anni, durante l’amministrazione Buhari, l’autorità ha agito come un’estensione del ministero dell’Informazione e spesso il Nigerian Broadcasting Commission è stato soggetto a interferenze politiche.
L’International Press Center (Ipc) e il Center for Media Law and Advocacy in una dichiarazione congiunta hanno chiesto la neutralità della commissione e Akin Akingbulu, direttore esecutivo dell’Istituto per i media e la società, dapprima si è espresso per l’imparzialità della commissione dichiarando: «Il potere di impartire direttive alla commissione, conferito al ministro dell’informazione, dovrebbe essere rimosso».
E poi, sempre attraverso i media locali, ha manifestato senza mezzi termini la sua opposizione all’inclusione dei mezzi di informazione online sotto il controllo dell’Nbc, affermando che questa politica soffocherebbe ulteriormente lo spazio civico. «L’inclusione dei media del web tra le categorie sotto controllo dell’Nbc sarà dannosa per lo spazio civico, la libertà di espressione e la libertà dei media in Nigeria».
L’attivista per i diritti umani Shehu Sani ha definito la proposta come «l’innesto del seme dell’autocrazia in Nigeria». E anche personalità del mondo di Nollywood e della diaspora nigeriana hanno mostrato tutto la loro preoccupazione e invitato a dimostrare contro la deriva autoritaria del Paese.
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Il precedente di Twitter: come si è arrivati ai problemi attuali
A generare molta paura è il fatto che la proposta viene fatta soltanto pochi giorni dopo che il governo del presidente Buhari ha bandito il social network Twitter dal Paese poiché un tweet controverso della massima carica dello Stato è stato eliminato dalla piattaforma di microblogging.
Il presidente aveva pubblicato un commento dai toni minacciosi nei confronti dei separatisti del sud-est. Avendo lui combattuto la guerra del Biafra si era rivolto alle giovani generazioni di secessionisti dicendo che li avrebbe trattati nel solo modo che capiscono. Un tweet ambiguo e giudicato inopportuno perché offensivo e violento.
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Nigeria in guerra con i social media
Da quel momento si è aperta una vera e propria guerra tra il più popoloso paese d’Africa e le piattaforme social. Dapprima è stato bandito Twitter, poi il ministro dell’Informazione e della Cultura ha fatto sapere che le società di social media che desiderano operare in Nigeria devono registrarsi in loco ed essere autorizzate dal governo nigeriano.
«Insistiamo sul fatto che per operare in Nigeria devi essere una società nigeriana e avere la licenza dalla commissione per le trasmissioni».
Mohammed non ha fornito molti dettagli e non ha spiegato se anche Facebook, Instagram e WhatsApp avranno bisogno di registrarsi e ottenere una licenza altrimenti rischiano di essere sospese. Per il momento continuano a funzionare, ma non è dato sapere fin dove si spingerà l’esecutivo nelle sue politiche repressive che in molti stanno paragonando a quelle delle giunte militari che hanno governato la Nigeria sino alla fine degli anni ’90.
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Situazione attuale in Nigeria: la resistenza è online
Sebbene il governo sia impartendo un giro di vite repressivo, in Nigeria, gli oppositori di Buhari stanno comunque trovando modi creativi per eludere il divieto di fruire di Twitter. Per accedere a Twitter e difendere il divieto, punibile con l’arresto, i nigeriani si sono rivolti alle reti private virtuali (Vpn) insieme ad altre soluzioni intelligenti.
La satira sta dilagando sul social e molti hanno sottolineato l’ipocrisia del partito All Progressives Congress di Buhari, poiché la piattaforma dei social media è stata determinante per portare i membri al potere.
Ma i nigeriani, come rivela il Washington Post, stanno usando Twitter e altri social media per fare molto di più che esprimere la loro opposizione al divieto: alcuni esercitano pressioni dirette sui provider per ripristinare l’accesso alla piattaforma, altri hanno iniziato a utilizzare i social per coordinare i servizi legali per chi è stato arrestato per aver eluso il divieto di usare Twitter.