Riaprite le Rsa: parenti e ospiti rivendicano il diritto a salute e libertà

Gli anziani ospiti delle Rsa e i loro parenti chiedono a gran voce che le visite dei familiari riprendano al più presto. Dopo un blocco quasi totale di 15 mesi, le vaccinazioni agli over 80 ormai concluse e regole di sicurezza applicabili, non si capisce cosa si stia aspettando. Il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, ha dichiarato che è in arrivo "un emendamento al decreto Aperture"

Sono sempre di più i familiari che chiedono la riapertura delle visite nelle Rsa. Vogliono abbracciare di nuovo i propri cari ospiti nelle strutture sanitarie assistenziali dopo 15 mesi di lontananza.

Hanno alzato la mano dopo una lunga attesa, passata attenendosi alle regole: prima il divieto di entrare a causa dei focolai di Covid-19 che dilagavano nelle strutture, poi accettando di vedere i propri cari solo per pochi minuti al mese dietro ai plexiglas. Ora però che le attività stanno riaprendo e, soprattutto, che la maggior parte di ospiti e operatori sanitari (e parte dei familiari) è vaccinata, si sentono dimenticati.

In tutta Italia si stanno organizzando in comitati per riportare l’attenzione sulle mondo delle Rsa e delle strutture sanitarie, chiedendo che siano rispettati diritti fondamentali come quello alla salute e alla libertà personale degli ospiti, ora di fatto negati.

Nel concreto, chiedono (e  propongono) protocolli precisi per far riaprire le strutture alle visite in presenza dei parenti in maniera sicura e più ordine in una situazione per ora molto confusa su responsabilità e pratiche.

Andrea Costa, sottosegretario alla Salute: «Lavoriamo a emendamento per ritorno visite nelle Rsa»

Nel frattempo, proprio oggi, 4 maggio, il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, ha dichiarato a Rai Radio1 che «stiamo lavorando a un emendamento che verrà inserito nel decreto Aperture che consentirà il ritorno delle visite dei parenti ai propri cari nelle Rsa».

L’emendamento, ha detto, «farà chiarezza, stabilirà le regole. Darà una risposta chiara, univoca. Creerà condizioni identiche, omogenee, uniformi per tutto il territorio nazionale. Da troppo tempo i nostri anziani, i nostri cari vivono soli in queste strutture».

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Rsa, visite parenti: “un’eterna zona rossa”

Operatori sanitari e ospiti delle Rsa sono stati tra i primi destinatari della campagna vaccinale, tanto che il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità indicava già nel suo rapporto di fine marzo 2021 un “effetto vaccino” con diminuzione di contagi e decessi nelle Rsa, in controtendenza con quello che accadeva nello stesso periodo fuori dalle strutture, alla popolazione generale.

La situazione aveva fatto ben sperare i familiari, che pensavano di poter riabbracciare quanto prima i propri cari, se pur con le dovute misure di sicurezza.

E invece la situazione ancora oggi è molto diversa. L’ha fotografata la recente indagine della comunità di Sant’Egidio, che non per nulla si intitola “Un’eterna zona rossa”. Su un campione di 237 strutture di 11 città e in 10 regioni, l’indagine evidenzia come il 64% non dà diritto alle visitedi parenti e familiari.

Le cosiddette stanze degli abbracci, ovvero quei luoghi allestiti all’interno delle strutture dove visitatori e ospiti si possono incontrare in presenza con il massimo delle protezioni, sono ferme a meno del 20 per cento. Meno della metà delle strutture offre il servizio delle videochiamate e al 61% degli ospiti è anche proibito qualsiasi tipo di uscita, anche se per effettuare esami medici specialistici.

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Perché la circolare sulle visite dei familiari nelle Rsa non funziona

A dire il vero, il ministero della Sanità aveva già dato indicazioni di riaprire le Rsa con la circolare del 30 novembre 2020. Nella circolare, al punto 1.1, si legge che «poiché l’isolamento sociale e la solitudine rappresentano motivo di sofferenza e importanti fattori di rischio nella popolazione anziana per la sopravvivenza, lo stato di salute fisica e mentale, in particolare per depressione, ansia e decadimento cognitivo/demenza, come documentato da ampia letteratura scientifica, debbono essere assicurate le visite dei parenti e dei volontari per evitare le conseguenze di un troppo severo sulla salute degli ospiti delle residenze. Le visite devono essere effettuate in sicurezza tramite adeguati dispositivi di protezione e adeguate condizioni ambientali».

Ed è proprio su questa circolare che si è alzato il dibattito sulla riapertura delle Rsa. «È una circolare che dice e non dice», spiega a Osservatorio Diritti Dario Francolino, presidente del comitato Orsan, uno di quelli che si sta battendo per la riapertura delle Rsa. «La circolare lascia in pratica ai direttori sanitari delle strutture la responsabilità di decidere. Così, di fatto, si è giocato allo scaricabarile».

