Kazakistan: elezioni farsa premiano il presidente Toqaev e il potente Nazarbaev
La repressione messa in atto da mesi dal presidente Qasym-Jomart Toqaev e dal suo predecessore, il potente Nursultan Ábishuly Nazarbaev, hanno consentito una vittoria del partito Nur Otan alle ultime elezioni. Ecco qual è la situazione oggi in Kazakistan
Arresti di massa, repressione del dissenso, internet sospeso e impossibilità fisica per i dissidenti di accedere alle sedi di seggio: con queste premesse, le elezioni parlamentari del 10 gennaio in Kazakistan non potevano che finire con la vittoria completa del partito di maggioranza, il Nur Otan, che si è aggiudicato qualcosa come il 72% dei deputati della Camera bassa.
Presidente Kazakistan: il potere di Nursultan Nazarbaev e Qasym-Jomart Toqaev
Le elezioni hanno confermato il potere incontrastato dell’attuale presidente, Kassym-Jomart Tokayev, e la continuità con il suo predecessore, il potente Nursultan Ábishuly Nazarbayev.
Nell’ultimo rapporto sui diritti umani in Kazakistan si elencano tutti i nomi degli attivisti detenuti tra febbraio e novembre 2020, centinaia di persone. «Abbiamo seguito gli ultimi mesi della fase pre elettorale anche sapendo che in quel Paese il Parlamento di fatto è un organismo a sostegno della presidenza e senza forze di opposizione ammesse, perché questa volta molti attivisti democratici hanno scelto di esprimere simbolicamente un voto per un partito diverso da quello dominante, anche se alleato. Si tratta di un modo per esprimere almeno un dissenso, ed era importante certificarlo con un monitoraggio indipendente», dice a Osservatorio Diritti Eleonora Mongelli, vice presidente della Fidu.
Il documento è stato pubblicato a fine novembre da Open Dialogue Foundation e Federazione Italiana Diritti Umani (Fidu), insieme a diverse associazioni kazake.
Leggi anche:
• Kazakistan: il coronavirus è il nuovo strumento di repressione sociale
• Human Rights Watch: i diritti violati nel mondo secondo il report 2020
Arresti di massa e opposizione al partito del presidente, il Nur Otan Party
I primi arresti di massa in vista delle elezioni, denuncia il report, si sono effettuati durante la manifestazione per la libertà dei prigionieri politici del 25 settembre 2020, con oltre 160 arresti dei partecipanti e la tortura in carcere quel giorno dell’attivista Asylzhan Asabayev.
«Non possono esserci elezioni libere in Kazakistan. Il presidente e il suo clan controllano tutti i processi decisionali e anche i mezzi di informazione. Possono falsificare i risultati delle elezioni e ottenere i risultati desiderati», racconta l’attivista Daniyar Khassenov, che da circa un anno ha lasciato il Paese dopo essere stato arrestato e minacciato insieme alla sua famiglia.
A novembre 2020 il Partito socialdemocratico nazionale (Nsdp) aveva deciso di ritirare la propria lista dopo aver subito pressioni da parte del governo. «Essendo troppo difficile presentare un partito d’opposizione, i dissidenti avevano iniziato a pubblicizzare il voto per il Nsdp per indebolire il partito dell’ex premier Nazarbayev, il Nur Otan Party. Per questo sono iniziate le minacce agli esponenti del partito socialdemocratico che, alla fine, hanno deciso di ritirarsi», spiega l’attivista.
Iscriviti alla newsletter di Osservatorio Diritti
Kazakistan: il regime di Qasym-Jomart Toqaev minaccia i dissidenti
La notte del 10 novembre è stato trovato morto, accoltellato, Zhanbolat Agadil, uno dei figli dell’oppositore politico Dulat Agadil ucciso in carcere a febbraio 2020.
Zhanbolat, appena 17enne, aveva assistito all’arresto del padre, filmando l’aggressione della polizia e la totale assenza di tutela legale del padre all’ingresso del carcere. Da allora, fine gennaio 2020, il ragazzo è stato perseguitato quotidianamente insieme alla sua famiglia con minacce e pedinamenti. Lui aveva deciso di indagare sulla morte del padre e aiutare gli attivisti incarcerati.
Al suo funerale, il 13 novembre, sono stati arrestati diversi partecipanti, detenuti senza giusta causa.
«Ormai gli attivisti devono cambiare casa ogni notte, pronti ad essere arrestati ed essere accusati di estremismo. La legge kazaka utilizza questo reato per tenere in carcere senza motivo e per diverse settimane tutte le persone che manifestano contro il regime», dice ancora Eleonora Mongelli.
Nei mesi precedenti il voto, nessun tipo di manifestazione contraria alla presidenza Tokayev è stata concessa e molti siti internet di informazione indipendente sono stati bannati.
