Crisi Venezuela: la situazione dei migranti scuote l’America Latina
L'Alto commissariato Onu per i rifugiati stima che nel 2021 il flusso migratorio dal Venezuela supererà quello siriano. A Trinidad e Tobago la violazione dei diritti umani dei richiedenti asilo preoccupa le Nazioni Unite. E anche in Colombia la situazione è al limite
da Cúcuta, Colombia
L’arrivo del 2021 non ha cambiato lo scenario di crisi in cui si trova il Venezuela, ma ha provocato degli scossoni fuori dal paese caraibico. A livello nazionale, le elezioni legislative del 6 dicembre 2020 hanno peggiorato la polarizzazione politica e complicato lo scenario diplomatico.
A livello internazionale le sanzioni economiche imposte al Venezuela e condannate dalla stessa Onu attraverso le parole e il report della relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulle misure coercitive unilaterali e sui diritti umani, Alena Douhan, hanno portato all’espulsione dell’ambasciatrice Ue dal paese caraibico a fine febbraio.
Crisi Venezuela: la situazione oggi in Colombia e Usa
Ci sono poi altri due eventi importanti relativi all’esodo migratorio e ai diritti umani della popolazione migrante che hanno segnato i primi due mesi dell’anno. A gennaio, l’ex presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, prima di rimettere l’incarico, ha firmato un decreto che impedisce l’espulsione dei venezuelani dagli Usa per i prossimi 18 mesi.
D’altra parte, guardando all’America Latina, e in particolare alla Colombia, l’8 febbraio 2021 il presidente Iván Duque ha presentato una bozza di decreto che mette in moto lo Statuto temporaneo di protezione per i migranti venezuelani (Etpv): una misura che darà copertura legale a quasi 1 milione di venezuelani che si trova in Colombia in condizioni di permanenza irregolare.
L’Etpv è stato pensato come un meccanismo di protezione legale temporanea rivolto alla popolazione migrante venezuelana che integra il regime internazionale di protezione dei rifugiati e ha come obiettivo la registrazione della popolazione migrante venezuelana nel paese, oltre a concedere un beneficio temporaneo di regolarizzazione a coloro che sono in possesso dei requisiti stabiliti.
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Cosa sta succedendo tra Venezuela e Trinidad
La Repubblica di Trinidad e Tobago fa parte delle Piccole Antille e si trova sulla piattaforma continentale delle coste orientali del Venezuela, distante solo 11 chilometri dal paese sudamericano. Queste condizioni di prossimità hanno influenzato grandemente il flusso migratorio marittimo che ha visto Güiria, piccola città costiera nello stato di Sucre, a nord-est del Venezuela, diventare lo scenario più drammatico dell’esodo migratorio venezuelano via mare.
Di fronte a questo piccolo porto si trova l’isola di Trinidad, confine internazionale attraversato illegalmente ogni giorno dai venezuelani spinti dalla crisi umanitaria che sta devastando il Paese.
Trinidad e Tobago ha una popolazione di circa 1,4 milioni di abitanti e ospita una comunità di migranti venezuelani compresa tra 24.169 e 40.000 persone, a seconda della fonte considerata.
Il numero di venezuelani a Trinidad e Tobago è inferiore, in termini assoluti, rispetto a molti paesi dell’America Latina. Questo numero varia tra l’1,72% e il 2,85% sulla popolazione totale dello stato insulare, ma in termini relativi Trinidad e Tobago ha ricevuto più venezuelani di quasi tutti gli altri paesi della regione latinoamericana. Se prendiamo in considerazione la densità di popolazione per chilometro quadrato, che ad esempio a Trinidad e Tobago è di 271, contro 45 in Colombia, è possibile capire come il numero di migranti venezuelani su quest’isola delle Antille abbia un impatto e un peso diverso.
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Cause della crisi: nessuna protezione per i migranti venezuelani
A differenza di altri paesi della regione, Trinidad e Tobago non ha offerto ai venezuelani uno status temporaneo speciale. Parlando in termini legali, il paese insulare non ha un quadro giuridico protettivo nella sua legislazione nazionale, nonostante abbia aderito, nel 2000, alla Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati e al Protocollo del 1967.