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Come riaprire le Rsa alle visite dei parenti in sicurezza

Come testimoniato anche dall’inchiesta della Comunità di Sant’Egidio, la circolare non ha sortito alcun effetto e per le strutture per anziani niente è cambiato. La stessa organizzazione ha indicato linee guida di riapertura che tengono conto della «dignità e dei diritti degli ospiti». Dalla durata delle visite, che «siano adeguate nella loro durata temporale (almeno 30 minuti) e negli orari stabiliti (mattina e pomeriggio) fino alla libertà degli ospiti vaccinati di uscire dalle strutture per effettuare visite mediche e, nel caso di ospiti autosufficienti, anche l’espletamento di necessità legate alle loro attività quotidiane interrotte da un anno».

Una proposta di protocollo per la riapertura di Rsa e Rsd, ovvero le residenze sanitarie per disabili, è stata firmata dal comitato Orsan e da #RSAaperte. Ribadisce la necessità che ai familiari sia garantito l’accesso in struttura «sempre e comunque, in sicurezza, sulla base di visite programmate e/o urgenti».

Il protocollo, per cui i comitati chiedono l’approvazione o eventualmente il miglioramento da parte del Comitato tecnico scientifico (Cts), ribadisce diritti fondamentali come quello alla privacy tra familiare e ospite, l’esclusione di mezzi di distanziamento come plexiglass o vetri durante le visite, che pur dovranno avvenire in aree dedicate con regole determinate, ma permettere una stretta di mano, una carezza e un abbraccio. E si ribadisce il diritto dell’ospite di uscire dalla struttura per una passeggiata o una visita medica.

«Serve adottare un provvedimento uniforme su tutto il territorio nazionale che ponga fine alla discrezionalità delle singole regioni e delle direzioni sanitarie sul tema. Oltre il 90% delle strutture sono ormai Covid-free e oggi non è così difficile minimizzare al massimo il rischio. Senza un’ordinanza nazionale nessuna norma è efficace», dice Francolino.

Punto fondamentale del protocollo è anche la verifica dell’adozione da parte delle strutture. «Chiediamo che venga istituita una modalità di verifica e controllo perché non accada di nuovo quello che si è verificato con la circolare di novembre», sottolinea Francolino.

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Rsa: ospiti e familiari ancora invisibili

«Mia mamma è passata dall’avere visite di figli, nipoti e sorelle quasi ogni giorno, a vivere completamente isolata», racconta Aldo a Osservatorio Diritti parlando di sua mamma Lucia, 85 anni, da due ospite in una Rsa. «Per lungo tempo ci siamo adatti alla situazione, l’abbiano vista attraverso il plexiglas, sempre alla presenza di un operatore e quindi senza la minima privacy. Abbiamo anche rinunciato a vederla per mesi, ma ora tutto ciò non ha più senso», denuncia Aldo. Lucia ha fatto il Covid lo scorso anno e ha già ricevuto il vaccino.

«La posso vedere solo attraverso un vetro, parliamo all’interfono e la mia visita non può durare più di 15 minuti. Possiamo andare solo una alla volta, due volte al mese», racconta Aldo.

«A mia mamma non è lasciata alcuna libertà di scelta. Lei e tutti gli altri ospiti della struttura non hanno voce in capitolo, sono una categoria invisibile. La mia sensazione è che mentre ci si occupa delle riaperture delle attività, ci si sia completamente dimenticati delle relazioni primarie», conclude.

Aldo e Lucia sono nomi di fantasia, così come gli altri che utilizziamo per raccontare storie che sono, però, tutte di persone reali. Perché un’altra delle cose che i familiari denunciano è proprio la standardizzazione, mentre dietro a “categorie” ci sono sempre persone, tutte con esigenze diverse.

C’è per esempio Nicola, che ha 80 anni e soffre di patologie neuro-generative. La figlia Anna non lo può vedere perché nella struttura in cui si trova da cinque anni le uniche forme di incontro sono con videochiamata o attraverso il vetro. Così Nicola rimane da oltre un anno senza alcun contatto fisico, che nel suo caso avrebbe importanti effetti terapeutci, tanto che la stessa Rsa ha riferito alla figlia un forte peggioramento delle condizioni del padre. Nicola è già stato vaccinato e Anna tra poco farà la sua seconda dose.

E poi c’è Teresa, che vorrebbe festeggiare i 100 anni della nonna e invece la vede solo attraverso un vetro per un’ora ogni due settimane. E Marino, che soffre di disturbo bipolare, ma non viene visto da uno specialista da oltre un anno.

Rsa oltre il Covid: un sistema da ripensare

In tutto questo i familiari denunciano proprio il fatto di non essere mai stati coinvolti in alcuna decisione riguardante i loro cari, a fronte, tra l’altro, di rette mensili che spesso superano di gran lunga i 2 mila euro.

«Si dovrà parlare a lungo della situazione nelle Rsa. L’urgenza etica e morale della situazione attuale sarà per noi familiari anche l’occasione per dire che vogliamo essere coinvolti di più e nella gestione dei nostri familiari ospiti delle strutture. Noi siamo a disposizione», conclude Francolino.

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