Respingimenti migranti: “sospensione del diritto” negli aeroporti italiani
Nel corso del 2019 oltre 5 mila cittadini stranieri sono stati respinti alle frontiere degli aeroporti di Milano Malpensa e Roma Fiumicino. E la prassi non si è fermata nemmeno nel 2020. Un nuovo report definisce queste zone di transito come "luoghi di privazione arbitraria della libertà e sospensione del diritto"
Per chi ha un passaporto italiano, francese o tedesco il passaggio attraverso l’area di frontiera di un aeroporto come quello di Milano Malpensa o di Roma Fiumicino è poco più che una passeggiata. Una rapida occhiata ai documenti e in pochi minuti si passa dalla cabina dell’aereo all’autobus diretto verso il centro città. Ma per molti cittadini stranieri quelle poche centinaia di metri possono trasformarsi in un muro invalicabile: una frontiera invisibile e al tempo stesso impossibile da superare.
Respingimenti migranti a Milano Malpensa e Roma Fiumicino: i dati
In poco più di un anno, tra il 1° gennaio 2019 e il 21 gennaio 2020, più di 5 mila cittadini stranieri sono stati respinti: 2.993 alla frontiera aerea dell’aeroporto di Malpensa e altri 2.505 a Roma Fiumicino.
I respingimenti non si sono fermati nemmeno durante i mesi dell’epidemia causata dal nuovo coronavirus: 417 persone respinte fra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020 e 975 nel periodo compreso tra il 17 aprile e il 15 dicembre 2020.
Aeroporti «fondamentali nella gestione delle migrazioni»
I numeri sono stati forniti dalle autorità competenti all’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), che ha analizzato le dinamiche dei respingimenti in frontiera nel report “Le zone di transito aeroportuali come luoghi di privazione arbitraria della libertà e sospensione del diritto” pubblicato nell’ambito del progetto In Limine.
«Le aree di transito negli aeroporti sono dei luoghi fondamentali nella gestione delle migrazioni e per questo è importante mantenere alta l’attenzione su quello che succede in questi luoghi, monitorare e denunciare le violazioni dei diritti umani», commenta Annapaola Ammirati operatrice legale del progetto In Limine di Asgi. «Si tratta di luoghi in cui vengono attuate pratiche finalizzate a semplificare le procedure di allontanamento e selezione informale rispetto agli ingressi dei cittadini stranieri».
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Diritti dei migranti violati sistematicamente nelle aree di transito
Il report denuncia l’esistenza di «violazioni sistematiche dei diritti dei cittadini stranieri nelle aree di transito» ai danni di potenziali richiedenti asilo, soggetti vulnerabili, cittadini stranieri residenti in Italia cui non è stato rinnovato il permesso di soggiorno mentre si trovavano all’estero. Una volta sbarcate dall’aereo, queste persone si trovano, di fatto, in balia delle autorità di frontiera.
Una situazione aggravata dal fatto che è molto difficile avvalersi del supporto di associazioni, enti di tutela, avvocati e legali di fiducia che hanno ridotte possibilità di accesso alle aree di transito aeroportuale. Persino contattare telefonicamente un avvocato può essere materialmente impossibile.
Questi procedimenti di respingimento accelerato sono resi possibili dalla mancanza di una definizione giuridica delle zone di transito aroportuali e da quella che l’associazione definisce «finzione di non ingresso»: le zone di transito aeroportuali vengono considerate come zone extraterritoriali e le autorità di frontiera vi agiscono come se fossero zone franche esenti dall’applicazione delle norme costituzionali, nazionali e internazionali di tutela dei diritti fondamentali.
«La finzione di non ingresso è utilizzata strumentalmente dalle autorità di frontiera per semplificare le procedure di allontanamento dei cittadini stranieri e per mettere in atto meccanismi di selezione informale dei migranti in ingresso».
