Myanmar, esecuzioni extragiudiziali nelle proteste contro il colpo di stato
Prosegue la repressione brutale da parte dei militari responsabili del colpo di stato in Myanmar del 1° febbraio 2021. Le vittime sono più di 130. Mentre un nuovo documento di Amnesty International analizza 55 video e conferma tutto: molte uccisioni sono «esecuzioni extragiudiziali»
da Hua Hin, Thailandia
Morti, feriti e arresti. La repressione dei militari in Myanmar contro la popolazione civile si è intensificata nelle ultime settimane. Uomini della polizia e dell’esercito hanno fatto fuoco ad altezza uomo in diverse città del Paese, dove centinaia di migliaia di persone stanno protestando contro il colpo di Stato del 1° febbraio. Finora si contano oltre 130 vittime e 2 mila fermati.
Un recente documento di Amnesty International, che ha analizzato 55 video su quello che sta accadendo nella ex Birmania, mostra che le forze di sicurezza stanno attuando «strategie pianificate e sistematiche, incluso l’uso crescente della forza» e che «molte delle uccisioni documentate equivalgono a esecuzioni extragiudiziali».
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I video della repressione in Myanmar
Colpo di stato in Myanmar: l’esercito schiera i battaglioni più brutali
L’esercito ha messo in campo i battaglioni più letali, gli stessi che da decenni sono impegnati nei conflitti etnici, compresi gli uomini della 33esima divisione di fanteria leggera, un gruppo d’élite già utilizzato nelle atrocità commesse contro la minoranza musulmana Rohingya nel 2017.
«Queste tattiche militari sono tutt’altro che nuove, ma le loro follie omicide non sono mai state viste in diretta dal mondo», ha spiegato Joanne Mariner, direttore della Crisis Response dell’organizzazione che difende i diritti umani.
«Per anni, le minoranze etniche Chin, Kachin, Karen, Rakhine, Rohingya, Shan, Ta’ang e altre, hanno sopportato il peso dell’orribile violenza inflitta dalle forze armate».
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Myanmar, armi da guerra utilizzate contro la popolazione
Il Tatmadaw, l’esercito del Myanmar, ha schierato nelle strade del Paese uomini pesantemente armati. Nel rapporto di Amnesty International si legge che le forze di sicurezza stanno usando armi da guerra, comprese mitragliatrici Rpd, fucili di precisione MA-S e Uzi. Secondo il diritto e gli standard internazionali, non dovrebbero essere utilizzate armi da fuoco nelle proteste, a meno che non ci sia una minaccia imminente di morte o lesioni gravi e non sia disponibile un’alternativa.
«L’armamento utilizzato dall’esercito rivela una deliberata e pericolosa escalation nella tattica», ha detto Mariner.
L’organizzazione spiega che questo dispiegamento segue l’uso eccessivo da parte della polizia e dell’esercito di gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e granate stordenti.
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Myanmar, la violenza immortalata nei video
I video analizzati da Amnesty International, che sono stati pubblicati dai media locali e sui social network, mostrano cose orribili. In un inquietante filmato del 3 marzo, girato a North Okkalapa, un distretto di Yangon, la città più grande del Myanmar, si vedono agenti che guidano un uomo verso un gruppo più ampio di forze di sicurezza. L’uomo sembra essere sotto la custodia del gruppo e non offre alcuna resistenza visibile, quando un ufficiale accanto a lui gli spara improvvisamente. Cade immediatamente a terra e viene lasciato sulla strada per diversi secondi, prima che gli agenti tornino indietro per trascinarlo via.
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In una clip girata a Yangon il 2 marzo si può vedere un cecchino sparare sotto le indicazioni di un comandante che sembra dare l’ordine di colpire specifici manifestanti. In un altro video ancora, un membro dell’esercito a Dawei è filmato mentre presta il suo fucile a un agente di polizia schierato al suo fianco. L’ufficiale si accovaccia, prende la mira e spara. Subito dopo un gruppo di ufficiali vicino festeggia l’azione.
«Questa clip non solo mostra uno spericolato disprezzo per la vita umana, ma rivela anche un coordinamento deliberato tra le forze di sicurezza», ha spiegato il responsabile della Crisis Response.
In una ripresa del primo marzo fatta a Mawlamyine, nello Stato di Mon, si vedono uomini dell’esercito sopra a dei veicoli mentre sparano indiscriminatamente verso più direzioni, comprese alcune abitazioni.
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La mappa delle violenze (clicca sui puntini per trovare i link ai video)
L’Onu condanna colpo di stato e violenze in Myanmar, ma Cina, Russia, India e Vietnam bloccano le sanzioni
«Il bilancio delle vittime sta aumentando e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e la comunità internazionale devono andare oltre alle parole. Devono agire immediatamente per fermare le violenze», ha detto Joanne Mariner.
Giovedì 11 marzo l’Onu ha approvato all’unanimità una dichiarazione in cui condanna l’uso della violenza da parte dei militari, ma non ha annunciato alcuna sanzione reale nei confronti della giunta militare a causa dell’opposizione di Cina, Russia, India e Vietnam.
«Abbiamo ribadito il nostro sostegno al popolo del Myanmar», ha detto Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. «Speriamo che questo spinga i generali a rendersi conto che è assolutamente essenziale che tutti i prigionieri siano rilasciati e che i risultati delle elezioni di novembre siano rispettati».