Vaccini Israele: violato il diritto alla salute dei palestinesi

Quasi il 60% degli israeliani è vaccinato, mentre nei Territori palestinesi non si arriva all'1% e in Cisgiordania gli ospedali non riescono più a gestire il crescente numero di pazienti. Una situazione di palese violazione dei diritti fondamentali che dovrebbero essere garantiti a livello internazionale

di Stefania Iacuzzi, Giulia Petrilli, Roberto Renino

«Le autorità israeliane hanno portato avanti la campagna vaccinale in maniera discriminatoria, illecita e razzista»: questa denuncia è stata lanciata da un gruppo di 165 ong palestinesi che ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica quanto accade nei Territori occupati. A partire da dicembre 2020 Israele ha dato inizio alla vaccinazione della sua popolazione, raggiungendo in breve tempo il primato per numero di vaccinati per cento abitanti.

Tuttavia, il governo israeliano – che ha speso quasi 800 milioni di dollari nei primi tre mesi della campagna – è accusato di aver applicato criteri arbitrari e di aver usato discriminazione nella somministrazione delle dosi. I principali beneficiari sono stati i cittadini israeliani dai 16 anni in su, mentre solo una minima parte dei palestinesi ha potuto beneficiare della vaccinazione.

La distribuzione disparitaria ha riguardato sia i palestinesi nei territori israeliani sia quelli all’interno delle aree occupate di Gaza e Cisgiordania, sotto il controllo dell’Autorità Palestinese. Tale posizione ricalca schemi discriminatori preesistenti nei rapporti tra autorità israeliane e popolazione palestinese, trovandosi nuovamente in contrasto con quanto disposto dal diritto internazionale.

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Accesso ai vaccini nei Territori palestinesi occupati

In contravvenzione a quanto previsto dagli accordi di Oslo del 1993, Israele ha continuato la propria politica di espansione e occupazione nei territori abitati dai palestinesi, specialmente nelle aree della Cisgiordania.

Tale pratica, portata avanti attraverso metodi violenti di esproprio e occupazione militare, incentivando la popolazione israeliana a prendere il posto di quella palestinese, ha dato vita alla formazione di vere e proprie colonie.

Nell’ambito del diritto internazionale, la posizione delle forze israeliane è quella di uno Stato occupante. Nel contesto della gestione della pandemia del nuovo coronavirus, troverebbero applicazione le norme del diritto umanitario che disciplinano i doveri degli occupanti verso i civili nei territori occupati.

Nella campagna vaccinale, lo Stato israeliano ha erogato dosi solo per una minima parte degli operatori sanitari in Cisgiordania, sbloccando l’accesso a circa 2,500 dosi del vaccino Moderna. Tale condotta risulta essere in violazione dei doveri dello Stato occupante alla luce della IV Convenzione di Ginevra, relativa alla protezione dei civili nei conflitti armati.

Ai sensi degli articoli 55 e 56, infatti, sullo Stato occupante graverebbe l’obbligo di assicurare viveri e medicinali alla popolazione, anche mediante la loro importazione qualora le risorse siano insufficienti. Inoltre, allo Stato in questione spetta l’obbligo di adottare le misure necessarie per contenere la diffusione di malattie contagiose ed epidemiche.

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Vaccini Israele: diritto alla salute violato

Il mancato rispetto da parte delle forze di occupazione del diritto umanitario, si aggiunge ad un quadro giuridico già caratterizzato da una violazione del diritto alla salute in senso discriminatorio per i palestinesi che risiedono in territorio israeliano.

Infatti, le autorità israeliane, pur avendo ratificato la convenzione sui diritti economici, sociali e culturali (Icescr) e la convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (Icerd), sono state ritenute da Human Rights Watch responsabili per la mancata protezione del diritto alla salute e di altri diritti garantiti dalle convenzioni.

Tra glia altri diritti civili, la Icerd assicura il godimento anche del «diritto alla sanità, cure mediche, previdenza sociale e servizi sociali», senza ammettere alcuna forma di discriminazione in ragione della «razza, colore od origine nazionale o etnica».

La volontà israeliana di escludere i palestinesi dalla campagna di vaccinazione e dall’accesso alle cure risulta essere in contrasto con tale norma e pertanto discriminatoria. Il governo israeliano attuando tali misure si pone in contrasto con i principi contenuti nella Icescr.

Tale violazione ha assunto contorni ancor più chiari anche alla luce di quanto detto dal Comitato per i diritti economici e sociali – non riconosciuto da Israele – che allo stesso modo presuppone un trattamento ugualitario di tutti gli individui sottoposti all’autorità di uno Stato, enfatizzando che gli Stati devono adottare misure «volte a prevenire, gestire e controllare la diffusione di malattie epidemiche e infettive».

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La burocrazia israeliana ostacola l’arrivo delle dosi dell’Autorità Palestinese

Nei confronti dell’Autorità Palestinese, entità che ha un controllo limitato in Cisgiordania e nella striscia di Gaza (di fatto sotto il controllo di Hamas), Israele avrebbe ostacolato l’arrivo dei vaccini Sputnik V donati dalla Russia, utili per immunizzare 5 mila palestinesi, su una popolazione totale di circa 4 milioni di persone.

Le dosi, arrivate all’aeroporto Ben Gurion, sono rimaste bloccate da lunghe trafile burocratiche prima di raggiungere le postazioni vaccinali nei Territori palestinesi. Si attendono ulteriori 50 mila dosi donate nell’ambito del Covax, programma guidato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per fornire un equo accesso ai vaccini anche ai paesi più poveri. L’Autorità Palestinese è costretta ad attendere l’attuazione del programma di aiuti secondo le logiche di mercato internazionale, non essendo in grado di procurarsi autonomamente le dosi vaccinali.

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Striscia di Gaza, Territori palestinesi – Foto: via Pixabay

Israele-Palestina: discriminazione strutturale e vaccini

Il disinteresse rispetto alla vaccinazione della popolazione palestinese si innesta in un contesto già radicalmente discriminatorio, che vede l’espansione del conflitto militare e politico anche ad un livello amministrativo e burocratico.

Una consistente parte dei palestinesi, infatti, si trova privata del godimento dei più basilari diritti previsti dalle Convenzioni internazionali. In altre parole, la pandemia globale sembra aver solamente edulcorato limitazioni di diritti fondamentali perpetrate dallo Stato di Israele nei confronti della popolazione palestinese.

Le parole del Comitato della Icerd riassumono efficacemente la questione, riportando l’attenzione sull’obbligazione degli Stati «ad assicurare […] che lo sviluppo dei vaccini […] contro il Covid-19 sia attuato in modalità non discriminatorie, tenendo in considerazione la situazione e le necessità di gruppi che sono marginalizzati e soggetti alla discriminazione».

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