
Ecuador: l’aborto diventa legale in caso di stupro
Una nuova sentenza della Corte Costituzionale sancisce che le donne vittime di stupro potranno sempre ricorrere all'aborto legale e sicuro in Ecuador: ecco come si è arrivati alla decisione, i dati, la posizione del neopresidente Guillermo Lasso e qual è la situazione negli altri paesi latinoamericani
da Medellin, Colombia
Dal 28 di aprile in Ecuador abortire dopo aver subito uno stupro non è più un reato. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale dopo una seduta virtuale di 5 ore nella quale la stessa Corte era stata chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità degli articoli 149 e 150 del Codice Organico Integrale Penale (Coip), approvato nel 2014 nel paese dell’America Latina sotto la presidenza di Rafael Correa.
Ecuador, la Corte Costituzionale: «Aborto sempre legale in caso di stupro»
La Corte Costituzionale dell’Ecuador, presieduta dal giudice Hernán Salgado Pesantes, con 7 voti a favore e 2 contrari ha determinato che abortire dopo aver subito uno stupro non può costituire un reato.
Gli articoli del Coip incriminati sono il 149 e il 150. Il primo articolo si riferisce all’aborto consensuale e determina che la persona che realizza l’aborto (con il consenso della donna) incorrerà in una pena carceraria da 1 a 3 anni di reclusione. La donna invece subirà una pena di reclusione da 6 mesi a 2 anni. Il secondo articolo chiarisce quali sono i casi nei quali l’aborto non costituisce reato né per chi lo esegue, né per chi lo subisce.
Si tratta di situazioni molto specifiche che includono il pericolo di vita e di salute per la donna incinta (è necessario dimostrare che non è possibile intervenire in altro modo) e l’aborto come conseguenza di uno stupro di una donna con conclamata disabilità mentale.
Nello specifico, questa sentenza chiarisce che nel secondo caso dell’articolo 150, la gravidanza derivante da uno stupro giustifica sempre l’accesso ad un aborto sicuro e legale (e non solo in caso di disabilità mentale della donna), senza incorrere nelle sanzioni penali previste nell’articolo 149.
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Legge e aborto: come si è arrivati alla sentenza
La sentenza arriva dopo un’azione presentata nel 2019 da Miriam Ernest Tejada della Coalizione Nazionale delle Donne dell’Ecuador, da Olga Gómez de la Torre della Fondazione Desafio e da Katherine Obando Velásquez del Fronte Ecuadoregno per la Difesa dei Diritti Sessuali e Riproduttivi.
Le rappresentanti di queste organizzazioni per la difesa dei diritti delle donne, con l’appoggio legale della giudice Karla Andrade Quevedo, avevano sollevato la questione di costituzionalità facendo riferimento al capitolo 3 della Costituzione della Repubblica dell’Ecuador del 2008 (qui il Pdf con il testo completo). Nello specifico all’articolo 35 recita:
«Art. 35. – Gli Anziani, le ragazze, i ragazzi, gli adolescenti, le donne incinte, le persone con disabilità, le persone private della libertà e chi soffre di malattie catastrofiche o di alta complessità, riceverà attenzione prioritaria e specializzata sia in ambito pubblico che privato. La stessa attenzione prioritaria sarà data alle persone in situazione di rischio, vittime di violenza domestica e sessuale, abusi infantili, disastri naturali o provocati dall’uomo. Lo Stato darà speciale tutela delle persone in condizioni di doppia vulnerabilità».
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Aborto in Ecuador: i dati
Il mezzo d’informazione ecuadoregno Wambra ha riportato nei giorni scorsi alcuni dati che mostrano la gravità della situazione vissuta da donne e bambine in Ecuador, soprattutto dopo l’entrata in vigore del Coip nel 2014.
Sono 2.184 le bambine che partoriscono ogni anno in Ecuador come prodotto di uno stupro: 7 bambine al giorno. Le denunce per violenza sessuale registrate solo tra il 2014 e il 2018 sono state 19.008. Fino ad oggi sono 5 i comitati internazionali dei diritti umani che avevano già raccomandato allo Stato ecuadoregno la depenalizzazione dell’aborto in caso di stupro.
