Colombia: presidenza Uribe, uccise oltre mille persone l’anno dai militari

Più di 6 mila persone sono state ammazzate in Colombia dai militari tra il 2002 e il 2008, durante la presidenza di Álvaro Uribe Vélez. Erano civili, anche se hanno cercato di presentarli come guerriglieri. I nuovi dati del tribunale speciale per la pace evidenziano cifre più alte rispetto alle vittime ufficiali della dittatura di Pinochet in Cile. Ecco come e perché venivano uccisi

Da Bogotà, Colombia

Sono almeno 6.402 le persone uccise dall’esercito colombiano e camuffate successivamente da guerriglieri per spacciarli come tali. Quelli che sono comunemente conosciuti in Colombia come falsos positivos e che sono delle vere e proprie esecuzioni extragiudiziali perpetrate dalle forze armate dello Stato.

Vittime dei militari in Colombia: schizzano verso l’alto le stime delle esecuzioni extragiudiziali

La cifra è stata diffusa dalla Jep, la Jurisdicción Especial Para la Paz, il tribunale speciale per la pace creato nel corso degli Accordi di pace firmati nel 2016 con lo scopo di punire i crimini di guerra del conflitto colombiano.

Il 18 febbraio questa istituzione ha reso pubblico gli sviluppi sulle morti illegittime perpetrate da parte dell’esercito colombiano. La cifra si allontana molto dalle informazioni della Fiscalía, la giustizia ordinaria colombiana, che conta solo 2.248 vittime tra il 1988 e il 2014.

Inoltre, le recenti ricerche della Jep si concentrano solo sul periodo che va dal 2002 al 2008, ovvero il periodo dei due mandati presidenziali di Álvaro Uribe Vélez. Durante questo periodo, in cui si sviluppa il fenomeno della “parapolitica“, le relazioni ai limiti della legalità tra paramilitari e politica, sono quindi stati perpetrati da parte delle forze armate dello Stato almeno 6.402 omicidi.

Un numero che spaventa se comparato ai 3.508 morti imputati alla dittatura di Augusto Pinochet in Cile e ai circa 13.000 di cui è ufficialmente accusato l’ex dittatore dell’Argentina, Jorge Rafael Videla.

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Cosa sono i “falsi positivi”

Nel gergo militare colombiano, poi adottato da tutta la società civile e dalla stampa, un “positivo” rappresenta l’uccisione di un nemico dello Stato, nel caso specifico si riferisce a un guerrigliero delle oggi estinte Farc-Ep. In altre parole, ogni volta che l’esercito colombiano riusciva ad eliminare un guerrigliero, contava un “positivo” in più.

Un “falso positivo” rappresenta quindi una simulazione, una persona che dopo essere stata uccisa dall’esercito colombiano nel corso di un’operazione militare veniva spacciata per guerrigliero, pur non essendo in realtà membro di alcun gruppo armato.

Colombia pericolosa: come si svolgevano le uccisioni dei ragazzi di Bogotà e Medellin

Secondo quanto ricostruito dalla Jep e grazie al lavoro di Las madres de Soacha, un’associazione che riunisce le madri di alcuni ragazzi scomparsi in quegli anni, i giovani venivano ingannati con una falsa offerta di lavoro. I ragazzi venivano reclutati nei quartieri popolari di Bogotà e Medellin.

Un camion passava per il quartiere promettendo loro un lavoro agricolo ben remunerato, i ragazzi nella maggior parte dei casi provenienti da famiglie con difficoltà economiche spesso accettavano quella proposta di lavoro inattesa e saltavano sui camion.

Le famiglie perdevano così le loro tracce, salvo poi ritrovarli alcune settimane più tardi guardando la televisione, uccisi a colpi di arma da fuoco, vestiti con uniformi mimetiche e presentati come parte della guerriglia delle Farc-Ep.

In altri casi, invece, con dinamiche non ancora del tutto chiare, erano alcuni residenti del quartiere che venivano ingaggiati e pagati per ogni persona che riuscivano a convincere e coinvolgere nell’operazione.

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Due sottufficiali dell’esercito colmbiano durante una parata a Cucuta – Foto: © Samuel Bregolin

I motivi: perché i militari colombiani uccidevano i civili

La domanda principale è perché l’esercito colombiano avesse bisogno di ricorrere a questo tipo di sotterfugi e di esecuzioni extragiudiziali e chi fu a dare l’ordine di uccidere dei civili innocenti, fino a prova contraria non coinvolti in alcun modo con il conflitto armato colombiano.

Queste dinamiche sono in parte conseguenza del cosiddetto Plan Colombia. Un piano economico, firmato tra Colombia e Stati Uniti nel 1999, nel quale questi ultimi concessero un aiuto economico alla Colombia per aiutarla a combattere il terrorismo e il narcotraffico. Gli Stati Uniti hanno versato tra il 2000 e il 2005 circa 4.500 milioni di dollari. Questo contratto prevedeva l’obbligo da parte dell’esercito colombiano di portare degli evidenti risultati militari ottenuti grazie a questi fondi.

