Bullismo a scuola: «Il ministero risarcisca i danni»

Picchiato nel bagno della scuola, dove è rimasto 45 minuti prima che qualcuno si accorgesse di lui: è accaduto a un bambino di 10 anni, che ora dovrà essere risarcito dal Miur. «Gli atti di prevaricazione cominciano già nelle scuole d’infanzia. Si tratta di fenomeni spesso sottovalutati», dice Maura Manca, presidente dell’Osservatorio nazionale dell’adolescenza

Una sentenza del tribunale di Potenza pone l’attenzione sui contraccolpi piscologici ed emotivi per i più piccoli aggrediti a scuola e sulle responsabilità di adulti e istituzioni.  Le angherie, dicono gli esperti, cominciano all’asilo.

A scuola bambini e ragazzi hanno il diritto di sentirsi sicuri e protetti, sempre. Quando non succede, se subiscono prepotenze e angherie da parte di coetanei,  rischia di essere chiamato a risponderne direttamente il ministero dell’Istruzione. E  i giudici possono addebitare al Miur la responsabilità dei fatti e il risarcimento dei danni, quelli biologi e quelli morali, sofferenza interiore compresa.

Giorni fa, in aprile,  l’epilogo giudiziario di un caso concreto. Il tribunale di Potenza ha condannato il  ministero di viale Trastevere a indennizzare la famiglia di uno studente di 10 anni  bullizzato in una scuola elementare lucana, a  rifondere le spese per la causa e a pagare e una sorta di “multa” per la condotta processuale tenuta. Una sentenza simile c’era stata a fine 2020 a Reggio Calabria.

L’esito della denuncia: il giudice condanna il Miur

Tradotto in cifre, che il  Miur dovrà sborsare (salvo appello e ribaltamento della decisione), la sentenza ha stabilito: 6.697,25 euro di ristoro per i danni patrimoniali e non patrimoniali (più la rivalutazione monetaria e gli interessi), altri 3.224,54 per il compenso anticipato al medico legale scelto come consulente e per altre voci di base (ad esempio il contributo alla Cassa avvocati) e 1.000 euro extra.

«Il Miur ha resistito in giudizio pur essendo consapevole della infondatezza delle proprie pretese, con pregiudizio sia per la controparte sia per il buon andamento della giustizia», è il motivo tecnico della maggiorazione.

Bullismo a scuola: aggredito nel bagno della scuola elementare

I giudici che si sono occupati della controversia, trascinatasi per anni per vari avvicendamenti, hanno ricostruito i fatti sulla base di testimonianze e riscontri. La mattina del 20 febbraio 2008 un bambino di 10 anni è andato in bagno durante la ricreazione, con il permesso di un’insegnante. Un coetaneo di un’altra classe lo ha preso a botte all’interno della toilette, non vigilata dalla maestre e nemmeno dalle bidelle, e lo ha lasciato lì, pesto e dolorante.

Il piccolo, spaventato e pieno di vergogna, non ha avuto il coraggio di uscire e di chiedere aiuto. Nessuno si è accorto che non era in classe alla ripresa delle lezioni. Altri bambini  sono entrati in bagno, hanno trovato il compagno sanguinante e hanno avvisato il personale. Così, 45 minuti dopo la fine dell’intervallo, una maestra è finalmente andata a vedere. Poi lo stesso aggressore ha “confessato” .

Leggi anche:
Cyberbullismo: la violenza digitale diventa reato in Messico
Diritti dei bambini: l’impatto della pandemia su scuola, salute e reddito

bullismo a scuola cosa fare
Foto: Pixabay

La scuola non ha avvisato i genitori per tempo

I genitori della piccola vittima – nonostante avesse ecchimosi e graffi al viso e lesioni ai denti incisivi inferiori – non sono stati chiamati subito dalla scuola. Hanno saputo tutto all’ora di uscita dalle lezioni, dopo l’ultima campanella.