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Chi sono le vittime di respingimento
Ma chi sono le vittime di questa frontiera invisibile? Il rapporto identifica tre tipologie: richiedenti asilo, cui viene di fatto negata la possibilità di presentare richiesta di protezione internazionale; cittadini provenienti da Paesi per cui non è richiesto il visto ma a cui viene chiesto di fornire garanzie ulteriori rispetto alle motivazioni del viaggio e del soggiorno in Italia; cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia che hanno presentato richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno ma a cui viene notificato il rigetto mentre si trovano in area di transito.
«Nonostante l’obbligo di fornire informazioni e di ricevere la domanda di asilo da parte delle autorità di frontiera, si sono registrate varie situazioni in cui cittadini stranieri non hanno avuto la possibilità di presentare richiesta di protezione», denuncia l’associazione che ha raccolto testimonianze di cittadini stranieri secondo cui le autorità di frontiera non si avvalgono di mediatori linguistici o interpreti.
Anche il Garante nazionale delle persone private della libertà personale ha rilevato come in queste aree non sia presente materiale informativo multilingua sui diritti degli stranieri e sul diritto di asilo. Tra le vittime di queste prassi ci sarebbero anche persone vulnerabili e minori non accompagnati.
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Metà dei respingimenti riguarda cittadini di origine albanese
La seconda categoria di respinti alle frontiere aeroportuali comprende quei cittadini provenienti da Paesi cui non è richiesto il visto per entrare in Italia, ma che non sono stati in grado di fornire documenti giustificativi relativi ai mezzi di sussistenza e allo scopo e alle condizioni del soggiorno. O questi documenti non sono stati giudicati sufficienti.
Il caso più emblematico all’interno di questa categoria è rappresentato dai cittadini albanesi: tra il 1° gennaio 2019 al 21 gennaio 2020, su un totale di 2.963 cittadini stranieri respinti alle frontiere di Malpensa e Fiumicino, ben 1.493 avevano passaporto albanese.
In oltre mille casi i provvedimenti erano motivati dall’assenza di documentazione idonea a dimostrare lo scopo e le condizioni del soggiorno e in 342 casi dall’assenza di sufficienti mezzi economici.
«I dati raccolti – si legge nel rapporto – sembrano dimostrare l’esistenza di un meccanismo orientato a impedire l’ingresso degli “indesiderati”, con criteri prevalentemente legati alla condizione sociale del cittadino esente visto, cioè al “profilo economico” dei viaggiatori, definito in base a valutazioni esteriori e discrezionali».
Titolo di soggiorno scaduto
La terza e ultima casistica presa in considerazione dal documento riguarda i cittadini stranieri residenti in Italia che hanno presentato domanda di rinnovo del titolo di soggiorno e successivamente sono recati all’estero. Vengono raggiunti da provvedimenti di rigetto del rinnovo o di revoca del permesso di soggiorno mentre si trovano in area di transito e da lì respinti.
Per Asgi anche questa prassi è da stigmatizzare dal momento che, in questi casi, i cittadini stranieri vengono allontanati con procedure estremamente più rapide di quelle che verrebbero attuate se la notifica di rigetto o revoca fosse effettuata quando la persona si trova sul territorio nazionale (scarica qui il Pdf del report).
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Finzione del non ingresso e respingimenti migranti
L’analisi e l’osservazione di quello che succede nelle aree di transito è utile anche in una prospettiva europea. «Dalla lettura del nuovo Patto europeo sulle migrazioni, in particolare la proposta di modifica del “Regolamento procedure” sembrerebbe che siano riprese alcune prassi attuate in Italia, in Ungheria e in Grecia come la finzione di non ingresso», spiega Adelaide Massimi, operatrice legale del progetto In Limine. Il Patto europeo sulle migrazioni prevede infatti un complesso meccanismo di frontiera che include una valutazione pre-ingresso ed eventualmente una procedura di respingimento accelerata in frontiera in caso di diniego.
«Secondo le proposte del nuovo Patto europeo sulle migrazioni, questo iter dovrebbe avvenire in frontiera, senza che le persone siano formalmente ammesse sul territorio attuando una finzione di non ingresso. Il cittadino straniero in quel momento è sul territorio europeo, ma formalmente è come se non ci fosse», dice Adelaide Massimi.