La storia personale di Daniyar Khassenov mostra bene l’escalation di violenza a cui gli attivisti sono sottoposti. «Ho iniziato a interessarmi ai diritti umani in Kazakistan nel gennaio 2019. A maggio è stato aperto un dossier contro di me per presunto estremismo, hanno iniziato a indagare sulla mia famiglia, il mio percorso universitario e hanno chiuso il mio conto in banca. Sono riuscito a fuggire di nascosto dopo aver ricevuto il divieto di espatrio. Ora vivo in Ucraina, da qui coordino gli attivisti tramite i social».
Leggi anche:
• Guerra Nagorno Karabakh: popolo distrutto da scontro Armenia-Azerbaijan
• Giorno della memoria: il ricordo delle vittime della shoah
Elezioni: attivisti su Telegram per denunciare la farsa
Da quando i due partiti veri di opposizione, il partito Democratic Choice of Kazakhstan (Dck) e il Koshe Partiyasy, il partito della strada, sono stati chiusi e i leader incarcerati, gli attivisti si sono organizzati su Telegram, dove i gruppi di sostegno del Dck e del Kose Partyasy contavano già 270mila partecipanti.
Daniyar ha spiegato a Osservatorio Diritti la complessa struttura di questa organizzazione online «in uno stato dittatoriale in cui non esiste un giornale libero dove denunciare la situazione politica. Per questo abbiamo deciso di utilizzare i social come strumenti di informazione di massa. Telegram è sicuro, non può essere chiuso perché sarebbe troppo costoso per il regime. Quando scoprono i nostri indirizzi cambiamo nome e ricominciamo».
La lotta contro la disinformazione del regime kazako
Dana Zhanay è la creatrice dell’organizzazione per i diritti umani Qaharman, nata nel 2019 per chiedere la libertà di manifestare, avere processi equi e poter costruire un’opposizione politica al regime. Dana è stata più volte arrestata, minacciata ed è dovuta espatriare per un lungo periodo perché a rischio di incarcerazione.
«In questi mesi abbiamo deciso di lavorare per evitare la solita disinformazione di regime. Abbiamo costruito un sistema di fact-checking per ogni informazione politica, sapendo che rischiavamo la cattura».
Le ong per i diritti umani hanno spinto la popolazione a riprendere in video le violazioni, come gli allontanamenti forzati dai seggi, le proteste per scarsa trasparenza al voto e la totale assenza di privacy durante il voto. «Abbiamo monitorato e dato sostegno agli osservatori indipendenti in loco utilizzando lo stesso metodo usato in Bielorussia, raccogliendo dati di violazioni e foto raffiguranti la scheda elettorale e la scelta del partito per fare poi uno spoglio reale dei voti», dice Mongelli.
Leggi anche:
• Elezioni Bielorussia: il fragile equilibrio di Lukashenko tra brogli, Ue e Russia
• Curdi: storia di un popolo senza diritti e senza patria
Elezioni senza scelta per il Kazakistan: il partito Nur Otan
Elections without choice (elezioni senza scelta): ha definito così il voto di domenica Dana Zhanay, testimoniando in diretta le difficilissime possibilità di voto per chi non era aderente ai partiti di regime. «Abbiamo assistito a come gli osservatori indipendenti non fossero ammessi alle urne. Sono stati ostruiti, detenuti e inviati ai centri di detenzione pre-processuale per 15 giorni. Solo gli osservatori di Nur Otan (il partito dell’ex presidente Nazarbayev, ndr) sono stati ammessi ai seggi elettorali e sono stati coinvolti in frodi elettorali».
Criticità che sono state sollevate il 10 gennaio anche dalla missione elettorale dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), che ha ribadito la non conformità delle elezioni con gli standard europei.
In lotta per un Kazakistan libero
Il 13 novembre 2020 l’autoproclamato presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha rilasciato una dichiarazione emblematica a un giornalista kazako che gli chiedeva cosa pensasse del cosiddetto rischio di contagio delle proteste. «L’hai sperimentato più di una volta in Kazakistan, è solo che i media non lo hanno evidenziato così tanto … Quindi non dovresti rilassarti in alcun modo. Possa la Bielorussia essere una lezione molto seria per te».
L’eclatante rivolta del vicino Paese ha dato forza a molti attivisti kazaki, confidando che l’attenzione internazionale verso i paesi dittatoriali dell’Asia Centrale potesse rimanere alta.
«Il Kazakistan libero e democratico è possibile. Sono sicuro che il popolo del Kazakistan porterà al cambiamento democratico a cui tutti aspiriamo. La storia ci insegna che i regimi di dittatura cadono e i paesi democratici sorgono. È successo a molti paesi europei e accadrà in Bielorussia e in Kazakistan», ha detto Daniyar Khassenov. “Change is coming“, scrivono i dissidenti su Twitter.