Hasta que muera el Sol: la resistenza degli indigeni nel documentario di Claudio Carbone

La lotta per l'ambiente e l'orgogliosa difesa delle proprie tradizioni: si muove all'interno di questi due filoni Hasta que muera el Sol, il documentario di Claudio Carbone sulle comunità Térraba, Teribe e Salitre tra Panama e Costa Rica presentato al 30° Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina di cui Osservatorio Diritti è media partner

Il documentario Hasta que muera el Sol di Claudio Carbone racconta la vita delle comunità Térraba, Teribe e Salitre, situate tra Panama e Costa Rica: da un lato gli indigeni combattono contro i latifondisti che distruggono e incendiano la foresta per creare pascoli e coltivazioni; dall’altro faticano per mantenere viva la propria identità, basata su antiche tradizioni e sulla relazione simbiotica con la natura.

Il film è stato presentato al 30° Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina – Fescaal, di cui Osservatorio Diritti è media partner.

Hasta que muera el Sol: il trailer del film di Claudio Carbone

Di cosa parla Hasta que muera el Sol di Claudio Carbone

I protagonisti di questa storia, Adan e Byron, entrambi appartenenti a queste popolazioni, hanno trovato modi diversi e complementari di salvaguardare il proprio territorio. Sono loro a introdurci alla vita quotidiana, agli usi e alle tradizioni indigene. Sono loro a raccontare le lotte per la salvaguardia dell’ambiente e della propria identità: dapprima costretti a resistere alla colonizzazione, devono da decenni vedersela con la prepotenza dei coltivatori che occupano illegalmente la foresta di Térraba, provocando incendi dolosi e disboscamenti finalizzati all’allevamento intensivo.

Una delle maggiori rivendicazioni di queste comunità e quella di riforestare per poter continuare a vivere nel proprio territorio. L’altra è tenersi, insieme alle terre, anche la propria identità e tradizione. Adan e Byron impersonano queste due forme di resistenza: il primo, occupa una terra che gli è stata strappata via da contadini non indigeni; il secondo lavora sulla riappropriazione e sul recupero dell’identità.

Attorno a questi due personaggi, Claudio Carbone costruisce la storia del film. Sono le parole di Adam e Byron, insieme a quelle di altri membri delle comunità, a guidarci in questo viaggio attraverso confini ed equilibri fragili, dove esseri umani e natura convivono mentre la forbice del capitalismo rischia di tagliare di netto ogni risorsa.

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Il documentario di Claudio Carbone

Più o meno a metà del suo film, Claudio Carbone colloca una scena che sembra provenire da Fitzcarraldo di Werner Herzog: se, però, lì il punto di vista era quello dei colonizzatori, il documentario di Carbone ha come protagonisti gli indigeni delle comunità Térraba, Teribe e Salitre.

Nella scena immortalata in Hasta que muera el Sol, una barca di legno viene trasportata, usando braccia e funi, attraverso l’impervia vegetazione della giungla. Per le comunità che vivono a ridosso dei fiumi, le imbarcazioni sono una necessità. Secondo le loro usanze, però, queste devono essere costruite solo con il legno di alberi caduti spontaneamente. La barca del film è realizzata a partire da un tronco enorme caduto a due ore di cammino dal corso d’acqua e il suo trasporto, documentato da Carbone, ha impiegato nove ore.

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Hasta que muera el Sol è più simile a un’investigazione etnografica che a un’inchiesta: l’autore preferisce seguire i personaggi e lasciare che siano scene e dialoghi a raccontare, scegliendo di intervenire solo raramente con didascalie esplicative.

Può essere una visione impegnativa, anche per via dei numerosi intermezzi dedicati alle riflessioni degli indigeni sul rapporto tra natura e umano, su quanto poco viva l’essere umano in confronto a certi alberi e su come, quindi, il suo passaggio sulla terra debba essere rispettoso e umile. In questo senso sono simboliche le sequenze della coltivazione del riso da parte degli indigeni, dove la semina avviene su terreni dove la vegetazione preesistente non è rasa al suolo, come invece capita nell’agricoltura intensiva.

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Una scena del documentario Hasta que muera el Sol

Tradizione e modernità in Hasta que muera el Sol

Di contro, alla bellissima sequenza dell’imbarcazione di legno trasportata a braccia per le foresta, il documentario di Claudio Carbone non manca di mostrare le contraddizioni generate dalla difficoltosa convivenza tra le tradizioni ancestrali degli indigeni e la “modernità” a loro imposta.

Uno degli aspetti più stranianti è l’ingente utilizzo della plastica, specie quella proveniente dalle bottiglie di acqua, giunte fino nel cuore della giungla e riutilizzate in molti modi. O, ancora, il contrasto tra le inquadrature che seguono i protagonisti attraverso la florida vegetazione della giungla e le riprese del drone: dall’alto, le vedute aeree mostrano chiaramente le ferite della deforestazione.

Il territorio a sud del Costa Rica è stato assegnato ai popoli indigeni nel 1975. A oggi, però, è per l’85% della sua estensione occupato illegalmente da coltivatori non indigeni: questi lo sfruttano in modo invasivo, sacrificando la superficie boschiva in favore di aree destinate al pascolo bovino.

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Immagine tratta dal documentario Hasta que muera el Sol

Il documentario mostra anche le contraddizioni interne alle comunità: viene raccontato come spesso siano le stesse popolazioni locali a vendere la propria terra, mentre in altri casi sono vittime di prepotenze, truffe, furti di terreno e violenze di ogni tipo.

Ma non solo della terra queste popolazioni vengono derubate: lo scontro violento e dirompente con il capitalismo porta spesso a condizioni di disorientamento. Incapaci di riconoscersi più in un’identità, gli indigeni finiscono così vittime di alcolismo, abuso di droga, depressione. Ecco perché le resistenze di Adan e Byron sono due facce di una stessa medaglia: il primo lotta per la terra, il secondo difende le radici.

Hasta que muera el Sol, opera prima del filmmaker Claudio Carbone, fa parte della sezione Concorso Extr’a del 30° Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina – Fescaal, dedicata a registi e registe italiane oppure residenti in Italia, le cui opere sono girate in Africa, Asia o America Latina. Il film è disponibile per lo streaming on-demand sulla piattaforma Mymovies.it a partire da lunedì 22 marzo sino a domenica 28 Marzo.

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