Rivolta nel carcere di Modena: il gip archivia l’inchiesta sui morti dell’8 marzo
Il giudice mette fine alle indagini sui decessi degli otto reclusi nel carcere Sant'Anna di Modena morti per la rivolta dell'8 marzo 2020. Eppure, come ha dimostrato l'inchiesta di Osservatorio Diritti, dalle carte emergono omissioni, dichiarazioni contraddittorie, lacune, buchi nelle ricostruzioni, dubbi e aspetti lasciati inesplorati
Nessun responsabile per la morte di otto detenuti del carcere modenese di Sant’Anna, i ragazzi e gli uomini deceduti durante e dopo la rivolta dell’8 marzo 2020, mentre venivano trasferititi in case di reclusione di altre città o dopo l’arrivo a destinazione. Nessun nesso causale tra il comportamento del personale penitenziario e sanitario e la strage. Nessuna responsabilità penale di terzi.
Il giudice per le indagini preliminari Andrea Salvatore Romito ha accolto la richiesta di archiviazione delle indagini presentata dalla procura di Modena, respingendo o dichiarando non ammissibili le opposizioni degli avvocati delle persone offese (i familiari di uno dei deceduti, il garante nazionale delle persone private della libertà e l’associazione Antigone).
Eppure, a scorrere atti e documenti contenuti nel fascicolo – come emerso dall’inchiesta condotta da Osservatorio Diritti – non mancano omissioni, dichiarazioni contraddittorie, lacune, buchi nelle ricostruzioni, dubbi, aspetti lasciati inesplorati.
Leggi le altre puntate dell’inchiesta:
• Rivolta nel carcere di Modena: dubbi e contraddizioni sulle morti dell’8 marzo/1
• Rivolta nel carcere di Modena: dubbi e contraddizioni sulle morti dell’8 marzo/2
• Rivolta nel carcere di Modena: dubbi e contraddizioni sulle morti dell’8 marzo/3
Morti della rivolta nel carcere di Modena: «Tutta colpa dei detenuti»
Il fascicolo, aperto e chiuso contro ignoti e per i reati di omicidio colposo e morte come conseguenza di altro delitto, andrà a prendere polvere sullo scaffale di un magazzino (salvo ricorsi accolti o incroci con l’inchiesta su pestaggi e abusi, ancora in itinere).
Non ci saranno nuovi accertamenti immediati, dunque, per una strage carceraria senza precedenti.
I molti spunti emersi nel corso dei mesi non verranno ulteriormente approfonditi. Non si farà l’autopsia mancante e non sarà completata quella incompleta.
Hafedh Chouchane, Erial Ahmadi, Slim Agrebi, Ali Bakili, Lofti Ben Mesmia, Ghazi Hadidi, Artur Iuzu e Abdellha Rouan sono morti mentre erano sotto la custodia dello Stato, per overdose di metadone e psicofarmaci. Li hanno rubati, li hanno ingeriti. E la sommossa ha reso impossibile operare diversamente.
La colpa, è la conclusione del giudice, è solo e tutta loro. Non c’è nessuno da perseguire. Nemmeno per la fine di Hafedh, per cui il gip spende qualche parola in più, in una ordinanza che liquida tutto in tre paginette.
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Indagini sui decessi dei detenuti: Garante nazionale e Antigone tagliati fuori
Non solo. Secondo il gip, con una decisione destinata ad aggiungere critiche alle critiche, sia Antigone sia il Garante nazionale dei detenuti sono «soggetti privi della qualifica di persone offese in riferimento ai reati ipotizzati».
Non hanno cioè voce in capitolo. E le argomentazioni da loro presentate per opporsi alla archiviazione, precise e puntuali, non sono state prese in considerazione.
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Archiviazione sulla rivolta dell’8 marzo: le motivazioni
Sempre a parere del giudice Romito, detta in gergo tecnico, la procura ha provato «l’interruzione del vincolo protettivo gravante sul garante a fronte di condotte, assunte volontariamente dai soggetti tutelati e connotate o, da imprevedibilità ed abnormità».
Sulla decisione pro archiviazione, e sulla valutazione delle azioni di chi aveva la responsabilità dei detenuti, hanno pesato il numero di rivoltosi coinvolti nella sommossa, la molteplicità dei fronti dell’agitazione, la sproporzione tra ribelli e polizia penitenziaria, il contesto sanitario di quelle ore, la «necessità di attivare processi decisionali efficaci in un arco temporale di ridotta durata in ordine alle modalità di gestione della sommossa e all’allocazione di centinaia di detenuti» da trasferire.
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Le reazioni degli avvocati alla decisione del gip di Modena
L’avvocata Simona Filippi, legale di Antigone, tuona:
«Non è accettabile che una vicenda così grave si chiuda con un provvedimento di archiviazione motivato in questo modo. Stiamo valutando quale sia l’azione più opportuna da prendere, ma sicuramente l’associazione andrà avanti affinché venga fatta chiarezza sulle ragioni della morte di tutte queste persone».
Anche l’avvocato Luca Sebastiani, che segue il padre e il fratello di Hafdeh, commenta negativamente la decisione del gip e sta studiando il da farsi: «Non ci arrederemo, né io né i familiari». Il collega Giampaolo Ronsisvalle, il penalista cui si affida il Garante nazionale dei detenuti, si trincera dietro un secco «no comment».
Tra le azione possibili, oltre ad un ricorso al Tribunale, non si esclude una iniziativa in sede di Corte europea dei diritti dell’uomo. E si sta valutando se chiedere agli ordini professionali e alle Ausl di avviare procedimenti disciplinari contro gli operatori (medici, in particolare) che hanno ammesso omissioni e una applicazione non ortodossa delle norme su visite obbligatorie e certificazioni.
Ispezione ministeriale nel carcere della strage
A più di un anno dalla strage, e dai nove morti, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha disposto un’ispezione nella casa di reclusione modenese, una missione tenuta rigorosamente segreta.
Quatto funzionari arrivati da fuori – coordinati da Maurizio Veneziano, provveditore delle carceri della regione Sardegna – al Sant’Anna hanno effettuato una serie di controlli mirati, accertamenti e approfondimenti.
L’inchiesta penale finita con l’archiviazione ha evidenziato criticità e smagliature, anche sul piano gestionale e logistico, come documentato da dichiarazioni e atti depositati.
Le denunce sottoscritte da almeno nove detenuti, inoltre, hanno svelato presunti pestaggi e abusi dopo la rivolta e durante i trasferimenti, oggetto di uno stralcio dell’inchiesta penale principale.
Anche a Roma, a tragedia consumata da mesi e mesi, vogliono vederci più chiaro.
Chi invece resta fuori dalla scena continua ad essere la Regione Emilia Romagna. È l’istituzione che ha la competenza esclusiva sulla sanità penitenziaria, sulla medicina d’urgenza e di emergenza e sul trattamento delle tossicodipendenze e degli stupefacenti. E invece non batte colpo.