Portato il figlio al pronto soccorso di Melfi, acquisito il referto, hanno deciso di  denunciare l’accaduto alle autorità e sono stati costretti a promuovere un causa civile per essere risarciti.

Il Miur si è costituito in  giudizio e ha cercato di scaricare la responsabilità sulla scuola e sui genitori dell’aggressore, addebitando loro la carente educazione del figlio manesco,  non perseguibile penalmente (né civilmente) perché troppo piccolo (in Italia l’imputabilità per un reato scatta a partire da 14 anni).

Bullismo a scuola: ruolo e responsabilità del ministero

Dopo tutti questi anni, e una consulenza medico legale, la richiesta di risarcimento presentata dai genitori è stata accolta. Il ministero dell’Istruzione  è stato sconfessato e bacchettato, la scuola è rimasta fuori.

Per giurisprudenza unanime e consolidata – è scritto nella sentenza – per le azioni di responsabilità derivanti dalle condotte di alunni e di insegnanti il soggetto cui far riferimento è unicamente il ministero e non sono i circoli didattici o i singoli istituti. L’ordinamento conferisce loro autonomia gestionale e amministrativa, però non li priva della qualità di organi dello Stato.

Leggi anche:
India: bambini tra sfruttamento, abbandono scolastico e tratta
Bambini soldato: il racconto di Daniel, arruolato in Nigeria ad appena 11 anni

bullismo a scuola
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur), viale Trastevere, Roma – Foto: Lalupa (via Wikimedia Commons)

Le motivazioni del provvedimento contro il Miur

«È di tutta evidenza – si legge nel provvedimento del tribunale, di seguito sintetizzato – che la responsabilità debba essere ascritta esclusivamente a colpa dell’amministrazione scolastica: non ha dimostrato che è stata esercitata la sorveglianza sugli allievi con una diligenza idonea a impedire il fatto. E ciò per la semplice ed evidente ragione che nessuno dei preposti (insegnanti e/o personale non docente) ha saputo riferire dell’accaduto. È pacifico che l’alunno sia stato autorizzato a recarsi da solo nei bagni senza che l’insegnante provvedesse ad accompagnarlo né si premurasse di verificare che il minore entrasse nella sfera di vigilanza di altri (bidelli o colleghi)».

Il bambino ha avuto bisogno di cure dentistiche ripetute e gli è stata riconosciuta una invalidità permanente dell’1 per cento. È rimasto a casa da scuola alcuni giorni.

Iscriviti alla newsletter di Osservatorio Diritti
osservatorio diritti newsletter

Dolore interiore e vergogna: le conseguenze del bullismo

«Non può non tenersi conto – si argomenta, per spiegare i danni morali da rifondere – che il minore sia stato per ben 45 minuti circa da solo senza far rientro in classe; ciò è indice di quel turbamento d’animo, del dolore interiore, della vergogna di farsi vedere dall’insegnante e dagli amici di classe nella particolare condizione di “sconfitto ed umiliato” dalla disputa avuta con un altro… Allo stesso modo non è da sottovalutare che il bambino sia tornato a scuola dopo diversi giorni. Tale circostanza, unita dalla verosimile intenzione di voler cambiare definitivamente istituto, depone per la sussistenza di quel disagio e disistima che lo hanno accompagnato dopo l’aggressione».

Il tema del bullismo a scuola è «spesso sottovalutato»

Bulli e bullizzati a 10 anni. Possibile? E adesso, con le scuole a lungo aperte a singhiozzo,  come stanno andando le cose? La psicologa e psicoterapeuta Maura Manca, presidente dell’Osservatorio nazionale dell’adolescenza e fondatrice del portale www.adoleScienza.it., dice a Osservatorio Diritti: «Si parla ancora poco troppo poco del bullismo tra i bimbi più piccoli e per questo si pensa che non ci sia. Invece gli atti di prevaricazione, come preferisco chiamarli, cominciano già nelle scuole primarie e ancora prima, nelle scuole d’infanzia. Si tratta di fenomeni sempre più estesi e ancora in parte sommersi, spesso sottovalutati da genitori e insegnanti, anche per questo difficili da quantificare con precisione».