Tuttavia, nonostante non disponga di un quadro giuridico aggiornato in materia di rifugiati, è stata creata una politica sui rifugiati sviluppata con il supporto di attori non governativi, tra cui l’Alto commissariato Onu per i rifugiato (Unhcr) e la ong Living Water Community (Lws) in aggiunta al ministero della Sicurezza nazionale.
La presente politica sui rifugiati è stata adottata nel giugno 2014 e si basa su 5 principi: riservatezza, equità, efficienza e tempestiva risoluzione dei reclami, unità familiare, non respingimento e non detenzione.
Ognuno di questi principi porta all’istituzione di alcuni diritti fondamentali, tra i quali: il diritto a un documento di identità, un permesso che autorizzi a rimanere nel Paese, il diritto al lavoro, i documenti di viaggio, l’assistenza pubblica se necessaria, cure mediche, libertà di movimento, ricongiungimento familiare, consulenza per persone con traumi o altri problemi psicologici e il diritto a non essere espulsi dal Paese. La procedura stabilita per determinare lo status di rifugiato avviene in tre fasi strategiche, in cui intervengono i diversi attori sopra citati.
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Una storia di rimpatriati e separazioni delle famiglie
Un team dell’organizzazione non governativa Refugees International (Ri) si è recato a Trinidad e Tobago nel novembre 2018, per valutare la situazione dei rifugiati e dei migranti dal Venezuela, stabilendo che rifugiati, richiedenti asilo e migranti non possono regolarizzare il loro status, a meno che soddisfino vari criteri stabiliti dalla legge sull’immigrazione (una legge obsoleta), criteri che la stragrande maggioranza non può soddisfare.
Dato che la politica di immigrazione del paese continua a essere in fase di modifica, i venezuelani a Trinidad e Tobago non possono ottenere un soggiorno legale e quindi non possono lavorare o provvedere a se stessi, né alle loro famiglie.
Un rapporto di Amnesty International sulla situazione dei venezuelani a Trinidad e Tobago stabilisce che «le autorità hanno registrato più di 16.500 venezuelani a cui sono stati forniti visti temporanei. Tuttavia, dopo il processo di registrazione, il governo ha continuato a penalizzare l’ingresso irregolare di migranti e rifugiati, contravvenendo agli standard internazionali; Inoltre, non ha promulgato la legislazione nazionale sui rifugiati e ha continuato a espellere i venezuelani in circostanze che potrebbero costituire un respingimento (refoulement)».
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Crisi Venezuela: i bambini a Trinidad e Tobago
Va evidenziata la mancanza di protezione per i bambini rifugiati e richiedenti asilo, nonostante il fatto che Trinidad e Tobago abbia ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989.
Il picco di questa situazione si è verificato nel novembre del 2019, quando le autorità del paese insulare hanno espulso un gruppo di 25 venezuelani, dove c’erano 16 bambini, compreso un neonato di 4 mesi. Questo gruppo di persone venne rimandato in Venezuela su due piccole imbarcazioni (canoe), compresi bambini, che hanno viaggiato, in alcuni casi, senza i genitori.
Migranti venezuelani: violazione dei diritti e organizzazioni criminali
Il caso di Trinidad e Tobago è emblematico e spiega bene come la proiezione dell’Onu sulla possibilità che l’esodo venezuelano superi i 6 milioni per fine 2021 sia più che fondata. Infatti, nonostante la situazione di chiara violazione dei diritti umani, la possibilità dei respingimenti, la xenofobia e la vulnerabilità alla quale vanno incontro, i migranti venezuelani continuano a partire dal porto di Güiria per raggiungere Trinidad.
Basti ricordare che il 12 dicembre scorso, in questo braccio di mare, 28 persone, tra cui alcuni bambini, sono morte affogate in un naufragio che testimonia la costanza e l’intensità di questo esodo, nonostante il nuovo coronavirus.
In tutto questo, un ruolo importante è giocato dalle organizzazioni criminali dedite alla tratta di esseri umani dal Venezuela verso Trinidad e Tobago, come di recente spiegato nel dettaglio da un’inchiesta di InSight Crime. La corruzione riguarda le due coste e il traffico vede il porto di Güiria solo come uno snodo di una rete di tratta diffusa e articolata in tutto il paese sudamericano. Bambine, che non hanno ancora compiuto 18 anni, sono “merce ricercata” per queste organizzazioni criminali.