Honduras sempre più pericoloso per i difensori dei diritti umani
Chi reclama il rispetto dei diritti dei popoli indigeni, dell'ambiente e dei diritti umani in genere rischia la vita in Honduras. La situazione va avanti da tempo e ora le Nazioni Unite lanciano l'allarme anche per il divieto assoluto di aborto e di matrimonio paritario
In Honduras tutto sembra morire: la natura, chi la difende e i diritti delle future generazioni. La notte del 26 dicembre 2020 è toccato al leader sociale, ambientalista e difensore dei diritti dei popoli indigeni, Félix Vásquez. Appartenente al popolo indigeno Lenca (lo stesso della compianta attivista ambientale Berta Caceres), Vásquez era segretario dell’Unione dei lavoratori agricoli in Honduras (Utc) ed era impegnato in politica (leggi anche Berta Cáceres, uccisa per ambientalismo a 44 anni).
Le molteplici minacce di morte ricevute in tanti anni di attivismo e servizio alla cittadinanza, si sono concretizzate mentre ancora stava festeggiando il Natale con i familiari. Un gruppo di sicari incappucciati hanno fatto irruzione nella casa di Vásquez, nella comunità di Ocotal, a Santiago de Puringla (dipartimento di La Paz), hanno picchiato e immobilizzato alcuni dei presenti e poi lo hanno assassinato. Ad oggi, come troppo spesso succede in Honduras, le indagini sugli esecutori dell’assassinino e sui possibili mandanti sono in alto mare.
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Violenza endemica in Honduras: una storia di violazioni
I fatti del Natale scorso non sono un’eccezione. L’Honduras vive da anni una violenza endemica sprigionata da molteplici fattori, non ultima la lotta per lo sfruttamento e accaparramento delle risorse naturali a danno delle comunità indigene.
Tra il 2002 e il 2014 si sono registrati ben 111 omicidi di attivisti ambientali in territorio onduregno secondo dati dell’ong Global Witness, 80 dei quali solo tra il 2011 e il 2014 nella regione del Bajo Aguán (regione che prende il nome dal fiume Aguán).
Dopo il colpo di stato del 2009 che depose Manuel Zelaya e portò al potere Roberto Micheletti Baín (che non fu però mai riconosciuto come presidente né dalle Nazioni Unite né dall’Organizzazione degli stati americani – Oea), il paese ha sofferto una recrudescenza della violenza. Ne è prova il caso di Berta Cacerés, attivista indigena Lenca, vincitrice del premio Goldman nel 2015 (conosciuto come il Nobel per l’ambiente) e uccisa il 2 marzo 2016.
Berta era stata fondatrice del Copinh, Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras nel 1993 ed insieme a tanti e tante attiviste aveva rappresentato l’argine della società civile contro numerosi ecocidi rappresentati dai megaprogetti minerari e dalle opere di riqualificazione energetica del territorio (come quello sul fiume Gualcarque). Oggi è sua figlia, Berta Zúñiga Cáceres, a guidare il Copinh.
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Cosa sta succedendo in Honduras oggi
Nel luglio del 2020, il report dell’ong Global Witness riferito al 2019 consegnava ancora una volta una tremenda realtà relativa al numero dei difensori ambientali uccisi nelle Americhe. La Colombia spicca come la tomba dei giusti con 64 omicidi, ma tra le prime dieci posizioni di questa terribile classifica, sono ben 7 i paesi dell’America Latina.
L’Honduras si trova al quinto posto con 14 omicidi registrati, dietro a Colombia, Filippine, Brasile e Messico, ma rispetto a questi primi quattro Stati ha un numero decisamente più basso di popolazione.
Un altro report, sempre riferito al 2019 e realizzato da un’associazione della società civile onduregna riunita sotto la sigla Associazione per una cittadinanza partecipativa (Aci-Participa) parla di 29 difensori dei diritti umani assassinati nel paese e di più 500 attacchi registrati contro persone che si spendono per la difesa dell’ambiente, delle comunità indigene e dei diritti umani (qui il PDF del documento in spagnolo).
Nel 2020, dovuto al confinamento derivante dallo scoppio della pandemia da coronavirus, i numeri degli omicidi, come riportato dall’ufficio dell’alto commissario per i Diritti umani dell’Onu, si sono ridotti, ma la persecuzione verso i difensori dei diritti umani, i difensori ambientali e i giornalisti che denunciano violazioni, soprusi e casi di corruzione in Honduras, non si è fermata (leggi Difensori dell’ambiente: chi protegge la terra rischia di più con il lockdown).