La psicologa: i bambini vittime di prevaricazione

«Sto seguendo una bimba di 6 anni. Non voleva più andare a scuola. La madre non riusciva a capire il perché. È venuto fuori che un compagno le rubava tutti i giorni la merenda e la piccola non lo aveva detto», esemplifica Manca.

«Altri comportamenti negativi sono le prese in giro, l’isolamento, i sorpassi mentre si è in fila, la sottrazione di oggetti, oltre che cibo. Le vittime sono in genere bambine e bambini derisi per l’aspetto fisico, perché portano gli occhiali o hanno qualche chilo in più oppure non sono brillanti nelle attività sportive».

Leggi anche:
Diritto alla nazionalità: i bambini non possono esserne privati, Paesi Bassi condannati
In Pakistan anche i bambini rischiano la pena di morte

bullismo a scuola come intervenire
Foto: Pixabay

Perché i più piccoli compiono atti di bullismo

E i bulli? Risponde sempre Maura Manca: «Non vanno colpevolizzati, ma seguiti e aiutati a comprendere che esistono comportamenti che non dovrebbero essere messi in atto.  I bambini di per sé non sono in grado di capire la portata e la gravità dei loro gesti negativi e violenti. Filtrano quello che vedono a casa e in altri ambienti e lo ripropongono, a modo loro. Il problema è che si interviene dopo, sempre dopo. E invece si deve intervenire prima, stando sempre un passo avanti. La prevenzione è la strada da seguire, in concreto. Non basta organizzare qualche convegno teorico ogni tanto».

Bullismo a scuola: cosa fare

Concretezza, dunque. E interventi su più piani. «La formazione del personale delle scuole d’infanzia e delle scuole primarie su questo temi è poca, scarsa. Per prima cosa, dunque, occorre dare gli strumenti giusti a insegnanti e educatori. Al bullismo tradizionale si sta affiancando in misura crescente il cyberbullismo, non solo tra i più grandicelli. Computer e dispositivi elettronici sono entrati in moltissime case, anche sulla spinta della didattica a distanza. Occorre un aggiornamento professionale costante e continuativo, per non perdere terreno e guadagnarne».

«I docenti – suggerisce ancora Manca – vanno affiancati da esperti specializzati e nelle situazioni ordinarie, non a seguito di fatti eclatanti  E vanno coinvolti gli stessi studenti, con incontri mirati settimanali. Tutti, non “solo” le vittime e i prevaricatori».

Come intervenire per aiutare i bambini

«Anche i testimoni di atti di prepotenza e violenza devono essere educati a riconoscere i comportamenti sbagliati e a capire che ci possono essere conseguenze. Con allievi e figli – insiste la psicologa e psicoterapeuta – si deve parlare degli episodi negativi di cui si ha notizia, domandando: tu come la pensi, tu che cosa avresti fatto in una situazione simile? I bambini non devono aver paura di raccontare, se succede a loro. Devono sentirsi protetti, a scuola come altrove. Non sempre è così. Anzi. Capita a volte che vengano etichettati da certi insegnanti come “spioni”, perché hanno riferito quello che hanno visto o saputo».

Attenzione alla definizione: non tutto è bullismo

Da sempre i bambini si azzuffano e si fanno piccoli e grandi dispetti. Ha ragione o torto chi sostiene che fare a botte o incassare in silenzio aiutino a crescere e a formare il carattere? Non si rischia di esagerare, in un senso o nell’altro?

«Certo – risponde Maura Manca – non è tutto bullismo. I bimbi litigano. Alcuni si stanno simpatici, altri antipatici. Alcune relazioni funzionano bene, altre meno. Non bisogna sottovalutare né sopravvalutare. La differenza la fa la presenza o meno della prevaricazione. Un altro rischio è quello di scambiare la sana leadership di un bimbo o di una bimba carismatici con la posizione di potere conquistata con la  prevaricazione».

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.