Pena di morte: nel mondo cala, ma tornano le esecuzioni federali negli Usa

Il numero di esecuzioni capitali diminuisce nel mondo anche nel 2020, ma la vittoria contro la pena di morte è ancora lontana: gli Stati Uniti hanno ripreso a uccidere a livello federale, mentre in Egitto sono triplicati gli omicidi di stato. E la Cina nasconde ancora i dati. Ecco cosa dice il nuovo report di Amnesty International

La pandemia da Covid-19 non è bastata a impedire a 18 stati di eseguire condanne a morte nel 2020. Il nuovo rapporto di Amnesty International sulla pena di morte nel 2020, sebbene mostri una tendenza globale verso la diminuzione dell’uso della pena capitale, evidenzia come alcuni Stati abbiano eguagliato, e a volte aumentato, il numero delle esecuzioni.

Pena di morte in Usa, Cina ed Egitto

Secondo il documento di Amnesty, tra gli Stati in cui è aumentato di più il numero di persone messe a morte ci sono l’Egitto, che ha triplicato le esecuzioni rispetto al 2019, e la Cina, che in almeno un caso ha applicato la pena di morte per reati relativi alle misure di prevenzione della pandemia.

Negli Usa, l’amministrazione Trump ha ripristinato le esecuzioni federali dopo 17 anni, mettendo a morte 10 condannati in meno di sei mesi. India, Oman, Qatar e Taiwan hanno a loro volta eseguito condanne a morte.

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Foto: Unsplash

Pena di morte oggi: il coronavirus complica le cose

«La pena di morte è una punizione abominevole e portare a termine esecuzioni nel mezzo di una pandemia ne ha ulteriormente evidenziato la crudeltà. Contrastare la pena di morte è già difficile quando le cose vanno bene, ma la pandemia ha fatto sì che molti prigionieri nei bracci della morte non abbiano potuto incontrare di persona i loro legali e che molti che hanno cercato di fornire aiuto si siano dovuti esporre a gravi, e del tutto evitabili, rischi per la loro salute. L’uso della pena di morte in circostanze del genere è un attacco particolarmente grave ai diritti umani», ha commentato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International

Le limitazioni introdotte a causa del nuovo coronavirus hanno avuto gravi conseguenze sull’accesso all’assistenza legale e per il diritto a un processo equo in vari paesi, tra cui gli Usa, dove gli avvocati difensori hanno dichiarato di non aver potuto svolgere attività di indagine cruciali o incontrare i loro clienti di persona.

I cinque stati in cima alla classifica della pena di morte

La Cina, come sempre, considera i dati sulle condanne a morte e sulle esecuzioni come segreti di stato e impedisce il monitoraggio indipendente. Pertanto, il rapporto di Amnesty International, che elenca le esecuzioni note, non fornisce il numero della Cina.

Si ritiene, tuttavia, che questo stato ogni anno metta a morte migliaia di prigionieri, collocandosi dunque stabilmente al primo posto.

Seguono Iran (almeno 246 esecuzioni), Egitto (almeno 107), Iraq (almeno 45) e Arabia Saudita (almeno 27).

«Questi ultimi quattro paesi si sono resi responsabili dell’88 per cento delle esecuzioni note nel 2020. L’Egitto ha triplicato le esecuzioni rispetto agli anni precedenti, collocandosi al terzo posto. Almeno 23 esecuzioni hanno riguardato casi di violenza politica e sono state precedute da processi clamorosamente irregolari, basati su “confessioni” forzate e altre gravi violazioni dei diritti umani come la tortura e le sparizioni forzate. Tra ottobre e novembre sono stati messi a morte almeno 57 prigionieri, 53 uomini e quattro donne».

Il report sottolinea anche che «sebbene il numero delle esecuzioni in Iran abbia continuato a essere inferiore rispetto agli anni precedenti, nel 2020 la pena di morte è stata usata più frequentemente come arma di repressione politica contro dissidenti, manifestanti e appartenenti alle minoranze etniche, in violazione del diritto internazionale».