A ottobre 2020, l’Organizzazione mondiale contro la tortura ha lanciato un appello al governo dell’Honduras e all’attuale presidente, Juan Orlando Hernandez, per frenare l’acutizzarsi della violenza.
Solo nella giornata del 27 settembre 2020, cadevano vittima di sicari quattro persone in due diversi attentati: il difensore ambientale José Antonio Teruel (ucciso insieme alla sua compagna e a suo cognato) e il giornalista indipendente Luis Alonzo Almendares, che aveva più volte denunciato casi di corruzione, narcotraffico e violazioni dei diritti umani.
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Difensori dell’ambiente nominati al premio Sakharov
Il grido di opposizione, resistenza e coraggio di quanti e quante in Honduras hanno lottato e lottano per la difesa dell’ambiente e dei diritti umani è arrivato a fine 2020 anche nel Parlamento europeo.
Gli attivisti ambientali di Guapinol e Berta Cacerés sono stati nominati per il premio Sakharov per la libertà di coscienza 2020, che sarebbe stato assegnato postumo nel caso di Berta. Se da un lato la storia di Berta aveva già raggiunto le cronache internazionali, non si poteva dire lo stesso del caso di Guapinol.
Gli attivisti ambientali Porfirio Sorto Cedillo, José Avelino Cedillo, Orbin Naún Hernández, Kevin Alejandro Romero, Arnold Javier Aleman, Ever Alexander Cedillo, Daniel Marquez e Jeremías Martínez Díaz fanno parte del Comitato municipale in difesa dei beni comuni e naturali di Tocao e gli è stata assegnata la misura di prigione preventiva per essersi opposti a un progetto minerario che sta contaminando i fiumi Gaupinol e San Pedro (non sono state ancora prodotte prove dirimenti che giustifichino il loro incarceramento).
Internatioanl Peace Brigades (Pbi), organizzazione internazionale che opera in Honduras dal 2013, racconta così la criminalizzazione che subiscono i difensori dei diritti umani e dell’ambiente e l’impunità che avvolge la violenza nel paese.
«Esistono molteplici strategie con lo scopo di paralizzare il lavoro o delegittimare le cause che difendono gli attivisti. L’uso improprio della legge, dichiarazioni pubbliche con accuse non supportate da procedimenti giudiziari o arresti arbitrari sono solo alcune di queste. La mancanza di indagini e di condanne verso gli autori di attacchi ai difensori dei diritti umani, le difficoltà di accesso alle informazioni e, in generale, il clima di impunità e la mancanza di trasparenza, lasciano queste persone in una costante situazione di rischio e vulnerabilità».
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Vivere in Honduras è pericoloso: la carovana parte da San Pedro Sula
L’Honduras è un paese che nel 2020 ha sofferto la distruzione portata dagli uragani Eta e Iota e che ha vissuto, come il resto del mondo, l’impatto del sociale ed economico del coronavirus.
E quindi, ancora una volta, ci si mette in marcia. San Pedro Sula, città situata nel nord dell’Honduras è stata ancora una volta al centro della cronaca internazionale a inizio gennaio: da lì è partita la prima carovana dei migranti di questo 2021.
Dirette prima in Guatemala e poi in Messico, per raggiungere la destinazione finale degli Usa, circa 4.500 persone hanno deciso ancora una volta di viaggiare insieme e di lasciarsi alle spalle una terra violenta e senza futuro. Un viaggio che però si interrotto in modo violento in Guatemala, dove l’ordine dato dalle autorità alla polizia è stato di chiudere le frontiere.
La situazione attuale: Onu contro riforme su aborto e matrimoni ugualitari
«Il sistema delle Nazioni Unite in Honduras esprime la sua preoccupazione per l’approvazione della riforma che incorpora il divieto assoluto di aborto nell’articolo 67 della Costituzione dell’Honduras e nell’articolo 112 relativo al divieto del matrimonio paritario».
Con questo paragrafo inizia il comunicato dell’ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani in Honduras, datato 23 gennaio, riferito a quanto successo nel Congresso Nazionale del paese centroamericano.
Un nuovo capitolo di violazione istituzionali dei diritti umani che impedisce future nuove discussioni parlamentari sulla possibilità della depenalizzazione dell’aborto (proibito in ogni situazione in Honduras) e sulla legalizzazione dei matrimoni ugualitari. Una discriminazione istituzionalizzata, palese, violenta e che allontana ancora di più un orizzonte di accesso pieno allo sviluppo umano in dignità e uguaglianza.