Si sviluppò quindi l’abitudine di erogare dei fondi economici a quei generali e militari dell’esercito che avessero dimostrato i migliori risultati in combattimento, in un momento storico in cui il governo di Álvaro Uribe Vélez aveva bisogno di dimostrare vittorie militari palpabili per conservare l’appoggio elettorale e provare che la sua mano dura contro la guerriglia portava degli effetti positivi indiscutibili.

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Le Ande colombiane: molti omicidi avvenivano in zone remote del paese – Foto: © Samuel Bregolin

La guerra in Colombia e il narcotraffico

Nonostante non abbia mai raggiunto lo status di conflitto internazionale, il conflitto armato colombiano causò una lunga serie di violazioni dei diritti umani, uccisioni e persecuzione della società civile, violenze e stupri contro le donne e ogni sorta di violenza e abuso sulla popolazione civile.

Nato negli anni ’50 del secolo scorso, con la formazione della guerriglia comunista delle Farc-Ep, il conflitto colmbiano si inserì nell’ambito della guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica.

Negli anni ’80, con l’arrivo del narcotraffico, la guerriglia abbandonò il suo classico metodo di finanziamento basato sui sequestri e cominciò a dedicarsi in maniera sempre più importante alla coltivazione e vendita di sostanze stupefacenti.

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La presidenza di Álvaro Uribe Vélez, la guerriglia delle Farc-Ep e i gruppi paramilitari

Nel 2002, quando Álvaro Uribe Vélez venne eletto presidente, circa la metà del paese era controllata militarmente dalla guerriglia. Uribe difese la politica della seguridad democratica, la sicurezza democratica, e promise di porre fine al lungo conflitto armato e di estinguere la guerriglia comunista delle Farc-Ep. Da quel momento in poi ogni guerrigliero o collaboratore venne considerato un nemico dello Stato.

In quegli anni sorse anche il fenomeno della cosiddetta parapolitica, con legami tra gruppi paramilitari e Stato. Su basi di finanziamento ancora poche chiare e misteriose, si formarono nel corso degli anni ’90 del secolo scorso vari gruppi paramilitari.

Denominate Autodefensas Unidas de Colombia, Autodefensas Gaitanistas de Colombia, los Rastrojos, los Caparrosos, Aguilas Negras o in altri modi, furono dei veri e propri piccoli eserciti privati famosi per la loro crudeltà, la violenza contro la popolazione, i massacri e l’uccisione e tortura di chiunque fosse considerato un possibile collaboratore della guerriglia.

Ufficialmente smobilizzati nel 2006, i gruppi paramilitari sono in parte confluiti in altri gruppi indipendenti o si sono uniti ai cartelli del narcotraffico.

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Manifestazione a sostegno della pace – Foto: © Samuel Bregolin

Situazione attuale della Colombia

Ancora oggi, nonostante la popolarità dell’ex-presidente Uribe sia in notevole calo, una parte della popolazione colombiana continua a considerarlo un eroe per essere stato colui che è riuscito a vincere militarmente contro la guerriglia comunista.

Nel frattempo, però, cominciano a emergere sempre più numerosi gli scandali legati ai metodi utilizzati in quegli anni per ottenere quei risultati. Nonostante l’obiettivo del processo di pace sia di ricostruire esclusivamente la verità sul conflitto armato tra esercito regolare colombiano e la guerriglia delle Farc-Ep, molti eventi coinvolgono anche i gruppi paramilitari, il mondo impresariale e la politica.

La Jep, fondata nel 2015, avrà una durata massima di 20 anni. Il suo lavoro è solo agli inizi e manca ancora molto per poter considerare chiuso il giudizio sul conflitto armato colombiano. Non è da escludere che possano emergere altre sorprendenti novità. I 6.402 falsos positivos finora confermati possono ancora aumentare a seconda delle rivelazioni che riuscirà ad ottenere il tribunale transizionale per la pace.

Chi diede all’esercito l’ordine di uccidere

Nel frattempo Las Madres Falsos Positivos de Colombia e varie associazioni per i diritti umani in Colombia continuano a manifestare e a scendere in piazza per reclamare la verità su queste 6.402 morti che, a detta di molti, possono tranquillamente raddoppiare.

Quien dio la orden? (chi diede l’ordine?) è la frase che viene ossessivamente ripetuta in manifestazione e dipinta sui murales in giro per Bogotà. Chi diede l’ordine di uccidere 6.402 innocenti tra il 2002 e il 2008? Perché l’esercito colombiano si prestò e collaborò con una tale politica di morte?

Una cosa è sicura: considerando tutti i testimoni ancora da ascoltare e le audienze non ancora cominciate, se le responsabilità sui falsos positivos dovessero ricadere su di una sola persona, questa sarebbe a pieno titolo, numeri alla mano, uno dei peggiori carnefici della storia contemporanea dell’America Latina.

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