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Esecuzioni capitali nel mondo tra il 2011 e il 2020 – Fonte: Amnesty International

Pena di morte in Asia e America

Le norme e gli standard internazionali che vietano l’uso della pena di morte per reati diversi dall’omicidio volontario sono stati violati anche da diversi stati della regione Asia-Pacifico: condanne a morte sono state emesse per reati di droga in Cina, Indonesia, Laos, Malesia, Singapore, Sri Lanka, Thailandia e Vietnam, per corruzione in Cina e Vietnam, per blasfemia in Pakistan.

In Bangladesh e Pakistan condanne a morte sono state emesse da tribunali speciali che seguono solitamente procedure diverse rispetto ai tribunali ordinari. Alle Maldive cinque minorenni al momento del reato sono rimasti in attesa dell’esecuzione.

Gli Usa sono l’unico stato delle Americhe ad aver eseguito condanne a morte: a luglio l’amministrazione Trump ha ordinato la prima esecuzione federale degli ultimi 17 anni e cinque stati hanno eseguito sette condanne a morte.

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Nel 2020 il più basso numero di esecuzioni in 10 anni

Escludendo gli stati che considerano i dati sulla pena di morte un segreto di stato o dai quali arrivano informazioni limitate – come Cina, Corea del Nord, Siria e Vietnam – nel mondo Amnesty International ha registrato almeno 483 esecuzioni: il 26% in meno rispetto al 2019 e il 70% in meno rispetto al picco di 1.634 esecuzioni del 2015. Sono i dati più bassi di esecuzioni in almeno un decennio.

«Questo calo è stato dovuto a una riduzione in alcuni tra gli stati mantenitori e, in minor parte, a sospensioni di esecuzioni a causa della pandemia da Covid-19. Le esecuzioni registrate in Arabia Saudita sono diminuite dell’85 per cento (27 contro le 184 del 2019), quelle in Iraq di oltre la metà (45 contro 100) mentre nessuna esecuzione ha avuto luogo rispetto all’anno passato in Bahrein, Bielorussia, Giappone, Pakistan, Singapore e Sudan».

Pena di morte nel mondo: almeno 1.477 condanne

A livello globale, il numero delle condanne a morte note, almeno 1.477, è diminuito del 36% rispetto al 2019. Amnesty International ha registrato questo calo in 30 dei 54 stati dove sono state emesse condanne alla pena capitale, in diversi casi a causa di ritardi e rinvii nei procedimenti giudiziari a causa della pandemia da Covid-19.

Hanno fatto eccezione l’Indonesia, con un aumento del 46% rispetto alle condanne del 2019 (117 contro 80) e lo Zambia (119 condanne contro 101), che ha segnato il record nell’Africa subsahariana.

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Condanne a morte nel mondo tra il 2016 e il 2020 – Fonte: Amnesty International

Callamard (Amnesty): «È tempo di abolire la pena di morte»

Nel 2020 il Ciad e, negli Usa, il Colorado, hanno abolito la pena di morte, il Kazakistan si è impegnato ad abolirla ai sensi del diritto internazionale e nelle Barbados è stata cancellata l’obbligatorietà della condanna alla pena capitale.

Secondo dati aggiornati ad aprile del 2021, 144 stati hanno abolito la pena di morte nelle leggi o nella prassi, 108 dei quali per tutti i reati.

«Sono aumentati gli stati abolizionisti ed è diminuito il numero delle esecuzioni note. Il mondo è più vicino a consegnare ai libri di storia questa punizione crudele, inumana e degradante. Alla fine del 2020 un numero record di 123 stati ha approvato la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per una moratoria sulle esecuzioni. La pressione sugli altri stati sta aumentando. La Virginia è da poco diventata il primo stato del sud degli Usa ad abolire la pena di morte, mentre il Congresso si avvia a esaminare svariate proposte di abolizione a livello federale», ha dichiarato Callamard.

«Sollecitiamo i leader di tutti gli stati che non l’hanno ancora fatto ad abolire nel 2021 l’omicidio sanzionato dallo stato. Continueremo a svolgere campagne fino a quando la pena di morte non sarà abolita ovunque, una volta per sempre», ha concluso.

Fonte: Redattore Sociale

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