Infine, sono state 80 le donne processate dal 2014 al 2018 per la loro decisione di abortire dopo aver subito una violenza sessuale. La maggior parte di loro provenienti dalle fasce più impoverite della società e vittime di violenza sulle donne e discriminazione intersezionale: donne indigene, afro discendenti e minori d’età, che vivevano già in una situazione precaria, con altri figli a carico e in un contesto di violenza.
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Aborto: la posizione di Guillermo Lasso, nuovo presidente dell’Ecuador
Il neo eletto presidente dell’Ecuador, Guillermo Lasso, banchiere conservatore che ha sconfitto il correista Andrés Arauz nella seconda tornata elettorale dell’11 aprile scorso, ha accolto con amarezza la decisione della Corte, ma ha garantito che rispetterà la sentenza del potere giudiziario. In un comunicato ufficiale postato su Twitter il giorno dopo la sentenza ha dichiarato:
«Sono un uomo cattolico e come tale ho sempre cercato di comportarmi coerentemente con i valori della mia fede in quanto concerne alla mia vita privata, alla mia famiglia e alla mia azione privata. Nonostante ciò, come presidente, mantengo un’indistruttibile rispetto per i valori democratici e repubblicani. Credo in modo particolare in principi come la laicità dello Stato e la separazione dei poteri. Credo che il cammino verso un paese migliore si costruisce con una democrazia nella quale ci sia posto non solo per coloro che condividono la mia visione ma anche per quelli che sostengono diverse visioni. Per questo, oggi voglio manifestare il mio totale rispetto di fronte alla sentenza della Corte Costituzionale del nostro paese. Anticipo fin d’ora che questo punto sarà rispettato da tutti i membri del mio futuro governo…».
Tanto le organizzazioni Provita così come la Conferenza episcopale ecuatoriana (Cee) avevano espresso grossi timori nei giorni anteriori alla sentenza, chiedendo alla Corte Costituzionale di non cedere alle pressioni internazionali e di non depenalizzare l’aborto per stupro. Lo stesso monsignor Luis Cabrera, arcivescovo di Guayaquil e presidente della Cee, aveva inviato una missiva il 26 aprile ai giudici della Corte Costituzionale sostenendo che il crimine dello stupro non si può combattere con un altro crimine, quello dell’aborto.
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Aborto in America Latina: la situazione nella regione
L’aborto legale, sicuro e gratuito è una richiesta di giustizia sociale, diritti umani e salute pubblica che sta attraversando la regione latinoamericana e che ha preso vigore e impeto con la ola verde argentina. Mentre questa lotta avanza, sono ancora decine di migliaia (le stime variano tra i 5 mila e i 10 mila decessi all’anno) le donne che perdono la vita in aborti illegali nella regione.
Ogni anno nascono 2 milioni di bambini da madri di età compresa tra i 15 ei 19 anni in America Latina e nei Caraibi. La regione ha il secondo tasso di gravidanze adolescenziali al mondo, con 66,5 nascite ogni mille giovani (periodo 2010-2015). È seconda solo all’Africa subsahariana, mentre il tasso medio globale è 46.
L’osservatorio per l’uguaglianza di genere della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (Cepal) segnala che, nella regione, i Paesi dove l’aborto è legale nelle prime settimane di gestazione (senza condizioni) sono: Uruguay, Cuba, Guayana, Guyana Francesa, Porto Rico e Argentina.
I Paesi dove l’aborto è sempre proibito senza eccezioni sono: Salvador, Honduras, Nicaragua, Repubblica Dominicana e Haiti.
Nel resto dei paesi esistono leggi diversificate. Ad esempio Paraguay, Venezuela, Guatemala, Perù e Costarica hanno alcune delle leggi più restrittive e depenalizzano l’aborto solo nel caso in cui la vita o la salute della donna incinta sia in pericolo.
Alcuni paesi, come Cile, Colombia e Brasile, includono nei loro codici penali anche le variabili dello stupro e “inviabilidad” del feto. La Bolivia include oltre a queste due anche la causa dell’incesto e, nel caso del Belize, si prendono in considerazione i fattori socioeconomici. In Messico dipende da Stato a Stato (ad esempio Oaxaca, è il primo stato del Messico ad aver depenalizzato l’aborto, nel 2019).